mercoledì 27 giugno 2012

A Nora



Scopro che se ne è andata ieri Nora Ephron, regista, scrittrice e soprattutto autrice per il cinema e per il teatro. Sua la sceneggiatura originale della romanticissima commedia Harry ti presento Sally (When Harry met Sally, 1989), che a tutt'oggi resta il mio film preferito. Lanciata dal successo del film e di quella sceneggiatura che le è valsa la candidatura all'Oscar, la Ephron poté cimentarsi anche nella regia e diresse Meg Ryan, già Sally, in altre due commedie sentimentali di ottimo riscontro: Insonnia d'amore (Sleepless in Seattle, 1993) e C'è posta per te (You've got Mail, 1998).

Ho visto Harry ti presento Sally innumerevoli volte e conosco ormai tutte le battute a memoria, ma ancora ho la pelle d'oca quando sento Harry dichiararsi a Sally alla fine del film: "Ti amo quando hai freddo e fuori ci sono 30 gradi. Ti amo quando ci metti un'ora a ordinare un sandwich. Amo la ruga che ti viene qui quando mi guardi come se fossi pazzo. Mi piace che dopo una giornata passata con te sento ancora il tuo profumo sui miei golf, e sono felice che tu sia l'ultima persona con cui chiacchiero prima di addormentarmi la sera. E non è perché mi sento solo, e non è perché è la notte di capodanno. Sono venuto stasera perché quando ti accorgi che vuoi passare il resto della vita con qualcuno, vuoi che il resto della vita cominci il più presto possibile."

Sarai sempre parte di me, Nora.

Terrificante tentazione

Certe volte vorrei prendere e sparire, ma mi trattiene il terrore al pensiero che potrebbe non accorgersene nessuno...
E non parlo del blog. O forse anche sì.

martedì 26 giugno 2012

La famiglia di OGGI

La copertina di OGGI n.27, da domani in edicola.

Pensieri superflui

In una stessa persona, in tutte le persone, convivono zone di luce e zona d'ombra. Ed il bello dell'amicizia è che gli amici ti vedono e ti rispettano per quello che sei, con le tue luci e con le tue ombre, senza porti mai su un piedistallo anche se a te stare in alto piace, perché su un piedistallo ci stanno solo gli esempi di perfezione (generalmente, trapassati).
E se gli amici parlano delle tue zone d'ombra, se davvero sono amici, non lo fanno mai con malevolenza, ma sempre con indulgenza, anche se a volte dal tono che usano potrebbe non sembrare. E non lo fanno certo per scalzarti giù da quel piedistallo, proprio perché come sopra.
Poi, per dire, gli amici si tornano a trovare ogni tanto, per vedere come stanno e cosa fanno, e non solo quando ti senti in qualche modo offeso, o anche solo chiamato in causa, da quello che dicono ad altri.
E quindi... boh, penso che me ne farò a brevissimo una ragione. Il tempo di un Pubblica.

