martedì 30 dicembre 2008
Anna Perenna ed il perenne andare
Non sono mai stato un cultore della memoria: non ne ho mai fatto un culto, tantomeno l'ho mai coltivata.
Non mi piace guardarmi alle spalle e rivangare i ricordi; ho sempre proteso lo sguardo avanti, al futuro ed ai miei desideri. E se da un lato ciò talvolta mi ha reso difficile godermi l'attimo, il più delle volte coltivare un sogno mi ha aiutato ad andare avanti nel cammino della vita.
In particolare, quand'ero un adolescente timido e chiuso al mondo, schivo e sfuggente agli sguardi ed ai discorsi di adulti e coetanei, mi coccolavo delle mie fantasie. Mi immaginavo a trent'anni, uomo fatto, esperto delle cose della vita e dell'amore, con il mio bell'appartamento in città da condividere con un gatto e con un compagno, con un lavoro che sarebbe stato più una passione, ma mi avrebbe dato tante ma tante soddisfazioni.
Beh, oggi di anni ne ho trentuno compiuti. Ed ho un appartamento in città. Ma non ho il lavoro che mi appassiona. Non ho il gatto. E soprattutto no, non ho un compagno da amare e che mi riami.
A pensarci bene, solo tre o quattro anni fa ero molto più vicino a vivere quell'ideale che non oggi. La mia vita oggi somiglia anzi, più che mai, a quella che conducevo da ragazzo. Sono perfino tornato un po' a fare l'orso, a fuggire la gente e gli estranei. Pur avendo imparato sulla pelle quanto vale l'Amicizia, quanto mi fa stare bene condividere il tempo con chi mi è vicino.
Insomma, il percorso della mia vita sembra aver disegnato un cerchio. O meglio, una spirale. Comunque sia, qualcosa di circolare. Com'è nella natura stessa del tempo.
Il tempo torna e ritorna. Sembra che proceda dritto, lineare, imperterrito ed imperturbabile. Invece torna.
Al lunedì segue il martedì, al martedì segue il mercoledì e così via fino alla domenica cui segue un nuovo lunedì. Così come a gennaio succedono prima febbraio, poi marzo, aprile, e giù giù per il calendario fino a dicembre, cui succede l'ennesimo gennaio.
Lo sapevano bene i Romani, che veneravano una dea chiamata Anna Perenna, una vecchia signora che personificava il corso dell'anno ed il suo perpetuo rinnovarsi e che era un ciclo ed un riciclo fin nel nome di battesimo: Anna, femminile di annus, nome palindromo (e quindi circolare) per eccellenza, e Perenna, ovvero perenne, perpetua, infinita (e qual è il simbolo dell'infinito? un doppio cerchietto, no?!).
Il tempo torna. E ad ogni inverno segue la primavera, ad ogni fine succede un nuovo inizio.
E se è vero che in queste ultime settimane di fine d'anno mi sono voltato al passato tanto spesso quanto mai m'era capitato, se è vero che sono tornato a rimuginare su un amore finito, se è vero che mi sono ritrovato a rivivere nei versi di qualcun altro i rovesci della mia giovinezza, è anche vero che la fine di quest'anno (tutt'altro che horribilis) può segnare l'inizio di una nuova era.
Per me.
E per tutti coloro che accetteranno questi strani auguri di Buon Anno.
Trovate la vostra strada. Percorretela in lungo ed in largo. Non demoralizzatevi per un vicolo cieco, non scoraggiatevi se vi ritrovate al punto di partenza. Camminate. Non fermatevi mai, perché ogni passo è un nuovo traguardo ed una nuova partenza. Perché ogni passo è un'opportunità in più per agguantare tutta la felicità che meritate.
lunedì 29 dicembre 2008
Di nuovo al lavoro - Il ritorno di Gargagnomolo
Preambolo 1 - Due o tre volte l'anno, in concomitanza con le festività natalizie, il Ferragosto e le maxi-promozioni fuori stagione di Costa Crociere, mi viene richiesto di sostituire il collega che presta assistenza quotidiana presso uno dei nostri migliori clienti e che se ne va in ferie. L'espressione migliore cliente è del tutto gratuita, dato che il cliente in questione, nella persona di Gargagnomolo, sta sulle tolle a tutti quanti. Ed ogni volta mi si fa convinto con moine e preghiere e giurando e spergiurando che sarà l'ultima volta perché "il cliente intende dismettere i nostri servizi", "ha già acquistato gli stessi servizi da terzi", "ormai non usa più nemmeno i nostri prodotti" e così sono anni che vado a lavorare qualche giorno da Gargagnomolo, scoprendo di volta in volta di avere nuove e misteriose incombenze. Ma "finché il cliente paga ed è soddisfatto..." non ci si pone il problema: si obbedisce e si va all'avventura.
Preambolo 2 - Sabato sera è stato riesumato il C.C.P.C./C.C.P.C. (=Circolo Cinema-Passeggiata-Cioccolateria/versione invernale, ovvero con il Congelamento Certune Parti del Corpo in omaggio), per cui con Maya e GianniDepp sono stato a vedere un film scelto a caso, in base all'orario ed alla disponibilità, con l'annessa carrellata preliminare di spot e lanci promozionali. Ora, si dà il caso che uno dei prossimi garantiti successi del botteghino sarà il film sui cagnetti delle dive di Hollywood, il cui promo ha come colonna sonora il noto (e devastante) motivetto...
Testo del post - Come diavolo faccio io a passare otto ore davanti allo schermo del PC (e sembrare un consulente serio ed affidabile) con un Chihuahua che mi canta, suona e balla in testa...?
Tanto più che il mio unico compito stavolta consiste nell'attendere l'arrivo delle richieste di consulenza via e-mail e che oggi non ne è arrivata neppure una.
Per fortuna che Gargagnomolo mi siede di fronte, perciò, se prima di pranzo mi sono svagato cercando di ricordare ed elencare mentalmente in ordine alfabetico i cinquanta stati degli U.S.A. (mettersi a giocare a solitario col PC mi pareva troppo brutto...), nel post-meriggio ho potuto deliziarmi cercando di indovinare cos'avesse avuto per pranzo Gargagnomolo, che ha trascorso quattro ore ad ispezionarsi gli spazi interdentali, dapprima con la lingua, poi con l'unghia del pollice e solo dopo la terza ora di fatiche con uno stuzzicadenti miracolosamente raccolto da un cassetto della scrivania. Evviva... Uno spettacolo da popcorn.
Conclusioni - Oggi ho avuto un sacco di tempo per rimuginare sul passare del tempo... In fondo, il Capodanno, giorno di passaggio per eccellenza, s'avvicina. A grandi passi.
venerdì 26 dicembre 2008
Poesia poesia, sembra che non ci sia (più)...
Il giorno di Natale è appena trascorso, ma il caro buon vecchio Babbo Natale ha fatto giusto in tempo a portarmi un ultimo regalo: un nuovo blog e, soprattutto, un nuovo blogger da tenere d'occhio. Ecco Thrasùs ed il suo blog.
Chi mi conosce lo sa [oddio, sono mesi che sogno di postare questa frase: mi fa tanto sentire un'ex velina sopravvissuta all'Isola di Cayo Paloma...). Chi mi conosce lo sa: sono uno squallido romantico, onde ragion per cui, qui lo dico e qui lo nego, i blogger che compaiono nella mia lista, in qualche modo, possiedono tutti quanti un pezzetto del mio cuoricino. Chi un ventricolo, chi un tratto d'aorta...
E non è un caso se cito il cuore, mitologica sede delle umane passioni ed emozioni. Perché in questa notte fredda -non so da voi, ma stasera qui il vento ulula e la neve ha ripreso a cadere dopo giorni e giorni in cui la nebbia si alternava ad un timido sole- scoprire questo blog, scorrere a ritroso il filo dei pensieri di Thrasùs e leggere le sue splendide poesie, mi ha scaldato il cuore e catapultato indietro ai miei diciott'anni. Non solo mi ha emozionato da morire, ma mi ha ricordato che nessuno è solo, neppure quando vive la solitudine: nell'universo di menti e di cuori che popolano questo piccolo mondo, c'è sempre, da qualche parte, qualcuno che sta vivendo o che ha vissuto le nostre medesime emozioni, i nostri turbamenti, le stesse sofferenze e, perché no, la medesima gioia.
Thrasùs, dall'alto dei suoi diciott'anni (o giù di lì, suppongo) ha un gran bel dono: sa scrivere. Meglio, sa trasformare le emozioni in parole e le parole in immagini.
Lo confesso, questa è una dichiarazione d'amore. Per il suo blog e per le sue composizioni, s'intende. Ed in quanto vero amore, è cieco ed incondizionato.
Su una copertina di Vanity Fair di qualche anno fa su cui faceva bella posa Claudio Baglioni (che è la ragione per cui l'ho conservata ed ancora sotto mano -ecco che qui faccio ulteriore sfoggio della mia variegata formazione culturale), compare a lato anche una citazione di Fabrizio DeAndrè: "Fino a diciotto anni tutti scrivono poesie. Dopo, continuano a farlo solo due categorie di persone: i poeti ed i cretini". La trovo una verità assoluta: non per niente io ho smesso di scrivere poesie a vent'anni ed ho poi provveduto ad appiccare il fuoco a quelle sudate carte. Il giovane e timidissimo Thrasùs invece (io confido e spero) continuerà a scriverne a lungo: sarebbe un delitto se non lo facesse.
Perché tra i due, il cretino -siatene certi- non è mica lui.
giovedì 25 dicembre 2008
martedì 23 dicembre 2008
Oh Jesus!
