lunedì 26 maggio 2014

6 come 6

Stavo per mancarlo di brutto. Anzi ero convinto di averlo proprio mancato, invece ho appena controllato: ieri questo blog ha compiuto 6 anni.
...Sì, negli ultimi due sono stato decisamente distratto e sinceramente non ho idea se nei prossimi mesi riprenderò a scrivere con maggior frequenza.
La verità è che quando ho cominciato a postare, sei anni fa, avevo un grande, grosso, enorme bisogno di sfogarmi, di mettere per iscritto tutto quello che mi passava per la testa, non necessariamente di confrontarmi con altri blogger a riguardo, anche se è stato piacevole quando è capitato.
Ora ne ho meno bisogno. Di sfogarmi, dico; perché il tempo cura anche il dolore che ti ha scavato dentro in profondità. Restano le cicatrici, certo, ma restano per dimostrare che siamo guariti, non soltanto per ricordarci che siamo stati feriti.
Non è neppure che la mia vita sia troppo cambiata in questo lasso di tempo: single ero e single sono. Ma ho cambiato casa, mi sono nati due adorabili nipotini, alcuni dei miei amici si sono sposati ed hanno generato a loro volta. Credo anche di aver perso Maya, quella che è stata la mia migliore amica e che non riconosco più come tale e non so neppure veramente perché; la cosa peggiore è che non mi manca, non ne soffro. Ho sempre avuto una propensione per la solitudine, ma mi chiedo se non stia lentamente diventando sociopatico o sociofobico, nel senso che non riesco a pensare a qualcuno la cui compagnia riesca davvero a rendermi felice, o triste la mancanza... Boh.
Di buono c'è che ho del tempo libero in più e che lo sto mettendo a frutto: ho cominciato seriamente a scrivere il romanzo che ho nella testa da anni. E scrivere, sì che mi rende felice: ne ho avuto un assaggio quando per gioco ho preso a raccontare di Marco & Andrea, e ne ho conferma ad ogni pagina del racconto che sto affrontando in queste settimane.
Anche per colpa di questo impegno nel trasformare un mio sogno in qualcosa di più concreto, sto trascurando questo posto virtuale...
Già che ci sono, ne approfitto per dire due parole ad un amico che ogni tanto passa ancora qui a trovarmi. Voglio che sappia che di lui ho una buonissima opinione e che non c'è modo che questa cambi. Voglio che sappia che per alcun motivo lo giudico sciocco o folle, perché il cuore è un organo assurdamente ostinato, che assume il comando in situazioni in cui la ragione gli urla contro. Che nessun dolore provocato dalle scelte fatte con il cuore è eterno (e lo so, come detto prima, per esperienza diretta). E voglio che sappia che se non sono entrato nella sua vita per incoraggiarlo in un momento per lui tanto difficile, è stato per paura di aggiungere danno al danno infilandomi a vanvera in una storia di cui, fin dal suo inizio, ho intuito troppo ma ho voluto sapere poco. E magari sì, perché sono anche un vigliacco che non ama schierarsi. Tuttavia io sono qui, voglio che lo sappia: se ha bisogno, se ha voglia, se gli gira strana, io sono a disposizione. So che ha tanti altri amici con cui avrà già avuto modo di parlare e sfogarsi, e che il mio interesse nei suoi confronti gli apparirà assai tardivo. Ma eccomi, anche questo sono io: quello che sbaglia sempre i tempi, che sceglie troppo spesso il momento sbagliato, che ci arriva sempre un po' troppo tardi. E se non gli interessa farlo adesso, a me sta bene comunque e non muta la mia stima.
A tutti gli altri che leggono ancora questo blog, e so per certo che non sono ancora tanti... niente, ho già detto prima tutto quanto avevo da dire. Ma anche per loro sono a disposizione. Hanno/avete il modo e la facoltà di contattarmi.
Questo post non ha capo né coda, me ne rendo conto: me lo capisco solo io. Ma è il mio blog, il mio post... sono io e sono così come sono.

sabato 17 maggio 2014

Levante - CUORI D'ARTIFICIO


Io che non sapevo niente dell’odio e dell’amore
Ho fatto in fretta ad imparare com'è che scoppia un cuore
Come mi scoppia il cuore

E poi via, sparso nell'aria fluttua e va la fonte dei miei guai

Ma no, non vedi come scende
No, non vedi come cade giù
Non è polvere di stelle 

Non è neve no, non è Gesù

Io che non credevo affatto si respirasse dopo
Mi abbaglia ancora adesso quell'esplosione al petto
Che non fa mai rumore