sabato 23 giugno 2012

9. Di Marco e di quella volta che raccontò di Giovanni

Erano tornati entrambi sotto le lenzuola; non avevano proprio voglia di allontanarsi dal letto, di prendere in considerazione se fare qualcosa insieme oppure se separarsi e darsi appuntamento ad una prossima volta.
Andrea s’era preso entrambi i cuscini e vi poggiava il capo; teneva gli occhi socchiusi e si godeva la mano di Marco che gli carezzava il petto, mentre lui se ne stava sdraiato sul fianco e lo guardava con un certo rapimento: Marco trovava Andrea bellissimo a guardarsi, nella luce del mattino inoltrato, smorzata dalla barriera delle tende e della tapparella. Il naso diritto, le guance velate dalla barba scura di un due giorni, le fossette ai lati della bocca e sulla punta del mento, e quel petto ampio e soffice che era tanto piacevole accarezzare.
Non pronunciavano una parola e stavano benissimo anche così, in silenzio.
I loro corpi, le bocche, i genitali: si erano vicendevolmente esplorati le carni nella notte e di nuovo l’avevano fatto alla luce del mattino. Carnalmente si erano conosciuti e si sentivano sazi ed appagati di quell’intimità e volevano solamente continuare a bearsene.
Quando Andrea sembrava essere stato vinto dal torpore della sazietà, Marco smise di carezzarlo e piano e con dolcezza accoccolò il capo sul suo petto. Il calore della pelle morbida ed il battito imperativo del suo cuore gli fecero da coperta e da ninnananna, e fu un attimo addormentarsi.
Fu la mano grande ed un poco ruvida di Andrea a ridestare Marco, chissà quanto tempo dopo: ora era il turno suo di carezzargli dolcemente le guance.
“Raccontami qualcosa” disse Andrea, soffiandogli appena quelle due parole calde sulla fronte, quando si fu accorto che era di nuovo sveglio.
“Cosa vuoi sapere?” domandò Marco.
Andrea esitò qualche istante, prima di chiedere: “Un ragazzo fisso, ce l’hai mai avuto…?”
Marco rispose subito: “Ho convissuto con un tizio, tre anni.”
“Quanto tempo fa?”
“Fino a tre anni fa…”
“E dopo di lui…?” chiese Andrea.
“Niente di importante. Solo qualche incontro e qualche frequentazione di poche settimane.”
Marco rispondeva senza alzare il capo dal petto di Andrea, che sentiva il soffio della sua voce carezzargli i peli sul petto e sul polso, mentre lui continuava a blandirgli il mento.
“E perché è finita la convivenza con un tizio…?” domandò Andrea.
Un tizio si chiamava Giovanni. Ci siamo frequentati un paio di anni e poi abbiamo deciso di cominciare a convivere. Ed all’inizio è stato bello, era qualcosa di nuovo, ogni giorno una sorpresa… Poi, non so… Forse ad un certo punto ci siamo ritrovati a non avere più nulla di nuovo da scoprire l’uno nell’altro; forse, semplicemente, sono subentrate la routine ed un po’ di noia… Il nostro rapporto era diventato scontato e… non so chi dei due sia stato il primo, ma abbiamo cominciato a metterci le corna. Sai, lui spesso stava fuori qualche giorno per lavoro, ed io in quei frangenti ho cominciato a incontrare altri ragazzi che conoscevo in chat o in sauna… Incontri senza importanza, mi dicevo. Mi dicevo che quando Giovanni tornava, poi, avevo di nuovo voglia di stare con lui, più voglia di quand’era partito… Mi dicevo così: che nel nostro rapporto, come in molti matrimoni, le scappatelle erano uno scotto da pagare per tenere lontane la noia e la routine. Alcuni amici però scoprirono che lo tradivo e, per paura che gliene parlassero loro, raccontai a Giovanni di questi miei incontri. All’inizio ci restò male, ma poi confessò che anche lui, mentre era fuori, aveva colto un paio di occasioni per fare sesso con altri ragazzi… Ne parlammo, ci confrontammo ed arrivammo alla conclusione che potevamo continuare ad essere una coppia perché ci amavamo né più né meno di prima… solo che quella della coppia aperta pareva essere la soluzione migliore per il nostro rapporto. Ma non durò tanto ancora, perché Giovanni cominciò ad andare in trasferta con un collega che infine si rivelò gay. Stettero insieme e Giovanni me lo confessò subito; me lo fece conoscere, come se volesse dimostrarmi che non dovevo preoccuparmi di nulla. Ma finirono con l’avere una relazione vera e propria, con tanto di bugie e coperture: la nostra coppia aperta era diventata un triangolo, ma lui confessò quello che avevo già capito, solo quando aveva già presa la decisione di mettersi con quell’altro. Ho visto Giovanni qualche mese fa: stanno ancora insieme… e mi è sembrato più sereno ora di quando stava con me….”
“Siete rimasti in buoni rapporti…?” chiese Andrea.
“No no. Ci siamo incontrati solo per caso. Quando ci siamo lasciati, ci stavo troppo male per continuare a frequentarlo anche solo come amico. Adesso non è più un problema. Evidentemente non era lui quello giusto…”
“Credi che esista uno giusto…?”
“Tu non lo credi?” gli rigirò la frittata Marco.
“Non so, non lo so… Non ho mai avuto una relazione stabile con un uomo…”
Con un uomo” sottolineò Marco. “E con una donna invece…?”
“Ho avuto la stessa fidanzata per tutti gli anni delle superiori fino all’università… Tu, mai stato con donne?”
“Sempre stato consapevolmente gay” rivendicò Marco. “E con questa fidanzata, come mai è finita?”
“Mi beccò a letto con suo fratello.”
Marco sollevò il capo dal petto di Andrea per guardarlo in faccia, si portò una mano alla bocca e, con una mimica facciale più che esplicita, gli dimostrò il massimo della disapprovazione che gli riuscì di simulare. “Il più terribile dei classici” pronunziò soffocando un accenno di riso.
Andrea lo colpì sulla fronte con il palmo aperto.
“E quindi ti sei messo con il tuo quasi cognato…?”
“No, eravamo semplicemente due etero curiosi… ufficialmente…”
Ufficialmente…? Perché il fattaccio divenne di dominio pubblico?” chiese Marco.
“Beh… dovemmo spiegare la rottura del fidanzamento alle famiglie, e lei non tenne segreto di averci beccati a letto. Ed il fratello, per non essere buttato fuori casa, raccontò che era successo solo quella volta, che eravamo ubriachi, che ci conoscevamo bene da anni e l’alcool aveva cancellato i nostri freni inibitori ed eravamo curiosi perché alcuni amici dicevano di avere già provato ad avere rapporti omosessuali…”
“Ed invece…?”
“Beh, non era la prima volta… Anche se, per quel che ne so, lui poi s’è felicemente ammogliato…”
“E lei?”
“Dopo un po’ abbiamo ripreso i contatti. Non posso dire che sia una delle mie migliori amiche, ma almeno mi ha perdonato…”
“E tu, quindi…?” domandò Marco.
“Io cosa?”
“Ti consideri un etero curioso, un bisex o… che cosa?”
“Ho avuto un altro paio di fidanzate e…”
“E…?”
“Niente niente.”
“Cosa vuol dire niente niente?” lo interrogò Marco, rizzandosi sui gomiti.
“Voglio dire… sì insomma, ufficialmente sono bisex, in famiglia sanno che ho relazioni anche con uomini…”
“Ma non hai una fidanzata a casa, vero?”
“Nessuna fidanzata e nessun fidanzato, in questo momento… Giuro” e con il pollice rovesciato si fece una croce sul cuore.
Marco tornò a poggiargli la testa sul petto. Non mi importa se sei fidanzato o no, pensò. Quel che mi importa è che stanotte è stato bellissimo. Che qui adesso è ancora bellissimo.