Del terremoto emotivo che mi aveva scatenato l'ascolto di Older avevo già parlato in uno dei miei primissimi post. Certo non avrei immaginato che, la seconda volta che avessi inserito il Cd nel lettore, il terremoto sarebbe stato addirittura geofisico...
Sì, perché son convinto che nulla accada per caso. Quindi non è un caso che, nel momento in cui il silenzio scendeva nel mio appartamento alla fine dell'esecuzione dell'album, alle 16.30 circa, tutta l'Italia settentrionale sia stata scossa da un sisma di discreta intensità.
Non oso pensare cosa succederà la prossima volta.
Nel frattempo, visto che oggi siamo qui e domani potremmo non esserci (non toccatevi: mi riferivo semplicemente alla difficoltà ad accedere ad internet e blog vari durante l'acme del clima natalizio...), lascio qui i miei migliori auguri.
Possiate essere felici.
Ed anche se questo brano non ha granché di natalizio, in questo momento è quello che meglio esprime il modo in cui io vivrò queste feste.
domenica 21 dicembre 2008
Sopravvissuto
Stavate per liberarvi di me.
Temporaneamente, forse, ma la possibilità che sparissi dalla Rete per qualche tempo è stata concreta. Tutto a causa delle mie incompatibilità con il mondo delle scienze, della tecnica e dell'economia domestica.
Non chiedetemi per quale ragione, ma ieri, prima di uscire, mi è venuta la brillantissima idea di aprire il piccolo rubinetto sul lato del termosifone dell'ingresso di casa. Non so perché l'ho fatto: è un gesto che non ricordo di aver mai compiuto negli scorsi trentuno anni; vagamente ricordo di averlo visto compiere a Ma'ame Limpy quand'ero piccolo ed una volta al mio ex coinquilino non so più nemmeno quando.
Accertato che, girando la manopola, ne schizzava fuori dell'acqua (calda, maleodorante e d'uno sgradevole colore bianco), ho deciso d'impulso che non dovesse essere cosa buona e giusta e ne ho fatto uscire qualche abbondante bicchiere. Quindi ho infilato il mio cappottino e me ne sono andato.
Al mio risveglio stamattina (sì vabbe', era già quasi mezzogiorno, ma ciò non conta ai fini del racconto...), come d'abitudine, ho rigirato verso l'alto la manopola del termostato e, dopo abluzioni varie, pranzo, un po' di tivù, un po' di navigazione, mi sono reso conto di avere i piedini freddi. Ho infilato i calzettoni ed ho ripreso a navigare.
Dopo qualche altra mezz'ora, il mio cervello ha deciso di associare i miei arti infreddoliti alla temperatura dell'appartamento. Mi sono avvicinato alla caldaia (che è posta in un vano richiuso in legno scuro, nell'angolo accanto al porta-televisore), ho aperto l'antina ed ho scoperto la caldaia in blocco ed una simpatica luce rossa lampeggiante. E no, non era un augurio di Buon Natale.
Accanto all'indicatore luminoso, il display indicava una pressione di 0,6 bar. Informazione che mi è diventata utilissima solo nel momento in cui mi sono accorto di un adesivo sulla caldaia che mi suggeriva, in caso di luce rossa lampeggiante e pressione al di sotto di 1 bar, di provvedere IMMEDIATAMENTE a rialzare la pressione della caldaia, girando la manopola blu sotto di essa.
Turbato dalla perentorietà suggerita dal vocabolo IMMEDIATAMENTE, ho individuato la manopola blu ed ho provveduto. Ho quindi richiuso l'anta, confidando di essermela cavata brillantemente.
Il rumore di stille d'acqua che turbava in sottofondo la mia successiva navigazione, non sembrava particolarmente pericoloso... finché un rivoletto d'acqua puzzolente non ha cominciato a scendere a cascata dall'anta chiusa, mancando approssimativamente di mezzo centimetro la ciabatta elettrica cui in quel momento erano collegati il televisore, il caricabatteria del portatile, il caricabatteria del telefono e le lucette del presepio.
Troppa pressione, io suppongo...
Dopo aver staccato celermente qualsivoglia spina da qualsivoglia presa elettrica dell'appartamento e dopo aver spento la caldaia, ho provveduto a riportare i bar ad un livello ottimale, giostrandomi tra la manopola blu e la manopola del termosifone.
Ho bisogno d'un uomo vero in questa casa: un uomo che sappia come si manutiene un appartamento di 80 metri quadri, e che abbia un sano rapporto con le manopole di ogni ordine e grado. Lo infilerò in cima alla lista da faxare a Babbo Natale.
sabato 20 dicembre 2008
Il Natale è vicino
Due sono le cose che odio del Natale: la prima è il panettone, la seconda è il torrone morbido.
Le odio perché non so proprio dire di no...
Eh sì, lo so: essendo di Verona, dovrei tenere in conto il campanilismo e preferire il classico pandoro veronese. Ma quando si tratta di dolci, preferisco quelli che dentro nascondono canditi ed uva passa. Esattamente come quando si tratta di uomini...
giovedì 18 dicembre 2008
In principio... non era il principio
Chi avesse scorso questo blog e letto qualcuno dei post che mi sono usciti dalla pancia, potrebbe essersi fatto l'idea che io sia un convinto comunista anticlericale. E sarebbe in errore.
Errore certo perdonabile, ma no: io non ce l'ho con la Chiesa né ho fermissime convinzioni politiche.
Anzi, sono convinto che la Chiesa abbia operato ottimamente (in alcune epoche ed in alcune circostanze), fornendo all'umanità ottimi esempi: santi, martiri e sacerdoti che hanno dato tanto alla storia ed alla civiltà. In passato, però...
E per quanto riguarda la politica, sono tutt'altro che convinto della bontà della classe politica italiana attuale, di uno schieramento come dell'altro. Tanto che se scoppiasse accidentalmente un incendio in Parlamento o in Senato e nessuno ne uscisse vivo (Rita Levi Montalcini a parte), mi sentirei tutt'altro che addolorato -ma ho parlato d'incidente, non di colpo di Stato, veh!
Tuttavia, quello che mi sconquassa le interiora, ciò che mi induce a scrivere di pancia, essenzialemente è una cosa, ed una sola, e sempre quella: che nel nome di un Principio, per quanto nobile ed eccelso esso sia, un solo essere umano debba morire o soffrire infinitamente.
Lode ai martiri, a tutti i martiri: ai martiri per la fede, ai martiri per la libertà, ai martiri per i diritti civili.
Ma il concetto di martirio implica una convinzione personale, indica la volontà di sacrificarsi.
Non si può -ripeto: NON SI PUÒ!- e non si deve -ribadisco: NON SI DEVE- per alcuna ragione, in nome di nessun principio, permettere, tantomeno pretendere, che siano gli altri (gli innocenti...) a patire l'inferno in terra.
Quando si parla di malattie terminali e dell'incredibile voglia di vivere di alcuni malati terminali, che non intendono darsi per vinti e lasciarsi morire, io non posso che commuovermi ed applaudire. Ma queste splendide persone (che magari sono completamente immobilizzate, ma riescono a comunicare con il mondo circostante tramite il battito delle palpebre o la mobilità di un unico dito) sono ancora capaci di decidere, sono vive, e che Dio le benedica e le abbia in gloria.
Ma in altri casi, come quelli di un coma irreversibile ininterrotto da diciassette anni, queste persone sono già state private della loro vita da un destino spietato. E della dignità da altri uomini.
Abbiate pietà, almeno voi che per vocazione dovreste essere pietosi. State zitti.
lunedì 15 dicembre 2008
Uno spiacevole espisodio visto da tre diverse angolazioni
Ovviamente, quello che spiace è che l'abbiano mancato di netto...
Viale del Tram(onto)
Nel pomeriggio di sabato sono stato al tradizionale Mercatino di Santa Lucia, che, per chi non ne fosse a conoscenza, è una santa particolarmente venerata a Verona, dove le è dedicato un intero quartiere. Qui a Verona, come in alcune zone del Lombardo-Veneto e dell'Emilia, Santa Lucia si sostituisce addirittura a Babbo Natale ed alla Befana, e porta ai bambini i dolcetti e i giocattoli. Ed anche perciò, nei giorni che precedono il 13 dicembre, in Piazza Bra, davanti all'Arena e al Municipio, da tutta Italia, isole comprese, arrivano le bancarelle con dolci, ceramiche, giocattoli, sciarpe, calzettoni e chincaglierie di ogni genere.
Dopo la passeggiata, benedetta da una pioggerellina insistente, me ne sono ritornato verso casa in autobus. Il mezzo era pieno, per cui me ne sono rimasto tutto il tempo nello stretto corridoio, appeso a qualche maniglione, ad origliare i discorsi degli altri passeggeri.
Dapprima un gruppo di ragazzetti sui quindici anni, seduti in fondo all'autobus, che si vantavano del numero delle note sul registro che si erano meritati a scuola per il loro comportamento poco ortodosso. Ed io che tra me e me pensavo: "Bravi, bravi... si vede proprio che i genitori a casa non vi legnano a dovere".
Successivamente, la mia attenzione s'è spostata su due graziose ragazzine, di uno o due anni più grandi, entrambe ornate del cappellino rosso da Babbo Natale appena acquistato al Mercatino, che s'intrattenevano col classico compagno di studi secchioncello che attirava tutte le mie simpatie: "Che caruccio, che bei modi e che bell'eloquio" pensavo, "Questo sì che farebbe la gioia di ogni mamma".
