martedì 2 dicembre 2008

Para(dia)bolica

Dal Vangelo secondo Georg
In quel tempo, il Maestro era solito arringare le folle sulla corruzione della natura umana, sulla vanità delle ricchezze terrene e sulle perversioni dei Dotti del Tempio.
Mentre era intento in uno dei suoi più accesi sermoni dal pulpito situato in una piazza gremita, un piccolo tumulto si fece avanti da una strada laterale. Del tumulto facevano parte alcuni uomini armati di pietre, che trascinavano per i capelli una sventurata che urlava ed implorava soccorso.
Il Maestro fermò il proprio dire e mandò il discepolo che egli più amava perché scoprisse le ragioni di tanta ferocia. Il discepolo che il Maestro più amava si avvicinò ad uno degli uomini più facinorosi, gli chiese di fermare quello scempio e lo interrogò su tanta barbarie. Udito che ebbe la questione, posò il suo sguardo compassionevole sulla disgraziata e quindi si volse verso il Maestro, che nel frattempo era sceso dal pulpito e si era avvicinato al tumulto.
I facinorosi, vedendo il Maestro farsi appresso, presero a tacere, ed il più violento tra loro spinse con un calcio la misera donna perché si prostrasse ai piedi del Maestro. La folla tutta seguiva in silenzio e con sgomento quello che stava avvenendo.
"Maestro" disse il discepolo, atterrito. Il Maestro fermò il suo dire con un gesto della mano, e rivolto ai facinorosi, con voce tuonante chiese "Di qvale colpa accusate qvesta donna?"
"L'abbiamo sorpresa a giacere con un'altra donna. La legge dei nostri antenati vuole che ella sia lapidata in pubblica piazza" risposero quelli in una sola voce.
Il Maestro chinò lo sguardo sulla disgraziata, che piangeva rannicchiata ai suoi piedi. Quindi il Maestro si chinò sulle ginocchia, sputò in terra e nella terra bagnata prese a tracciare alcuni segni.
Il discepolo che il Maestro più amava si piegò sulla donna e l'aiutò ad alzarsi sui piedi, poi si rivolse al Maestro. "Maestro" lo chiamò, e di nuovo fu interrotto.
"La legge dei nostri antenati vuole che ella sia lapidata" ripeterono gli uomini del tumulto. "Non potete macchiare di sangue la terra dove predica il Maestro" disse una voce che s'era levata dalla folla che poco prima era in ascolto del sermone del Maestro. "Lo vuole la legge dei nostri avi" replicò un'altra voce dalla moltitudine.
"Maestro" chiamò ancora il discepolo, ed il Maestro alzò la mano perché egli tacesse, continuando a tracciare segni nella terra con le dita dell'altra mano.
"Cosa dobbiamo fare?" chiese uno del gruppo dei facinorosi. "Lasciate andare la poveretta. Banditela dalla nostra città, che vaghi sola nel deserto, ma non macchiatevi del suo sangue" implorò un'altra voce dalla moltitudine dei fedeli.
Il Maestro aprì al discepolo la mano con cui poco prima l'aveva fatto tacere, ed immantinente il discepolo gli porse un candido fazzoletto.
La misera, temendo la furia degli uomini che l'avevano trascinata per i capelli fino alla piazza, si guardò attorno, bramando la vista delle porte della città. Volse uno sguardo implorante verso il Maestro ed un altro alla folla, poi tentò la fuga.
Subito una pietra la colpì al centro della schiena, facendola rovinare a terra, ed il colpo fu tanto violento da mozzarle il fiato ed impedirle di urlare per il dolore. Una seconda pietra, scagliata dal mezzo del tumulto, la colpì alla spalla, e la donna riuscì appena a gemere. "Pietà" implorò la misera, mentre altre pietre le erano lanciate addosso e la colpivano. Urlava per lo strazio, e le sue urla rimbombavano nella piazza, insieme al rumore dello scempio delle sue morbide carni e delle fratture arrecate alle sue esili ossa. La pioggia di sassi non si arrestò, ed in breve quel che restava della donna non emetteva più un gemito, mentre la moltitudine mestamente s'allontanava non sopportando la vista di tanto orrore.
Il Maestro prese dalle mani del discepolo il bianco fazzoletto che gli era stato porto, e con quello ripulì dalla terra le scarpe di Prada che portava ai piedi, quindi si pulì le dita con le quali aveva tracciato segni nel fango. Il discepolo restò in silenzio, mentre osservava alcuni schizzi del sangue scarlatto della peccatrice che ora macchiavano il dorso della candida veste del Maestro.
"Che Dio abbia pietà di tutti foi", pregò tra sé e sé il Maestro.
"Che Dio ci perdoni", invocò il suo discepolo.

1 commento:

Rosa ha detto...

Una parabola... ispirata!
Condivido il tuo sdegno.