L'episodio 1.
L'episodio 10.

venerdì 22 giugno 2012

Come è bella Giovinezza

Stamattina, all'uscita della mensa aziendale, incrocio il gruppetto dei nuovi stagisti e capto qualche frase.
"Ma secondo voi quanti anni può avere?" [Presumo stessero parlando del loro tutor, NdE]
"Beh, è vecchio..."
"Tanto vecchio..."
"Vicino ai trenta..."
...!?!
Ho sentito le ginocchia cedermi.
Ed il dramma autentico è che più io mi allontano dai trenta, più trovo attraenti i sedicenni d'oggi...

mercoledì 20 giugno 2012

8. Di Marco e di quella volta che il sole entrava dalle fessure nella tapparella

Marco fu svegliato dall’avviso di ricezione di un sms.
Aveva dormito magnificamente ed il sole era già bello alto: entrava dalle fessure nella tapparella della finestra della sua camera da letto e gli scaldava le cosce.
Avvertì subito l’urgenza di andare in bagno: lasciò il letto e, nudo e scalzo come stava, uscì dalla stanza.
Quand’ebbe fatto, invece che tornare a sdraiarsi, assecondò la sua spiccata curiosità: si diresse in cucina, che nel suo appartamento era tutt’uno con il soggiorno; raccolse i jeans da terra, a lato del divano, dov’erano rimasti quando se li era sfilati; dalla tasca recuperò il cellulare, dove trovò un messaggio di Carlotta che recitava solamente Buongiorno. E-mail urgente J.
A quel punto andò al suo tavolo da pranzo, che era tutt’uno con la sua scrivania; aprì il notebook che lasciava sempre assopito in stand-by, e nella Posta in arrivo cliccò sull’unico messaggio in evidenza. Recitava Scegli quale posso pubblicare su fb e portava in dote tre allegati: tre foto scattate la sera prima, a conclusione del concerto di Greta, che ritraevano tutte l’artista stretta in un solo abbraccio a Marco e a Carlotta.
Prima di prendere una decisione tanto importante, Marco agguantò la moka, la riempì d’acqua e di caffè macinato e la poggiò sulla fiamma media. Allora sedette al tavolo: la paglia vecchia e secca del pianale della sedia gli pizzicava le chiappe, ma non prese nemmeno in considerazione di mettersi alla ricerca di un paio di mutande. Si concentrò sulle tre foto e si scordò subito del pizzicore. Alla fine rispose Sono bellissimo in tutte e tre. Scegli tu. Kisses.
Riempì il fondo di una tazzina di zucchero e da una credenza tirò fuori due brioche con la marmellata che, ancora confezionate, poggiò sull’unico vassoio che possedeva: la teglia in acciaio del suo forno a gas. Quando la moka cominciò a gorgogliare, versò le prime gocce del caffè fuoriuscito sullo zucchero nella tazzina, riposizionò la moka sulla fiamma e poi con un cucchiaino prese a sbattere forte lo zucchero macchiato fino a farne una cremina densa e profumata. Versò il resto del caffè nelle sue tazzine preferite, quelle del servizio rosso, e, prima di afferrare la teglia, lanciò un’altra occhiata alla sua casella di posta elettronica.
Nulla da raccontare? chiedeva Carlotta.
Lasciarla sulle spine era una delizia paragonabile almeno a quella dell’aroma del caffè che aveva riempito l’appartamento.
Tornò in camera da letto e poggiò il vassoio sulla seggiola che utilizzava come comodino, quella delle due su cui non erano già poggiati l’abatjour ed un libro.
E mentre Andrea si svegliava e cominciava a stiracchiarsi, Marco decise finalmente di infilarsi un paio di boxer.
“Che bel risveglio…” bofonchiò Andrea mentre si stropicciava gli occhi con il dorso dei pugni.
“Caffè dolce o caffè amaro?” gli chiese Marco sedendo sul bordo del letto.
Andrea si tirò su a sedere e lanciò un’occhiata alla teglia e a quanto conteneva. Non pronunciò una parola, ma Marco intese senza sbagliarsi che, pur ringraziandolo per la colazione, prima di tutto esigeva un bacio. Fu accontentato.
E mentre labbra e lingue si congiungevano, Marco ripensò a quello che Andrea gli aveva confessato la notte prima in macchina, mentre lo riaccompagnava a casa dopo il concerto. Che l’aveva baciato a tradimento, davanti a tutti, perché nel vederlo guancia a guancia con quell’altro ragazzo s’era scoperto d’un tratto geloso ed invidioso di quella loro intimità.
Dopo aver assistito a quel bacio, Tommaso non aveva battuto ciglio e, ceduto al nuovo arrivato il posto a sedere, aveva lasciato la tavolata e raggiunto i propri amici. Marco, in pieno stato confusionale, non se n’era quasi accorto, e a quel punto Andrea aveva dovuto presentarsi da solo ai presenti; poi era rimasto zitto, seduto e con il capo chino, quasi vergognoso per quello slancio appassionato di cui era stato protagonista, finché Marco, seduto al suo fianco, non gli aveva preso e stretto la mano nella sua. Allora s’erano guardati negli occhi, rapiti l’uno nello sguardo dell’altro e sordi alla musica ed al vociare che li circondavano, finché una risata sincrona e sincera non aveva scacciato le ultime tracce d’imbarazzo.
Erano rimasti mano nella mano per tutta l’esibizione di Greta e del suo gruppo. Poi l’intera tavolata aveva raggiunto la cantante sotto il palco, dove si erano congratulati a lungo con lei e dove avevano scattato un sacco di fotografie a memoria del grande debutto. E dove Marco aveva presentato Andrea a Greta dicendo “E questo è lo stronzo che per un paio di minuti ha cercato di rubarti la scena infilandomi la sua lingua tra le tonsille.”
Andrea disse: “Caffè dolce, per cortesia”. Marco prese un cucchiaio di cremina e la girò in una delle due tazze finché il caffè non cambiò colore; lo porse ad Andrea e ripeté l’operazione con l’altra tazza. “Una brioche con la marmellata…?”