Sì insomma, tutto questo per dire che -me ne sono reso conto a posteriori, con somma rassegnazione- comincio di già ad elaborare i pensieri come una zitella avviata lungo il viale del tramonto...
Carmen Consoli - Geisha
Quest'esibizione live è andata in onda a Che tempo che fa la sera del 30 novembre. Io non ero davanti al televisore, ma lo considero comunque un graditissimo regalo di compleanno fatto a me medesimo da Fabio Fazio, che -casualità!- ha festeggiato il proprio genetliaco lo stesso giorno.
Geisha poi è tra le mie fonti d'ispirazione: non sogno altro che prostrarmi ai piedi del mio uomo (vabbe', quando ne avrò uno, s'intende...) e sussurrargli: "Fai di me la tua umile serva, fai di me la tua gay-sha!"
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mercoledì 10 dicembre 2008
Ornella Vanoni & Carmen Consoli - L'appuntamento
Ecco qui il duetto di cui già tanto ho scritto in precedenza. Io trovo che il connubio tra le voci di queste due Signore sia semplicemente sublime.
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lunedì 8 dicembre 2008
Presepiando
Tradizionalmente a casa dei miei, il weekend dell'Immacolata segnava l'apertura della stagione natalizia: si scendeva in cantina, si tiravano fuori i pacchi con sopra scritto a pennarello rosso "presepio" e "addobbi" e si passava un pomeriggio intero a trasformare a tema la casa.
Ora che vivo per conto mio, l'operazione è durata giusto un'oretta, e nell'immagine sopra è possibile intuirne il risultato.
Lo so, è un presepe piccolo ed essenziale, ridotto ai minimi termini, senza stella e senza cori angelici, senza lavandaie e senza mulini, ma a me piace così.
Lo so, il Bambinello andrebbe collocato solo il giorno di Natale ed i Magi solo all'Epifania, ma a me piace così.
Lo so, le luci potrebbero essere posizionate meglio, potrebbero essere intermittenti o almeno almeno un attimo colorate, ma ho già scritto che a me piace così... e smettetela di rompere!
A me il presepe piace così. Punto.
venerdì 5 dicembre 2008
Post minimo
TopO è ancora (e lo sarà per sempre) il bambino più bello che abbia mai visto, anche se, da poco compiuti i due mesi, mangia quanto un ippopotamo adulto e perciò gli sono cresciute due guance tonte tonde tonde come le chiappe del David di Michelangelo...
Una faccia da culo, in sostanza. Tale e quale a zio.
martedì 2 dicembre 2008
Para(dia)bolica
In quel tempo, il Maestro era solito arringare le folle sulla corruzione della natura umana, sulla vanità delle ricchezze terrene e sulle perversioni dei Dotti del Tempio.
Mentre era intento in uno dei suoi più accesi sermoni dal pulpito situato in una piazza gremita, un piccolo tumulto si fece avanti da una strada laterale. Del tumulto facevano parte alcuni uomini armati di pietre, che trascinavano per i capelli una sventurata che urlava ed implorava soccorso.
Il Maestro fermò il proprio dire e mandò il discepolo che egli più amava perché scoprisse le ragioni di tanta ferocia. Il discepolo che il Maestro più amava si avvicinò ad uno degli uomini più facinorosi, gli chiese di fermare quello scempio e lo interrogò su tanta barbarie. Udito che ebbe la questione, posò il suo sguardo compassionevole sulla disgraziata e quindi si volse verso il Maestro, che nel frattempo era sceso dal pulpito e si era avvicinato al tumulto.
I facinorosi, vedendo il Maestro farsi appresso, presero a tacere, ed il più violento tra loro spinse con un calcio la misera donna perché si prostrasse ai piedi del Maestro. La folla tutta seguiva in silenzio e con sgomento quello che stava avvenendo.
"Maestro" disse il discepolo, atterrito. Il Maestro fermò il suo dire con un gesto della mano, e rivolto ai facinorosi, con voce tuonante chiese "Di qvale colpa accusate qvesta donna?"
"L'abbiamo sorpresa a giacere con un'altra donna. La legge dei nostri antenati vuole che ella sia lapidata in pubblica piazza" risposero quelli in una sola voce.
Il Maestro chinò lo sguardo sulla disgraziata, che piangeva rannicchiata ai suoi piedi. Quindi il Maestro si chinò sulle ginocchia, sputò in terra e nella terra bagnata prese a tracciare alcuni segni.
Il discepolo che il Maestro più amava si piegò sulla donna e l'aiutò ad alzarsi sui piedi, poi si rivolse al Maestro. "Maestro" lo chiamò, e di nuovo fu interrotto.
"La legge dei nostri antenati vuole che ella sia lapidata" ripeterono gli uomini del tumulto. "Non potete macchiare di sangue la terra dove predica il Maestro" disse una voce che s'era levata dalla folla che poco prima era in ascolto del sermone del Maestro. "Lo vuole la legge dei nostri avi" replicò un'altra voce dalla moltitudine.
"Maestro" chiamò ancora il discepolo, ed il Maestro alzò la mano perché egli tacesse, continuando a tracciare segni nella terra con le dita dell'altra mano.
"Cosa dobbiamo fare?" chiese uno del gruppo dei facinorosi. "Lasciate andare la poveretta. Banditela dalla nostra città, che vaghi sola nel deserto, ma non macchiatevi del suo sangue" implorò un'altra voce dalla moltitudine dei fedeli.
Il Maestro aprì al discepolo la mano con cui poco prima l'aveva fatto tacere, ed immantinente il discepolo gli porse un candido fazzoletto.
La misera, temendo la furia degli uomini che l'avevano trascinata per i capelli fino alla piazza, si guardò attorno, bramando la vista delle porte della città. Volse uno sguardo implorante verso il Maestro ed un altro alla folla, poi tentò la fuga.
Subito una pietra la colpì al centro della schiena, facendola rovinare a terra, ed il colpo fu tanto violento da mozzarle il fiato ed impedirle di urlare per il dolore. Una seconda pietra, scagliata dal mezzo del tumulto, la colpì alla spalla, e la donna riuscì appena a gemere. "Pietà" implorò la misera, mentre altre pietre le erano lanciate addosso e la colpivano. Urlava per lo strazio, e le sue urla rimbombavano nella piazza, insieme al rumore dello scempio delle sue morbide carni e delle fratture arrecate alle sue esili ossa. La pioggia di sassi non si arrestò, ed in breve quel che restava della donna non emetteva più un gemito, mentre la moltitudine mestamente s'allontanava non sopportando la vista di tanto orrore.
Il Maestro prese dalle mani del discepolo il bianco fazzoletto che gli era stato porto, e con quello ripulì dalla terra le scarpe di Prada che portava ai piedi, quindi si pulì le dita con le quali aveva tracciato segni nel fango. Il discepolo restò in silenzio, mentre osservava alcuni schizzi del sangue scarlatto della peccatrice che ora macchiavano il dorso della candida veste del Maestro.
"Che Dio abbia pietà di tutti foi", pregò tra sé e sé il Maestro.
"Che Dio ci perdoni", invocò il suo discepolo.
lunedì 1 dicembre 2008
Qualcuno ha detto "Ama il prossimo tuo quanto te stesso"
Non capisco in che modo questo precetto si sia trasformato in "Impedisci con tutti i mezzi in tuo possesso che qualcuno muova un dito se il tuo prossimo viene impiccato perché è uno schifoso omosessuale" (una mia libera interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal Vaticano, in relazione alla richiesta che sta per essere avanzata all'ONU da parte della Comunità Europea, circa la depenalizzazione dell'omosessualità: fonte).
Dov'è carità e amore...?
Chi crede in Dio e nell'Inferno, a breve dovrà pur renderGliene conto. O credi di no, caro Ratzi...?
domenica 30 novembre 2008
venerdì 28 novembre 2008
Novembre - Parte seconda
“Io non dimentico. Accantono.” Era una delle sue frasi preferite, un motto che all’uopo tirava in ballo in riferimento ai piccoli torti della vita quotidiana che rischiano però di lasciare il segno sui rapporti futuri.
Mentre rievoco gli episodi del passato, mi accorgo di avere accantonato anch’io, per tanto tempo, certi particolari. Sapevo perfettamente di non averli dimenticati: li avevo infilati in un armadio, rinchiusi in qualche cassetto della mente; li avevo resi disagevolmente accessibili, per paura che potessero farmi ancora male. Ed invece no. Ricordare e scrivere non fa male. Le dita corrono sempre più agili, sempre più sciolte di tasto in tasto. E scopro, senza negarne la sorpresa, che riversare questi miei segreti in Rete, dà un senso di sollievo. Letteralmente, un peso che mi tolgo di dosso.
Non avevo mai raccontato i fatti di quell’anno orribile a qualcuno: all’inizio, infatti, non escludevo l’ipotesi che il rapporto con Ian potesse riprendere e temevo che, in quel caso, confidarmi con qualcuno, che poi si rivelasse incapace di serbare i miei segreti, potesse rivelarsi un pericolo; poi, a tale prudenza, era succeduto il pudore, la vergogna di me, perché mi ero accorto di tante ingenuità e di tanti errori che io avevo commesso, permettendo che accadesse quanto accaduto; infine, tutto era passato, finito, e rivangare poteva far male.
Ed invece no, tutt’altro. Così, sollevato, torno con la memoria a quel novembre.