L'episodio 1.
L'episodio 9.

lunedì 18 giugno 2012

Marina Rei & Pierpaolo Capovilla - E MI PARLI DI TE



E mi parli di te
Degli anni che passano e non ritornano mai
Mi racconti le tue spacconate e le piccole glorie
Mi sembri Dylan Thomas o una vecchia rockstar
Sorridente, infelice, che non dice mai
Mai niente della sua solitudine
Te la leggo negli occhi
Gli stessi occhi che a volte piangono
Non sanno neanche perché
E si vedono anche le ferite dell’amore
E la voglia di sparire e di non tornare più

E le donne che ti guardano e ti vorrebbero
Si vedono le bugie, così tante bugie
E mi parli di te
Degli anni che passano e non ritornano mai
Ma non dici mai, mai niente della tua di solitudine
Te la leggo negli occhi
Gli stessi occhi che a volte piangono
E non sai neanche perché
E si vedono anche le ferite dell’amore
E la malinconia di una vissuta
Senza malinconie, tanto per viverla
E la voglia di sparire e di non tornare più

Il tuo amore che ti vuole bene
E che ancora crede in te
E mi parli di te
Mi parli sempre soltanto e solamente di te
Ti sei mai chiesto perché
Te lo dico in confidenza
Ti sei mai chiesto perché
Io non ti amo più
Te lo dico in confidenza
Io non ti amo più