Il primo ricordo che riaffiora è quello di un sabato mattina, il primo sabato di quel novembre. Mi alzo che lui è già in piedi da un po’: Ian ha sempre dormito poco, dormire per lui era solo una perdita di tempo; e quella notte aveva dormito ancor meno, dato che l’aveva trascorsa, a quanto mi era stato comunicato, ad una cena ed a un dopocena con un gruppo di affiatate colleghe del lavoro. Raggiungendolo in soggiorno, non posso non notare un mazzo di fiori, in un vaso accanto alla tivù. “E questo…?” faccio io, incuriosito ma affatto sospettoso. “Le ragazze hanno regalato a Gaya tre mazzi di fiori,e a fine serata, con le braccia piene, lei mi ha chiesto di portarne a casa uno, perché a casa sua non ha tre vasi…” “Dai. Non mi avevi detto che era una festa di compleanno. Avevo inteso che volevate solo spettegolare.” “Eh sì… nemmeno io lo sapevo. Mi hanno invitato senza dirmi che si trattava d’un compleanno. Infatti, mi son trovato a mani vuote…” “E ti sarai arrabbiato…” “Affatto. Perché…?” Perché lo conoscevo quel tanto per sapere che, partecipando ad un compleanno senza un presente, si sarebbe sentito molto a disagio. Perlomeno, se le cose fossero andate davvero così. Ma non formulai a voce alta quel pensiero, e lo accantonai.
Come avevo imparato ad accantonare le lunghe telefonate con il Grosso, il suo nuovo amico, quello che gli era stato presentato dalla Storta, quella che mi stimava moltissimo ma Ian non voleva presentarmi.
Una delle cose che invece ho accantonato e non riesco proprio a ricordare è stato il momento in cui fui costretto a trasferirmi dal letto matrimoniale alla stanza degli ospiti. Non ricordo proprio: quel weekend ancora no. Quello successivo direi proprio di sì.
Otto giorni dopo, la domenica, ricordo che eravamo in Piazza Bra. Faceva freddo, avevamo fatto un giro per negozi. Si parlava: avevamo parlato tanto come non facevamo da tanto. Ricordo che ad un certo punto, su una delle panchine di fronte alla fontana, s’era parlato del fatto che il Grosso, che gestiva un bar in compagnia di una socia insopportabile, avrebbe tanto desiderato aprire un bar in società con la Storta; e, pur di cambiar lavoro, volentieri lui si sarebbe associato a loro. Ma avevano già tutti quanti passato i trentacinque anni, mentre sapeva d’un certo bando di finanziamento regionale per progetti intrapresi da giovani sotto i trenta. “È un peccato…” “Beh, visto l’amore che porto per il mio lavoro, potrei anche farvi da quarto socio e portarvi i soldi del finanziamento” dissi, con candore e convinzione. “Lo faresti davvero?” “Perché no…?” “Ma tu, il Grosso e la Storta, nemmeno li conosci” “Sei tu che non me li vuoi far conoscere, e non ne capisco il motivo…”
Di lì a poco gli sarebbe suonato il cellulare. Mi bastò afferrare poche sue frasi per capire che, lupus in fabula, si trattava del Grosso. “Riaccompagnami a casa” mi disse, una volta riattaccato, mentre io sobbalzavo di sorpresa per l’inusuale brevità di una sua conversazione telefonica giunta ad interrompere una nostra conversazione, cosa che invece ultimamente era diventata assolutamente d’uso. “Portami a casa: il Grosso ha problemi con quella stronza della socia, e voglio andare a dargli manforte.” “E se ti accompagnassi io, direttamente da qui…? Così finalmente me lo presenti…” dissi mentre ci sfiatavamo verso il parcheggio. “Senti… c’è una cosa…” cominciò a bofonchiare mentre eravamo in auto, in direzione del bar del Grosso. “Cosa c’è? Hai paura di non ricordare la strada” “Può essere che quando siamo là, tu veda delle cose…” “Quali cose…?” gli chiesi; era tanto insolitamente a disagio, reticente come mai mi ero accorto che potesse essere, mentre io, pensando a delle cose, cominciavo già a figurarmi un locale per scambisti, un intero quartiere frociaro, un ostello per licantropi… “Potresti vedere certi atteggiamenti d’intimità tra me ed il Grosso…” Ecco che cominciavo a figurarmi una verità un poco più plausibile. “Era scosso al telefono, ha bisogno di sostegno, e potrebbe essere che io senta la necessità di abbracciarlo…”
Lo interruppi: “Non sarà il caso che inverta la direzione e ti lasci andare da solo…?” Lui esitò. Imboccai la prima uscita della tangenziale e vi rientrai a marcia invertita.
Ero furioso, tanto da faticare ad articolare i pensieri. “Quando cazzo pensavi di dirmelo!?” Orco cane, se ero furioso. E lui taceva. “Che cazzo pensavi!? Di farmi la bella sorpresa di baciarmelo davanti…?!” E lui taceva. “Ma hai mica un briciolo di considerazione del cazzo per me…? Chi cazzo ti credi di essere!? Cosa cazzo mi consideri, un autista che ti porta a spasso e basta??” “Smettila, tu hai proposto di accompagnarmi.” “Beh, c'erano particolari che evidentemente ignoravo... Che cazzo, e magari a un certo punto pensavi di chiuderti nel retrobottega con lui per ciucciargli il cazzo, ed io fuori ad aspettare…” “Smettila!!!” “Sei un uomo di merda…” mormorai con rabbia, colpendolo nel suo sconfinato orgoglio. “TU SEI UN UOMO DI MERDA! MI HAI DATO SOLO MERDA! LA NOSTRA STORIA ERA MERDA!!!” e me lo urlò nell’orecchio destro con tanta veemenza, con tanta ferocia, che per un attimo persi il controllo dell’auto e sbandai, saltando la corsia, ed il timpano avrebbe continuato a ronzarmi ininterrottamente per tutta la notte. Non ci fu un’altra parola quella sera: scese davanti al garage, prese la sua auto e se ne andò senza voltarsi, mentre io non volevo altro che guardasse quanto stavo piangendo per il male che mi aveva fatto.
Ecco, quest’episodio ancora un po’ brucia. Ma solo perché, guardando indietro da fuori, come se ne fossi stato solo uno spettatore, rifletto sul fatto che, da quel giorno in poi, la mia reazione ad ogni sua sberla, morale o fisica che fosse, era piantargli in faccia i miei occhi gonfi di lacrime, perché prendesse visione del male che mi infliggeva, come se non dovessi rivendicargli altro. E mi accorgo, perché lo vedo solo ora da spettatore esterno, non che lui distoglieva lo sguardo, bensì che lui non mi guardava nemmeno: colpiva alla cieca, sapendo sempre e comunque che avrebbe fatto male, ma non era affar suo: gli bastava guardare altrove. Ma non lo odio ora per questo, come non riuscivo ad odiarlo allora.
Anche quell’urlo bestiale sarebbe stato di lì a poco accantonato. Come veniva ad essere accantonata la festa per il mio compleanno: io non avevo alcunché da festeggiare e non volevo farmi vedere da nessuno, non volevo vedere negli occhi di qualche amico un’ombra della compassione che temevo di suscitare. Mi vergognavo. Volevo semplicemente che il mio ventottesimo compleanno passasse sotto silenzio. Una serata in casa, sul divano, davanti alla tivù a mangiarmi il budino che avevo preparato per me e per Ian. Sì, nel quadretto c’era anche lui, se non altro perché ancora coabitavamo e a lungo ancora avremmo coabitato.
Mi sorprese addirittura con un regalo, che purtroppo non sarebbe stata l’unica sorpresa della serata. Poiché, ad un tratto, prima che avessimo il tempo di tirar fuori dal frigo i budini, suonò il campanello. “Sono il Grosso” disse la voce al citofono. Ian mi guardò, e prima che avessi modo di formulare quello che avevo per la testa, disse “Ti giuro che non sapevo che sarebbe venuto. È una sorpresa anche per me, lo giuro.” “Splendido”, dissi, “un compleanno che non volevo affatto ricordare, sarà per sempre ricordato come il compleanno in cui ho conosciuto il tuo nuovo fidanzato” “Non fare scenate. E poi non poteva sapere che era il tuo compleanno…” Ed infatti, il mazzo di fiori con cui si presentò alla porta non era per me; ma lo trovai alquanto familiare…
Fortunatamente, se vogliamo trovare del buono in tutta questa storia, il Grosso aveva il pregio di essere brutto come il peccato, per cui non passai un solo istante a vergognarmi del fatto di essermi presentato a lui in pigiama, con i capelli arruffati e gli occhialoni da talpa. Passai giusto qualche pomeriggio a chiedermi che ci trovasse di attraente Ian in lui. Ma non troppi: il Grosso non durò fino a Capodanno.
Purtroppo, non avrei avuto il tempo di rallegrarmene: dopo il Lungo ed il Grosso, all’appello avrebbe risposto immediatamente il Cattivo... Ma questa è tutta un’altra storia… E no, non voglio raccontarla. Almeno non per ora.
martedì 25 novembre 2008
Novembre - Parte prima
Sono passati tre anni da quel novembre. E negli ultimi tre anni di cose ne sono successe talmente tante che non mi era mai accaduto di fermarmi a ricordare quel novembre, fino a qualche giorno fa, quando, assalito da un'improvvisa novembrina malinconia, mi sono voltato a guardare indietro. A cercare dentro di me cos'era rimasto di lui, e non di noi. Noi non ha più un senso da tanto ormai.
Noi era ancora qualcosa fino a quel novembre, e da parte mia lo sarebbe stato, inconsciamente, ancora fin troppo a lungo dopo.
Febbraio...