sabato 16 giugno 2012

7. Di Marco e di quella volta che Greta non era scappata dal palco

Alla fine Greta non era scappata: quando Fabiano, il bonazzo dalle fattezze svedesi che aveva in gestione il Circolo 2P, aveva annunciato dal palco il suo ingresso, lei s’era fatta avanti e, seppur palesemente emozionata, s’era appollaiata sull’alto sgabello al centro della scena, aveva ringraziato il pubblico ancora freddino e, dopo un cenno d’intesa a ciascuno dei suoi musicisti, aveva attaccato a cantare il suo primo pezzo.
Marco e Carlotta conoscevano bene quel primo brano: nonostante un arrangiamento completamente rinnovato e qualche modifica al testo della prima strofa, riconobbero immediatamente La dolce resa, una canzone che Greta aveva scritto ai tempi della scuola e che negli anni aveva più volte rimaneggiato e proposto agli amici.
La platea del Circolo ascoltava attenta la cantante sconosciuta ai più: sembravano coinvolti dal brano e dalla voce potente della ragazza, che cedette lievemente all’emozione nel liberatorio acuto finale. A conclusione del primo pezzo, Marco e la sua compagnia s’alzarono in piedi e aprirono lo scroscio degli applausi, senza lesinare i brava!, i bravissima!, gli ancora!. Greta cantò altri due suoi cavalli di battaglia, Mimetico amore e Il male che mi vuoi, poi interpretò una canzone del repertorio di Nina Zilli ed una di Carmen Consoli; a quel punto il pubblico era stato conquistato, Greta era evidentemente a proprio agio, Carlotta era completamente afona per le urla e per l’emozione e a Marco dolevano i palmi delle mani per gli applausi ed i muscoli facciali per il sorriso entusiasta che gli si era stampato indelebilmente sul viso.
Quando Greta cominciò un altro dei propri pezzi, Più facile è, Marco sentì il gomito di Stefano premergli nel costato. “C’è Tommaso” gli disse in un orecchio.
Tommaso era né più né meno che il migliore scopamico di Marco: tre anni prima si erano frequentati per qualche settimana, senza che nessuno dei due si fosse realmente innamorato dell’altro, ma dal punto di vista prettamente sessuale avevano scoperto un’ottima intesa. Oggettivamente bello, ben dotato per natura, senza alcuna inibizione, Tommaso era decisamente il miglior partner sessuale che Marco avesse incontrato; perciò, una volta messo in chiaro che una relazione stabile tra loro due non sarebbe stata destinata a durare, era capitato più volte che più o meno fortuitamente i due ragazzi si fossero nuovamente incontrati ed avessero quindi trascorso insieme la notte nello stesso letto. O un pomeriggio sullo stesso divano. O dieci minuti nella toilette di un ristorante.
Anche Tommaso aveva avvistato Marco e si stava avvicinando al tavolo dov’era seduto. Marco alzò la mano per salutarlo quando ancora non s’era fatto appresso, e si chiedeva se Tommaso quella sera avesse le solite intenzioni malandrine. Ma a giudicare dal sorriso malizioso che aveva sulle labbra – che poi non era altro che il sorriso che Tommaso sfoggiava in qualsiasi occasione, in quanto quello gli era stato fornito dalla genetica – Marco era sicuro di sapere quale pensiero gli frullasse in testa.
E mentre Tommaso si stava avvicinando, Marco soppesava se fosse il caso oppure no di concedersi una sessione di sesso con lui. La voglia non gli mancava mai, questo era pur vero. Ed Andrea non aveva risposto al suo secondo sms, cosicché doveva dare per scontato che dopo il cinema quello avesse un qualche altro programma per la serata. Ma  fino alla conclusione dell’esibizione di Greta, lui non era intenzionato ad allontanarsi dal Circolo, né ad infrattarsi con Tommaso nei cessi. Sarebbe da stronzo, sparire per una scopata, nella grande serata di Greta.
Perciò, quando Tommaso si era chinato per salutarlo, Marco era ben risoluto a tenere a freno i bollori suoi ed i propri.
Con gli occhi di Stefano e di Carlotta puntati addosso e con le loro orecchie ben tese a cogliere quel che riuscivano, Marco accostò le labbra all’orecchio di Tommaso e gli chiese “Se qui da solo?”
“Con due amici” rispose Tommaso.
“Sono venuto a sostenere Greta. È una mia amica” disse Marco, con l’intenzione di mettere in chiaro che non si sarebbe schiodato dal tavolo.
“La conosci davvero? È brava. I miei amici sono davvero entusiasti.”
“Se vuoi, posso farvi avere qualche autografo…”
Tommaso sorrise ed assentì con il capo. Aveva capito qual era la ferma intenzione di Marco e che, se voleva trascorrere con lui qualche momento piacevole, avrebbe dovuto pazientare fino a tardi. Guardò in direzione degli amici con cui era venuto al Circolo e, quando incrociò lo sguardo di uno dei due, gli fece cenno con la mano che sarebbe rimasto al tavolo di Marco, e quell’altro alzando un pollice gli rispose che aveva inteso.
Marco aveva colto quello scambio muto e perciò aveva capito che il suo scopamico era deciso a pazientare pur di ottenere di levarsi la voglia. Decise in quel momento che, data la buona intenzione dimostrata, a fine serata avrebbe fatto dono a Tommaso di qualunque cosa lui gli avesse chiesto.
Tommaso si guardò attorno e, avvistata una sedia vuota, l’arraffò. Dario e Stefano gli concessero dello spazio attorno al tavolo e lui sedette appresso a Marco. “La conosci davvero? Mi piace molto…” ripeté all’orecchio di Marco, mentre con un braccio gli cingeva le spalle.
Si parlavano all’orecchio l’uno con l’altro, guancia contro guancia, e, mentre gli spiegava che conosceva Greta dai tempi della scuola, Marco percepiva nettamente il profumo intenso di Tommaso, altra caratteristica che apprezzava particolarmente nel suo amico di letto.
Un occhio fisso al palco, Carlotta era a forte rischio di strabismo mentre cercava di tenere sotto controllo anche quel che stava accadendo al suo tavolo. Stefano, al contrario, esibiva l’indifferenza più spinta, ma fu poi il primo ad capire che stava per accadere qualcosa di inaspettato.
Accadde quando Greta terminò di cantare Ora che vai, simulando il lamento strozzato di un’amante abbandonata. Marco aveva appena detto qualcosa di divertente all’orecchio di Tommaso, che infatti rideva ancora con la guancia appoggiata alla sua spalla mentre lui si univa all’applauso del pubblico. In quel momento, un ragazzo si frappose fra Stefano ed il palco con i musicisti, impedendogli di vedere l’ennesimo inchino di ringraziamento di Greta. Stefano intuì immediatamente, leggendogli sul volto un’espressione che mescolava compiacimento, perplessità e sfida, che il ragazzo moro che stava ora squadrando Marco doveva essere l’Andrea dell’autobus.
Marco non poté mascherare la sorpresa ed il successivo imbarazzo. Balzò in piedi, cogliendo di sorpresa Tommaso che ormai era ad un niente dall’infilargli la lingua nell’orecchio.
“Ciao” disse Marco. “Non pensavo che saresti venuto.”
Ad Andrea scappò di ridere. “Sì. È abbastanza evidente che non te l’aspettavi…”, poi si sporse in avanti per abbracciarlo in un comunissimo saluto. Ma quando l’orecchio di Marco fu a tiro delle sue labbra, a bruciapelo e sottovoce gli chiese “Lui è il tuo ragazzo?”
Senza esitazione alcuna, Marco rispose “No, è un amico...”
E a quel punto, mentre stava per ritrarsi per presentare Andrea al resto della tavolata, lo stesso Andrea gli cinse la nuca con la mano ben aperta per riattrarlo a sé ed aprendo e premendo forte le labbra contro le sue, lo sorprese con un bacio traboccante passione.