L'inizio della fine, ironicamente, meschinamente, era coinciso proprio con l'inizio di noi, della nostra vita in comune. All'inizio di quell'anno, il 2005, avevamo affittato casa insieme, ed all'inizio dell'estate il nostro rapporto sarebbe andato in crisi: non tanto per la convivenza in sé, quanto piuttosto per le diverse aspettative che c'eravamo creati sul nostro rapporto, sul nostro futuro insieme. Sui tempi stessi di quell'inizio. Paradossalmente, quando per me il tempo era maturato, dopo due anni di una relazione non serena ma stabile, difficile certo ma affrontata con voglia di costruire insieme il nostro qualcosa, per lui s'era fatto già troppo tardi. Forse lo sentivo, forse inconsciamente sapevo, e per questo forse m'ero convinto dovessimo compiere questo passo. Fatto sta che io finalmente lasciavo la casa dei miei ed andavo a vivere con lui; ero pronto, c'ero, mentre lui stava già un passo più avanti e stava maturando le proprie decisioni. Maturava di porre fine a noi.
Maggio...
L'occasione gli fu data da un nostro breve soggiorno giù a casa dei suoi, da quel nostro breve incontro con il suo ex di cui ho già avuto modo di raccontare; mi disse: "Tu non sei affatto geloso di me. Tu forse non mi ami quanto dovresti." "Non dire sciocchezze: io ti amo..." "Penso che non dovremmo considerarci più una coppia. Non mi sento amato abbastanza." "Non dire sciocchezze: abbiamo appena preso casa insieme; se non ti amassi, me ne sarei rimasto dai miei..." "Dico sul serio: prendiamoci un po' di tempo tutt'e due per pensare se ci amiamo abbastanza."
Giugno...
S'era preso il suo tempo, i suoi spazi. Prima, anche quando ancora non coabitavamo, non andavamo da nessuna parte se non insieme; ora, ogni tanto rifiutava d'accompagnarmi in giro; qualche volta spariva e quando ricompariva mi raccontava di essere stato a trovare i nostri amici in comune, ma da solo perché aveva bisogno di parlare, di confrontarsi. Aveva anche un nuovo amico, telefonico, che chiameremo il Lungo, conosciuto tramite la stessa chat (non una chat gay, nessun profilo, nessuna foto) dove ci eravamo conosciuti noi. Ma non m'importava, pensavo fosse giusto concedergli i suoi spazi: se anche diceva ai nostri amici che non dovevano considerarci una coppia, che non dovevano per forza frequentarci insieme, io e lui dormivamo ancora nello stesso letto, facevamo ancora l'amore... Un fine settimana, alcuni amici ci avevano invitato a raggiungerli al mare dove stavano trascorrendo la villeggiatura: ricordo l'autostrada, il traffico, lui che mandava sms a ripetizione mentre io cercavo di non perdere la strada. "Sta succedendo qualcosa" mi disse ad un tratto, mentre eravamo in coda ed io temevo che ci fossimo persi. "Cioè...?" "Il Lungo intende lasciare il suo ragazzo." "Perché...?" "Ha capito di non amarlo quanto dovrebbe." "E...?" "Il prossimo weekend vado a trovarlo." "..." "Da amico, per parlare di noi." "Preferirei che non andassi." "Non dipende da te."
Luglio...
Era di domenica. Stavo lavando i piatti di un dopo pranzo domenicale, mentre lui si accendeva la sigaretta del dopo caffé. Il weekend dopo il suo weekend con il Lungo. "Non mi hai chiesto se ci ho fatto l'amore." "Mi hai detto tu che non ci hai fatto l'amore..." "Tu non me l'hai chiesto." "Mi hai raccontato tutto quello che avete fatto, aggiungendo che hai dormito nella camera degli ospiti e che non avete fatto sesso..." "Tu non mi hai chiesto se ci ho fatto sesso." "Ci hai fatto sesso?" "Ci ho fatto l'amore."
Agosto...
Anche noi avevamo una camera per gli ospiti, ma non la utilizzavamo. Continuavamo a dormire nello stesso letto matrimoniale, ma non ci facevamo sesso, tantomeno ci facevamo l'amore. Lui trascorreva i suoi weekend fuori città, con l'altro; io trascorrevo i miei, chiuso in casa a piangere. Poi è partito, scendendo quasi tutto il mese per le ferie a casa dei suoi; il progetto era che l'ultima settimana l'altro l'avrebbe raggiunto. Chiuso in casa, per non dover parlare con nessuno di quello che mi stava accadendo, avevo ripreso a frequentare la chat. Con un certo successo. Ed un paio di volte, appena prima che i discorsi in chat si facessero seri, mi ritrovai al telefono con lui. "Non mi piace il tizio con cui stai chattando." "Mi stai controllando...?" "No. Qui non c'è niente da fare, stavo dando un'occhiata ed ho letto il vostro scambio di messaggi." "Non credo di dover rendere conto a te, ormai..." "Ti sto solo dicendo che quel tizio non mi piace. Non dovresti buttarti via con quello: meriti di meglio." "Sto solo chattando..." La seconda volta, ci ritrovammo a fare del sesso telefonico. "Perché non mi raggiungi la prossima settimana?" mi chiese, quando avemmo fatto. "Non doveva raggiungerti il Lungo...?" "Lui non può... ed io non voglio più." "E cosa vuoi?" gli chiesi sulle sue montagne, quando infine decise che dovevamo parlare a quattr'occhi, io e lui, noi, e mi portò a fare una gita in auto. "Voglio che mi perdoni. Ho fatto uno sbaglio."
Settembre...
"Mi ha contattato una tipa della chat." "Chi è...?" "Una con cui ho scambiato parecchi messaggi. L'avrai letta, sta sempre in chat: la Storta" "Un po' insignificante..." "Non è vero. E poi lei invece ti stima molto." "Le hai parlato di me?" "Abbiamo parlato delle persone della chat che abbiamo conosciuto. Le ho detto che ti conosco e lei mi ha detto che ha letto qualche volta quello che scrivevi e che ti stima molto." "Le hai detto che stiamo insieme?" "No." Non l'aveva detto nemmeno ai nostri amici extra-chat. Era l'unica cosa che mi dava fastidio, dato che il Lungo era già un capitolo chiuso e dimenticato. Ma mi ripeteva che voleva tenere la nostra riconciliazione per noi, perché riguardava solo noi e perché gli altri ne sarebbero stati invidiosi. E perché gli altri avrebbero pensato che avesse preso certe decisioni un po' troppo alla leggera, e non voleva passare per uno leggero.
Ottobre...
"Domani vado a conoscere la Storta" mi annunciò qualche tempo dopo. "Dai. Vengo anch'io, vuoi?" "No, preferisco di no." "Perché?" "La Storta è una mia amica: non deve diventare per forza anche un'amica tua, tanto più che la ritieni insignificante..." "Non la conosco. Se la conoscessi, probabilmente scoprirei perché ti è tanto simpatica e diventerebbe simpatica anche a me." "Non deve piacerti per forza." "..." "E poi vuole farmi conoscere un suo amico." "Cioè? Un altro della chat...?" "No. Un amico suo. Dice che abbiamo tanto in comune: lui sta attraversando un periodo un po' così con il suo ragazzo, e la Storta pensa che parlare un po' con me gli farebbe bene..." "Lui quindi è gay...?" "Certo." "Ma gliel'hai detto alla Storta che stiamo insieme, vero? Mi avevi detto che gliel'avevi detto." "Sì, lo sa, ma che cosa c'entra?"
E poi venne novembre...
Giusy Ferreri - NOVEMBRE
(R. Casalino)
Ho difeso le mie scelte
Io ho creduto nelle attese
Io ho saputo dire spesso di no
Con te non ci riuscivo
Ho indossato le catene
Io ho i segni delle pene
E lo so che non volendo ricorderò
Quei pugni nello stomaco
A novembre
La città si spense in un istante
Tu dicevi: Basta, ed io restavo inerme
Il tuo ego è stato sempre più forte
Di ogni mia convinzione
Ora a novembre
La città si accende in un istante
Il mio corpo non si veste più di voglie
E tu non sembri neanche più così forte
Come ti credevo un anno fa, a novembre
Ho dato fiducia al buio ma
Ora sto in piena luce e in bilico
Tra estranei che mi contendono
La voglia di rinascere
E tu parlavi senza dire niente
Cercavo invano di addolcire
Quel retrogusto amaro
Di una preannunciata fine
Ho difeso le mie scelte
Io ho creduto nelle attese
Io ho saputo dire spesso di no
Con te non ci riuscivo
Ho indossato le catene
Io ho i segni delle pene
E lo so che non volendo ricorderò
Quei pugni nello stomaco
A novembre
La città si spense in un istante
Tu dicevi: Basta, ed io restavo inerme
Il tuo ego è stato sempre più forte
Di ogni mia convinzione
Ora a novembre
La città si accende in un istante
Il mio corpo non si veste più di voglie
E tu non sembri neanche più così forte
Come ti credevo un anno fa, a novembre
Ho dato fiducia al buio ma
Ora sto in piena luce e in bilico
Tra estranei che mi contendono
La voglia di rinascere
E tu parlavi senza dire niente
Cercavo invano di addolcire
Quel retrogusto amaro
Di una preannunciata fine
Non so se il video resterà visibile sufficientemente a lungo, perché mi par di capire che la nuova tendenza tra gli artisti (o forse, tra le case discografiche) sia quella di bloccare l'incorporamento dei videoclip ufficiali da YouTube...
Comunque sia, la ragione per cui mi prostro davanti a questa canzone è il suo testo. Che è un'introduzione perfetta al prossimo post...