L'episodio 1.
L'episodio 8.

mercoledì 6 giugno 2012

6. Di Marco e di quella volta che lesse il nome di Greta in cartellone

La sorpresa che Stefano e Carlotta avevano promesso a Marco si rivelò tale a tutti gli effetti: quando con gli amici era arrivato davanti all’ingresso del Circolo 2P, il pub con incontri di musica dal vivo che frequentavano da qualche tempo, mai si sarebbe aspettato di vedere in cartellone il nome della sua amica Greta, a grandi caratteri corsivi accanto all’annuncio Stasera al debutto.
Carlotta, Marco e Greta si conoscevano dai tempi delle superiori. Già allora Greta coltivava il sogno di diventare una cantante: aveva studiato musica, aveva una bellissima voce e passava molto tempo a comporre canzoni che poi però faceva sentire solo a Marco, Carlotta e a pochi altri amici. In un paio di occasioni s’era iscritta a concorsi canori e in un altro paio aveva spedito alcune sue demo a conoscenti di amici inseriti nell’ambito musicale ma, nonostante chiunque ascoltasse le sue incisioni se ne professasse entusiasta, Greta non riusciva a superare il terrore che la coglieva quando doveva esibirsi davanti ad estranei e fuggiva ripetutamente da palchi e provini.
“Non ci posso proprio credere” disse Marco davanti al cartellone all’ingresso. “Scommetto che all’ultimo non riusciranno a tirarla fuori dal camerino…”
“L’ho sentita per telefono l’altro giorno e mi ha giurato che stavolta è pronta” gli rispose Carlotta.
“Non ci credo” ripeté Marco.
“Da quando sei un disfattista ed uno iettatore…?” brontolò Stefano.
“Ma no. La conosco da sempre e per quanto abbiamo insistito e per quanto tutti l’abbiamo incoraggiata, quando è il momento di esibirsi in pubblico le cedono la voce e le ginocchia… È così, punto.”
“Ero scettica anch’io” disse Carlotta. “Ma avresti dovuto sentire che entusiasmo e quanta convinzione aveva per telefono. Dice che ha trovato un gruppo di musicisti ed un manager che credono veramente tanto in lei e che finalmente si sente pronta. Mi ha parlato anche di certe tecniche di preparazione che ha imparato e che le hanno permesso di cantare davanti ad alcun impresari.”
“Credevo addirittura che avesse rinunciato. Non parlava più di canzoni da anni” disse Marco, mentre seguiva Stefano all’interno del pub.
Trovarono da sedere ad un tavolo d’angolo, da cui potevano vedere agilmente il palchetto allestito per Greta e per la sua band.
“Non ne parlava con te perché l’hai sempre presa in giro per le sue fughe” gli rispose Carlotta, dopo che ebbero preso posto.
In effetti sì, la chiamavo spesso The Runaway Voice… Amico del cazzo che sono…
All’ora prevista per l’esibizione di Greta mancava ancora un’ora abbondante. Il pub non era più pieno che gli altri sabati, ma le cameriere ed i ragazzi dietro il bancone avevano il loro bel daffare a servire boccali di birra e a preparare panini.
Quando la cameriera con le efelidi ed i capelli rossi portò al tavolo le tre birre che avevano chiamato, all’ingresso della sala fece la sua apparizione anche il loro compare Dario, in compagnia di una delle sue amiche.
“Oddio, come si chiama questa?” chiese Marco nascondendosi con le mani la bocca mentre i due si avvicinavano a grandi passi al loro tavolo.
“Elena” disse Carlotta. “Si chiama Eleonora” disse Ste.
“Ciao ragazzi” salutò Dario mentre già cercava con lo sguardo in giro per trovare una seggiola per la sua dama.
“Ciao a tutti. Come state?” salutò lei.
“Ciao Ely, come va?” salutò Marco. “Ely, sei uno spettacolo stasera!” salutò Carlotta. “È sempre un piacere vederti. Come stai, Ely?” salutò Stefano.