(Non è una tattica per creare suspence e tenere avvinti i lettori... è che mi ci vuole ancora un po' per trovare la giusta distanza...)
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lunedì 24 novembre 2008
"...Fatti sentire...!"
Una delle tante follie femminili che proprio non riesco a comprendere e che mai comprenderò, è il piacere che le donne possano provare nell'indossare stivaletti, francesine e scarpe con stiletti rinforzati che, insieme ai piedi, riescono a torturare anche i timpani, non tanto i loro, quanto quelli altrui.
Se c'è una cosa che riesce davvero ad irritarmi, quando me ne sto seduto affaccendato al mio computer in ufficio, con l'auricolare con la musica nell'orecchio sinistro, è il cloppete cloppete che mi giunge all'orecchio destro dal corridoio quando certe colleghe lo percorrono da cima a fondo con le loro adorate scarpe piombate.
Ma avessero gambe chilometriche e colossali falcate, sarebbe niente. No! In genere a mettere ai piedi certi baracconi sono le tappe alte un metro ed una spanna, col culo basso che accorcia ancor più la coscia, per cui per percorrere venti metri arrancano per venti minuti buoni. O peggio, sveltiscono il passettino come le galline quando si lancia loro la pappatoia.
Cloppete cloppete cloppete cloppete...
Pensano forse che una suola in cemento armato slanci le loro zampette corte? o che rialzi la chiappa cascante donando loro un lato b brasiliano...? Sbagliano, ah quanto sbagliano!
E per di più, certe interminabili cavalcate delle valchirie, più che a teutoniche amazzoni, rimandano alle loro grasse giumente coi pesanti ferri agli zoccoli.
Ed associare uno zoccolo ad una zoccola, è un attimo.
sabato 22 novembre 2008
Dicono che la crema faccia bene alla pelle
Da quando sono al mondo, questo periodo dell'anno si rivela per me ansiogeno. No no, non lo vivo bene, nonostante tutti i buonissimi propositi che ad ogni compleanno puntualmente rinnovo.
Mancano ancora otto giorni, e li sto vivendo in un limbo di attesa.
Il punto è tutto qui: chi si scorderà questa volta di farmi gli auguri? chi ed in quale modo mi rovinerà la festa?
Perché c'è sempre qualcuno che ci riesce benissimo, sempre! E la rosa dei candidati negli ultimi dodici mesi s'è molto ampliata...
Ed io qui, ad aspettare la prossima torta in faccia.
lunedì 17 novembre 2008
Ciao
Fino a qualche ora fa pensavo di stare lontano dal blog per qualche giorno. Non per farmi desiderare, bensì perché, a meno di due settimane al traguardo dei 31, sento dentro una forte voglia di fare le pulizie. E per fare le pulizie come vanno davvero fatte, occorre un po' di tempo che, non potendo sottrarre ad altre attività (quelle remunerative, per intenderci), bisogna che sottragga a quelle che svolgo per diletto.
Poi però ho letto questo articolo su Giorgia Passeri. Ora, per ricordarsi chi sia Giorgia Passeri bisogna avere più di venticinque anni e forse non più di trentacinque: Giorgia Passeri è stata la prima conduttrice di CiaoCiao, programma di Rete4 degli anni Ottanta che, prendendo a modello il cult BimBumBam, si proponeva d'intrattenere i bambini con gag, angolo della posta e siparietti tra un cartone ed un altro. Erano i tempi in cui CiaoCiao andava in onda subito dopo pranzo, se non ricordo male; poi si facevano i compiti e s'interrompeva alle 16 per riaccendere la tivù su BimBumBam ed insieme fare la merenda.
Della conduzione di Giorgia Passeri non ricordo molto, poiché ad un certo punto lei lasciò il programma per passare alla concorrenza, ovvero condurre Big! sulla RAI, che veniva trasmesso in contrapposizione a BimBumBam allo stesso orario e per lo stesso target di pubblico; ed io a quei tempi, esattamente come ora, preferivo di gran lunga i programmi targati Fininvest/Mediaset a quelli della Tv di Stato. Per principio.
Ma meglio di Giorgia, mi ricordo di Paola Tovaglia (qui nella foto, con il pupazzone Four), che approdò a CiaoCiao dopo di lei. Mi ricordo perfettamente della sua prima conduzione, del suo debutto in video. Perché allora per me era già un personaggio familiare. In particolare, familiare, a me e a tanti bambini di allora, era la sua voce: che era, tra tante altre, la voce della perfida Lavinia in Lovely Sara, del pestifero Jimmy in Pollyanna e della ginnasta Hillary nell'anime omonimo. E Paola era stata, come attrice, la maestra di Andrea nei telefilm della serie Licia, l'anime giapponese divenuto una longeva serie di culto prodotta qui in Italia, che aveva visto il debutto di Cristina D'Avena come attrice, accanto a tutta una generazione di conduttori tv per i ragazzi (oltre a Paola, Marco Bellavia, Carlotta Brambilla, Debora Magnaghi).
Mi ricordo con affetto e nostalgia di Paola. E subito dopo apprendo con un certo sgomento, con quindici anni di ritardo, che Paola non c'è più. Se n'è andata che non aveva ancora ventinove anni.
Se mi metto a far le pulizie adesso, con questo strano vortice di pensieri per la testa, finisco per perdere il punto. Bisogna che svisceri subito. Qui.
Perché accanto allo sgomento per un'amica persa di vista, ritrovata e subito perduta, c'è l'amara riflessione sulla tivù di oggi.
Nell'articolo Giorgia Passeri parla di un certo modo di far televisione che oggi non si usa più; lamenta la mancanza di uno spazio per i bambini, di un buco di fantasia ed educazione. E non si può darle torto.
I bambini di oggi non sanno cos'erano BimBumBam e CiaoCiao, non hanno potuto scrivere una lettera né hanno mai mandato un disegno a Uan o a Four, non hanno mai sentito nominare Uanathan o Manola. Pazienza -si potrebbe pensare- ogni generazione ha i propri personaggi ed i propri miti...
Ma in luogo di BimBumBam, sulle reti ed agli orari che una volta erano la fascia pomeridiana dei ragazzi, oggi va in onda Uomini e Donne; al posto degli ingenui e scanzonati pupazzi, si vedono i tronisti; invece che le letterine dei bimbi e i siparietti educativi di un giovane Bonolis, i bambini assistono alle urla sgangherate di un'emula di Karina Cascella ed ai vacui sguardi finto-sexy di una brutta copia di un già-di-per-sé vacuo Costantino.
Per carità, mai e poi mai leggerete qui strali lanciati contro Maria DeFilippi, di cui in sincerità apprezzo il ruolo di personaggio e di autrice tv (C'è posta per te, dite quello che volete, ma per me va citato tra i cult, e non posso vederne una puntata senza piangere a fiumi)... ma Uomini e Donne è una cagata pazzesca. Omuncoli e donnicciole che si fingono seduttori e fingono un amore al solo ed unico scopo di apparire in tivù, una beffa ridicola, una finzione sfacciata spacciata per sentimenti sinceri su cui si giura e spergiura.
E nel frattempo, Marco Bellavia, Carlotta Brambilla e Debora Magnaghi sono stati relegati alle televendite, i cartoni animati vengono mandati in onda intervallati solo dagli spot dei giocattoli, ai bambini non si parla nemmeno per un secondo di educazione, non li si invita alla fantasia e al gioco, li si lascia da soli a pascolare davanti ad uno schermo. Perché l'educazione di un bambino non è più un compito della tivù.
Ed il grosso guaio è che spesso anche i genitori lasciano i bambini a pascolare davanti ad uno schermo, come fa la tivù.
D'accordo, vent'anni fa molti genitori non erano tanto diversi. Lo dico per esperienza. Ma almeno era diversa la tivù.
Una volta c'era Paola.
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sabato 15 novembre 2008
Dalida - PER NON VIVERE SOLI
(S. Balasko - D. Faure - Medail)
Per non vivere soli, si vive con un cane
Curando delle rose o portando una croce
Per non vivere soli, ci si inventa un passato
Pur di amare qualcosa: un ricordo, una voce
Per non vivere soli, si vive per l'estate
E, quando questa muore, per la prossima estate
Per non vivere sola, ti amo e aspetto te
Per aver l’illusione di non vivere sola
Per non vivere soli, nascono quegli amori
Che la gente per bene chiama “particolari”
Per non vivere soli, si fanno dei bambini
Che rimangono soli come tutti i bambini
Per non vivere soli si fanno cattedrali
Per dare alla speranza un nuovo paio d’ali
Per non vivere sola, ti amo e aspetto te
Per avere l’illusione di non vivere sola
Per non vivere soli, ci si fa degli amici
Per quando la stanchezza sta mettendo radici
Si vive per i sogni, il denaro, i palazzi
Ma i soldi non riscaldano un letto a due piazze
Per non vivere sola, io vivo insieme a te
Sono sola con te, tu sei solo con me
Per non vivere soli, viviamo come chi
Ma illudendosi che forse non sia così
Per non vivere soli, si vive con un cane
Curando delle rose o portando una croce
Per non vivere soli, ci si inventa un passato
Pur di amare qualcosa: un ricordo, una voce
Per non vivere soli, si vive per l'estate
E, quando questa muore, per la prossima estate
Per non vivere sola, ti amo e aspetto te
Per aver l’illusione di non vivere sola
Per non vivere soli, nascono quegli amori
Che la gente per bene chiama “particolari”
Per non vivere soli, si fanno dei bambini
Che rimangono soli come tutti i bambini
Per non vivere soli si fanno cattedrali
Per dare alla speranza un nuovo paio d’ali
Per non vivere sola, ti amo e aspetto te
Per avere l’illusione di non vivere sola
Per non vivere soli, ci si fa degli amici
Per quando la stanchezza sta mettendo radici
Si vive per i sogni, il denaro, i palazzi
Ma i soldi non riscaldano un letto a due piazze
Per non vivere sola, io vivo insieme a te
Sono sola con te, tu sei solo con me
Per non vivere soli, viviamo come chi
Ma illudendosi che forse non sia così
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Mina - PIÙ DI COSÌ
(G.P. Felisatti - A. Salerno)
Tu con la faccia dura e senza sogni
Sulla mia pelle sai lasciare i segni
Sulle ferite poi ci metti il sale
Io non capisco questo strano amore
Ma dovrei fare esattamente come
Fa un cane buono con il suo padrone
Contro di te che sai tenere banco
Coprire con gli stracci un cuore stanco
Più di così, non so più cosa dare
Più di così, che cosa fa più male?
Perderti adesso e non vederti più
Ricominciare come lo vuoi tu
Più di così mi chiedi e mi pretendi
Più di così mi stringi e poi mi stendi
E a denti stretti io ti dico sì
Perché ti amo
Perché non trovo mai una via d’uscita?
Perché mi dico sempre che è finita?
E poi mi trovo chiusa in un bicchiere
Dove tu puoi tranquillamente bere
Più di così che cosa vuoi che faccia?
Più di così non apro le mie braccia
Ma dove vuoi che vada senza te?
Tutto daccapo e il resto va da sé
Tu con la faccia dura e senza sogni
Sulla mia pelle sai lasciare i segni
Sulle ferite poi ci metti il sale
Io non capisco questo strano amore
Ma dovrei fare esattamente come
Fa un cane buono con il suo padrone
Contro di te che sai tenere banco
Coprire con gli stracci un cuore stanco
Più di così, non so più cosa dare
Più di così, che cosa fa più male?
Perderti adesso e non vederti più
Ricominciare come lo vuoi tu
Più di così mi chiedi e mi pretendi
Più di così mi stringi e poi mi stendi
E a denti stretti io ti dico sì
Perché ti amo
Perché non trovo mai una via d’uscita?
Perché mi dico sempre che è finita?
E poi mi trovo chiusa in un bicchiere
Dove tu puoi tranquillamente bere
Più di così che cosa vuoi che faccia?
Più di così non apro le mie braccia
Ma dove vuoi che vada senza te?
Tutto daccapo e il resto va da sé
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giovedì 13 novembre 2008
Perdonami per questa voce disfatta
Non è che sia proprio di natura e salute cagionevole, tanto che, nell'arco dei dieci anni di attività nell'azienda dove lavoro, le mie assenze si contano sulle dita (anche se preferisco non specificare di quante mani). E non sono nemmeno uno che quando s'ammala passa le giornate a letto a lamentarsi (tant'è che, vivendo da solo, i miei gemiti non muoverebbero a compassione chicchessia e sarebbero fiato sprecato).
Invero è quasi inevitabile che, ad un brusco cambio di stagione, come quello di questa settimana, io mi ritrovi con le ossa dolenti, il naso paonazzo e gli occhi umidi per un tre-giorni.
Pazienza. Anche perché un lato positivo c'è: in quei tre giorni finalmente mi ritrovo una sensuale voce roca che Marge Simpson/Liù Bosisio se la sogna.
Bisogna che ne approfitti e colga l'occasione al volo: ho chiamato il call-center della Vodafone, il centro-assistenza clienti dell'azienda del gas, il servizio informazioni sul traffico della Società Autostrade, la pizzeria per una consegna a domicilio.
Ho ottenuto un rimborso sulla prossima bolletta del gas e, soprattutto, ho fatto una strage di cuori.
A parte con la signorina Vodafone, che s'è subito intagliata che trattavasi di una temporanea raucedine e voleva dirottarmi la telefonata sulla farmacia più vicina a casa...
martedì 11 novembre 2008
Equilibrio precario
StoCaCaCazzi: “Che diavolo succede? Il pc è collegato, la stampante è collegata. Perché allora non esce la stampa?”
ItalianColin: “Sarà la stampante che si rifiuta di lavorare per te…”
(EdgarVirtuale: “Stai sul cazzo pure alla stampante…”)
Edgar: “Stai sul cazzo purumpumperoperonciao... Avete sentito l'ultima su Berlusconi...?”
ItalianColin: “Sarà la stampante che si rifiuta di lavorare per te…”
(EdgarVirtuale: “Stai sul cazzo pure alla stampante…”)
Edgar: “Stai sul cazzo purumpumperoperonciao... Avete sentito l'ultima su Berlusconi...?”
Dato che non sono un equilibrista e che mi sono accorto un filo troppo tardi di essermi avventurato su una pericolosa corda tesa, tra l'inimicizia definitiva e dichiarata con StoC ed un'ennesima figura barbina, mi son lasciato cadere sulla seconda, atterrando sulle mie tonde natiche.
domenica 9 novembre 2008
Orgoglione nazionale
Mediamente isterico al tour
Quello che non capisco dei ventenni di oggi è come si possa andare ad un concerto, a circa cinque metri da Carmen, e passare le due ore dell'esibizione immobili, con il cellulare in mano, per registrare lo show, invece che cantare, muoversi e sgolarsi.
Quello che mi avrebbe potuto rendere isterico, in altre circostanze, è che il ventenne di cui sopra, due minuti prima dell'inizio del concerto, con nonchalance mi ha dato una spallata per piazzarmisi davanti, senza avere almeno la premura di essere più basso di me.
Ma a parte questo... grandiosa serata.
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venerdì 7 novembre 2008
Numeri alla mano
Da quando ho installato lo StatCounter, tengo costantemente sott'occhio chi transita da queste parti, più che altro per una naturale curiosità che mi porta ad interrogarmi sui motivi o le modalità per cui qualcuno, navigando navigando, approda al mio indirizzo. Sì, son curioso, che male c'è?
Lo StatCounter soddisfa tali curiosità, anche se in realtà non ho ancora ben capito come interpretare correttamente certe cifre relative a visit lenghts e visitor paths...
Fatto sta che il capitolo più interessante, a mio parere, è quello circa la keyword analysis, ovvero l'analisi delle chiavi di ricerca inserite in Google o in altri motori di ricerca, che conducono a qualche mio post. Il sistema infatti memorizza tali chiavi, allo scopo dichiarato -dicono quelli di StatCounter- di farmi capire quali argomenti trattati hanno attirato traffico e quindi su cosa puntare per farmi tanti nuovi lettori.
In pratica mi insegnano a come metter in piedi un blog ruffiano.
Non è che mi interessa più di tanto predisporre esche, ed a dire il vero la keyword analysis non mi ha nemmeno svelato segreti che già non sapessi di mio: i numeri sono tutt'altro che alti, ma la parte del leone la fanno da sempre le ricerche su "chris evans" e su "raphael laus" (che in effetti ha condotto al mio indirizzo anche genti dal Cile, dalla Corea e dall'Europa dell'Est: il manzo piace un po' in tutto il mondo...).
In momenti particolari, anche le canzoni e le lyrics sono esche importanti. Per puro caso, ho postato il "testo di mourir sur scéne di dalida" un paio di settimane prima della messa in onda della replica del film con la Ferilli sulla divina francese: io me ne stavo imbelle in Tirolo ed in quei giorni ebbi un boom di contatti da tutta Italia.
Anche il "tunga tunga di ambra" e "un giorno disumano della nannini" han fatto numero; non altrettanto le lyrics di Carmen, probabilmente perché ci sono molti siti e blog più frequentati che compaiono prima del mio negli elenchi forniti da Google.
Quello che mi sorprende invece è che ci sia, qui in Italia, un sacco di gente che cerca foto di "sesso con sheree j wilson"... Lo ammetto, per me (per motivi assolutamente professionali) resterà per sempre una delle meglio gnocche della tivù, ma la April di Dallas farà cinquant'anni tra un mese: non sarebbe meglio farsi le pippe con carne un po' più fresca...?
giovedì 6 novembre 2008
La mia Fede è troppo scossa
martedì 4 novembre 2008
Un'auretta assai gentile
Pochi istanti fa, a Le Iene, è andato in onda un servizio della Iena Lucci (mi pare si chiami così, non è mai stato una delle Iene a me più simpatiche), che, munitosi di rossetto e mossettine, cercava di provocare Storace sull'argomento "Destra ed omosessualità", a seguito delle rivelazioni seguite alla morte di Haider, a proposito della relazione omo con il suo braccio destro (ne avrete sentino parlare, non linko).
A parte il fastidio per l'ennesima parodia del frocetto (fastidio aumentato dalla già citata antipatia per la Iena), mi ha colpito questo veloce scambio di battute, con i due protagonisti sdraiati vicini vicini su un divanetto:
Storace: “Avresti un futuro come ministro”
Iena: “Ministro...? Perché tra i ministri ci sono dei gay?”
Storace: “No no. Ma facendo certi favori al Presidente del Consiglio, una poltrona la trovi"
Iena: “Ministro...? Perché tra i ministri ci sono dei gay?”
Storace: “No no. Ma facendo certi favori al Presidente del Consiglio, una poltrona la trovi"
...
A chi mai avrà voluto alludere...?