Scambiati che furono i convenevoli ed arrivate anche le altre due birre, la serata ebbe ufficialmente inizio, con Carlotta e l’amica di Dario su un fronte, che presero a spettegolare fitto fitto delle conoscenze che avevano in comune, e con Dario e Ste sull’altro, impegnati a discutere del fantastico i-pad acquistato nel pomeriggio, dell’ottima strumentazione allestita sul palchetto, e di quello che via via veniva loro in mente.
Marco, seduto nel mezzo, partecipava un po’ all’una ed un po’ all’altra conversazione, non negandosi a nessuno. In cuor suo però si sentiva a disagio ogni volta che pensava o parlava di Greta. The Runaway Voice... Che stronzo devo essere stato. Proprio stronzo se l’ho costretta a smettere di fare il più piccolo riferimento a questa passione per il canto. Che stronzo. Devo riparare in qualche modo. Che posso fare?
Negli ultimi due anni, in verità, lui e Greta s’erano visti piuttosto di rado. Si erano sentiti spesso per telefono e via FaceBook, ma difficilmente era capitato loro di quagliare per un incontro, da quando Greta era tornata a vivere fuori città e s’era impiegata nel negozio di famiglia. Era stato allora che Marco aveva dato per scontato che avesse rinunciato ad ogni ambizione. Ed invece, non era andata così.
Forse ora poteva scriverle un sms di incoraggiamento. Farle vedere che era entusiasta per la sua avventura. Ma temeva sinceramente di disturbarla in quel momento che precedeva l’uscita in scena e di essere poi responsabile in qualche misura di una sua eventuale ennesima fuga all’ultimo minuto.
“Senti un po’ tu” disse Dario ad un tratto, rivolgendosi direttamente a Marco. “Ma com’è andata oggi…?”
Lui, totalmente distratto, non capì a cosa si riferisse.
“Con il tizio che ti ha abbordato. Com’è andata a finire?”
“Mi ha dato il suo numero e ha promesso di farsi sentire domani per organizzare un’uscita insieme…”
“Potevi invitarlo a venire qui stasera…” disse Stefano.
“Certo che avrei potuto”, rispose Marco, aggiungendo una punta di stizza al tono di voce “se solo i miei amici non avessero preteso di farmi una sorpresa e mi avessero detto dove avevano intenzione di portarmi…”
“In effetti…” bofonchiò Stefano.
“Tra l’altro, è uscito che conosce il Circolo e c’è venuto ancora. Quindi, a saperlo, avrei potuto invitarlo eccome” insistette Marco.
“Perché non gli mandi un sms?” suggerì Carlotta. “Magari sei fortunato e si trova in zona e può raggiungerci adesso…”
Tutt’altro che una cattiva idea. Ho già una certa voglia di rivederlo…
“Perché no?” disse, pescando di tasca il telefono. E dopo aver digitato e cancellato tre diversi messaggi, scrisse solamente Che fai? e premette l’invio.
Il bassista ed il tastierista erano sul palco per gli ultimissimi aggiustamenti audio, quando il cellulare di Marco vibrò alla ricezione della risposta di Andrea.
Sto entrando adesso in un cinema, ma non so quale film scegliere. Suggerimenti?
Nessuno L Che fai dopo? Mi hanno portato al Circolo 2P, c’è un’amica che canta J. E per due volte scrisse e cancellò Vieni? prima d’inviare.

L'episodio 1.
L'episodio 7.

sabato 2 giugno 2012

Skin - LOST

(Skin - Guy Chambers)



What was I waiting for?
Waiting for the bubbles to burst
Over your stagnant pauses

Can't cure what your devil don't see
Or light a fire below the death of me
We've shot through all over our causes 

Days spin through my heart
That sever the love
Kill all the pain with shame

I won't be lost without you
I've found a way to get through
Now I'm up and running
Strong enough to walk away
And leave you all alone
I won't be lost

What were you waiting for?
Waiting for the straw to break
Over the back of desperate ways

You were a dream to me
Now you're nothing but a heart that bleeds
I'll wash you off and carry on

And when I see you
I find another reason
To keep myself from getting lost in you