Mah... Certo che un venticello da sinistra, un'auretta da destra, qui qualcuno si busca una bronchite.
lunedì 3 novembre 2008
L'ultima preghiera: A rogo, strega eretica
Qualche giorno fa, il Vaticano ha fatto sapere che intende sottoporre i seminaristi ad alcuni test psicologici per capire chi tra loro sia omosessuale e quindi vietare a questi l'accesso al sacerdozio. Fin qui: chi se ne frega. Nel senso che, da una mandria di ipocriti, non ci si può attendere altro che ipocrisie.
In sostituzione dell'Eminence di littizzettiana memoria, che ormai s'è pensionato, ma di cui molti giornalisti sentono evidentemente una morbosa nostalgia -mancherà loro lo spunto per riempire un paio di trafiletti qua e là?- il giorno appresso, il CorSera ha chiesto un'opinione a questa gallina vecchia sulla sinistra, che, se fossi un gentiluomo, dovrei identificare come l'onorevole Paola Binetti.
Suddetta stronza appoggia in pieno la decisione vaticana -dubitavasi?- ricordando a tutti -come se fosse una cosa che qualcuno possa o voglia scordare- come la Chiesa abbia vissuto nel recentissimo passato il dramma dei preti pedofili, pertanto ha ragione a correre ai ripari...
...
...
...
Sbaglio o questa grandissima puttana, in pratica, ha equiparato l'omosessualità alla pedofilia? E di conseguenza, mi ha dato del pedofilo...?
Le cose sono due. O è in buona fede, crede in quello che dice, ed allora è semplicemente una cretina di un'ignoranza abissale... Oppure, come mi vien da pensare, cerca di cogliere due piccioni con una fava, scaricando addosso a questa mia razza immonda fustigata da Dio già ai tempi di Sodoma e Gomorra, anche la colpa della deriva immorale della Chiesa cattolica. Cioè, se la Chiesa è malata, ad infettarla sono stati i finocchi.
Ma vaffanculo...
Devo sprecare due righe per far presente che la pedofilia è un crimine, che purtroppo viene commesso da una minoranza di persone psicologicamente disturbate, che possono essere tanto omo quanto eterosessuali...? Che la pedofilia dall'interno della Chiesa non si sradica vietando ai gay il sacerdozio? E che un gay può affrontare il voto di castità come lo affronta un etero...?
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domenica 2 novembre 2008
Face your Edgar
Passato Halloween, spero di essere preso sul serio, nel momento in cui sono qui a comunicare che sto pensando di cambiare un po' il mio look.
Qualcuno s'è già accorto che sul ritratto accanto al profilo, da qualche giorno, è apparso un pizzetto. Coltivato per scommessa (anche se in verità vi dico che in passato l'avevo già portato, riscuotendo anche un certo successo - modestamente...), l'intenzione era quello di tagliarlo prima di presentarmi al concerto di Carmen.
Tuttavia... potrei anche ripensarci. Oppure scegliere un altro dei look alternativi di cui sopra.
Preferenze, suggerimenti...?
sabato 1 novembre 2008
La quarta I
C'è forse da aggiungere qualcosa...?
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mercoledì 29 ottobre 2008
Carmen Consoli - SENTIVO L'ODORE
(Testo e musica di C. Consoli)
Dolce amore, non fiatare
Sono fin troppo angosciata dalle tue ansie
Da quando ho scoperto di essere il tuo ripiego
Ho provato vergogna per ciò che ho pensato
Per ciò che avrei voluto fare e non ho fatto
Per come avrei voluto ucciderti
Mmmh… Sentivo l’odore
Mentre sprofondavi tra le sue labbra
Pregavi perché non finisse
Mentre ti annientavi tra le sue labbra
Speravi che non fosse breve
Dolce amore randagio, ecco cosa cercavi
Tra i rifiuti e gli scarti del genere umano
Talvolta il conflitto tra sacro e maligno mi sfianca
Quel martellante pulsare d’insano piacere
Per ciò che avrei voluto fare e non ho fatto
Per quanto avrei voluto infliggerti
Aaargh! Sentivo l’odore
E tutto questo per dirti solamente che…
Hopagatofinoinfondohopagatofinoinfondohopagatofinoinfondo
hopagatofinoinfondohopagatofinoinfondohopagatofinoinfondo
Sono fin troppo angosciata dalle tue ansie
Da quando ho scoperto di essere il tuo ripiego
Ho provato vergogna per ciò che ho pensato
Per ciò che avrei voluto fare e non ho fatto
Per come avrei voluto ucciderti
Mmmh… Sentivo l’odore
Mentre sprofondavi tra le sue labbra
Pregavi perché non finisse
Mentre ti annientavi tra le sue labbra
Speravi che non fosse breve
Dolce amore randagio, ecco cosa cercavi
Tra i rifiuti e gli scarti del genere umano
Talvolta il conflitto tra sacro e maligno mi sfianca
Quel martellante pulsare d’insano piacere
Per ciò che avrei voluto fare e non ho fatto
Per quanto avrei voluto infliggerti
Aaargh! Sentivo l’odore
E tutto questo per dirti solamente che…
Hopagatofinoinfondohopagatofinoinfondohopagatofinoinfondo
hopagatofinoinfondohopagatofinoinfondohopagatofinoinfondo
Mentre Carmen dà il via al suo tour nostalgico-rock, come anticipato, la sua voce mi ossessiona tra radio e tivù. Accompagna infatti il lancio promozionale del film L'uomo che ama di MariaSole Tognazzi, di cui Carmen ha curato la colonna sonora, incidendo anche il brano portante (che però non è suo). Ed il suo brano Sentivo l'odore, uno dei migliori dell'album Mediamente isterica, è stato scelto per lo spot radiofonico del lancio della serie Donne assassine per il canale Fox Crime.
A Sentivo l'odore sono affezionato.
E non posso non dedicarla...
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martedì 28 ottobre 2008
Buoni motivi per non chiedere la mia mano
- Quando cambia l'ora com'è successo domenica scorsa (e non chiedetemi se siamo passati all'ora solare o se siamo tornati alla legale, perché non vi saprei rispondere nemmeno se ne andasse della vita di Carmen!), il mio metabolismo non si adatta affatto in fretta, e verso le 6:00 della sera (che una volta erano le 7:00=cena già finita) mastico letteralmente acido, che già di per sé non è particolarmente attraente: il vero guaio è che, esponenzialmente agli acidi gastrici, mi sale il livello di acidità psicologica. E ciò spiega scientificamente l'incremento improvviso di post con l'etichetta the cannibal...
- Quando qualche personaggio televisivo mi sta particolarmente antipatico (e le mie antipatie spesso sono assolutamente irrazionali), io non riesco a trattenermi dal mormorare parolacce e basse insinuazioni ogniqualvolta esso appaia sullo schermo. Tant'è vero che le orecchie della Gregoraci hanno ronzato sistematicamente tutti i pomeriggi domenicali per due anni: il che spiega perché quando ballava, cantava, presentava o esprimeva un'opinione a Buona Domenica, appariva costantemente rincoglionita... Luca Giurato, invece, tutto sommato mi è simpatico: per la sua confusione mentale non mi assumo la minima responsabilità.
- Il mio pollice non è verde, né verde acido. Ma tossico. Non solo mi sono morte nel giro di due mesi tutte le piante che avevo introdotto nel mio nuovo appartamento; ma anche la mia pianta grassa ha una brutta cera pallida: credo stia meditando di darsi all'anoressia.
- Mi mangio le unghie.
- Io non sono miope: sono ciecato, tanto ciecato che la signorica ciecata della Marchesini al mio confronto ha una vista d'aquila. Quando non indosso le lenti a contatto, vedo solo macchie colorate e sono costretto a muovermi a tentoni, infilando involontariamente le dita negli occhi e negli orifizi di chiunque, nei momenti meno indicati.
- Io adoro visceralmente stirare, tanto che al momento la metà dei posti a sedere del mio appartamento è occupata da pile di camicie e magliette talmente alte che Maya, l'altro giorno, aveva pensato le stessi nascondendo un nuovo fidanzato che non volevo presentarle; ma io amo stirare così tanto che preferisco mettermici d'impegno per quarantott'ore consecutive una volta a trimestre... Ah che goduria.
- Io non sono disordinato: la verità è che non credo sia eticamente corretto assegnare un posto preciso ad un oggetto che per sua implicita natura non può sceglierselo. L'ordine nelle cose è innaturale. E soprattutto è causa di gravi perdite di tempo, sia quando ci si adopera per fare ordine, sia quando si cerca qualcosa che si credeva precedentemente riposto dove in realtà non sta. No no, meglio lasciare tutto in vista e a stretta portata di mano...
- Ho una naturale predisposizione all'inciampo: ho avuto contatti ravvicinati con tutti i sassi ed i ciottoli presenti sulla strada tra casa mia ed il mio ufficio; il mio fondoschiena ha impattato con tutte le scalinate che ho sceso per più di dieci volte nell'arco della mia vita; le mie ginocchia non si son fatte mancare uno spigolo, la mia fronte non ha evitato uno sportello e le mie dita sono rimaste schiacciate sotto qualsivoglia oggetto sollevabile e più pesante di dieci chili.
- La mia fissazione per Ambra e per Carmen Consoli.
- Sono bravissimo a mantenere i segreti che mi riguardano: potreste frequentarmi per decenni e non venire mai a sapere cosa nascondo in cantina. Ma non sono altrettanto ligio con i segreti degli altri: che, durante una festa, davanti ad una dozzina di amici, mi scivoli fuori dalle labbra una confidenza sussurratami la sera prima, è certo com'è certo che prima o poi tornerà a piovere.
- No. Per questo ancora non siamo sufficientemente intimi.
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