Con gli occhi in alto 
Un grosso applauso è volato in aria
E che paura se cade a terra
No, è esploso prima
Ho un cuore che è puntato tra le stelle
Ho un cuore che è puntato tra le stelle
Eppure è vivo sotto questa pelle

lunedì 12 maggio 2014

Rise like a phoenix

Pare che tra i tanti detrattori di Conchita Wurst, oltre ad omofobi di ogni nazionalità ma in particolare russi e putiniani, si possa da oggi annoverare anche la signorina Emma Marrone, che avrebbe pubblicamente commentato "Senza barba non avrebbe alcuna chance, siamo seri"; l'invidia tra colleghe ci sta e sarebbe più che comprensibile se la Marrone in rappresentazione dell'Italia non avesse portato sul palco dell'Eurovision Song Contest una canzone dimmerda, addirittura peggiore di quello scempio filologico-musicale che le fece vincere un Festival di Sanremo qualche anno fa.
Nel corso della giornata ho seguito alcune conversazioni su Facebook e letto diversi commenti in coda ad alcuni articoli che annunciavano il trionfo della donna barbuta. Squallido fenomeno da baraccone è stata una definizione in cui mi sono imbattuto più volte, tradotto pure in inglese su YouTube con il termine freak.
Eh sì, la donna barbuta è davvero il più classico dei freak, i mostri da circo che suscitavano curiosità e raccapriccio nei secoli passati. Ma l'arena di Copenhagen in cui s'è tenuto lo show canoro cos'è se non la moderna evoluzione di un tendone circense? Ed un personaggio dello spettacolo dei giorni nostri, che canti, balli o conduca talk-show, cos'è se non un erede ammodernato di un qualche freak? E non campa d'applausi allo stesso modo in cui i fenomeni da baraccone campavano del prezzo dei biglietti d'ingresso...?
Conchita Wurst è un fenomeno da baraccone, sì. Un baraccone che è chiamato show-business, di cui è stata incontrastata regina almeno per una notte, in quel di Copenhagen. Una meravigliosa regina.
Pertanto non è l'utilizzo un poco a vanvera di quella locuzione che mi ha infastidito. Quello che mi ha dato davvero noia è stata l'apertura di tavole rotonde in cui la D'Urso di turno chiedeva agli ospiti di un salotto virtuale: ma ha davvero vinto per merito, per le proprie doti canore, o non piuttosto per il modo fuori dagli schemi con cui si presenta? E poi ancora: dare al vittoria ad un artista solo per quello che rappresenta, non è squallido nello stesso identico modo in cui lo è avversarlo per la stessa ragione?
Come se non fosse un lampante caso di discriminazione il fatto stesso che questi fini pensatori insinuino certi dubbi nel caso di un freak e nessuno degli stessi abbia messo in dubbio la bravura della vincitrice dello scorso anno, la graziosa biondina Emmelie DeForest, oppure la vittoria (meritatissima a parer mio) di Arisa a Sanremo. Affatto, per questi maestri della filosofia spiccia il trionfo di una drag queen non può avvenire per meriti artistici ma solo per compassione. Peggio forse, per un malinteso buonismo, un rigetto dell'omofobia tanto violento da tramutarsi esso stesso in aperta intolleranza.
Poi scopri che chi esprime questi illuminati pareri, non ha dato una occhiata allo spettacolo in tivù, ma ha capito perfettamente tutto dallo slide-show su Repubblica.it...
Bene, io la diretta l'ho vista, le canzoni finaliste me le sono sorbite tutte e ventisei. Ed alla fine ho televotato. Cinque i voti a mia disposizione.
Un voto allo svizzero Sebalter, perché la sua canzone era molto orecchiabile e lui era davvero tanto telegenico.
Un voto alla svedese Sanna Nielsen, per la bella canzone che infatti s'è posizionata in terza posizione.
Un voto a Conchita, anche a lei per la bella canzone.
A questo punto le belle canzoni erano terminate.
Ho espresso un secondo voto per Conchita in omaggio all'interpretazione. Perché una canzone che parla di un amore che abusa fisicamente e/o psicologicamente e di una successiva rinascita, poteva benissimo essere intonata da una donna (e penso alla Gloria Gaynor di I will survive, a Celine Dion come ad Adele) ed in quel caso avrebbe fatto venire giù il teatro ma non sarebbe stata che l'ennesima sentita interpretazione tra tante, ed invece interpretata da un uomo travestito, con il garbo ed il pathos resi dalla voce di Conchita, è stata un pugno allo stomaco così forte per me da farmi venire davvero i lucciconi.
Il mio ultimo voto è andato ancora a Conchita, stavolta sì in barba ai suoi detrattori. Perché la musica e lo spettacolo hanno (ed è più che giusto che l'abbiano) anche una valenza politica. Una canzone non è solo una canzone, lo spasso di tre minuti. Una canzone ha il diritto di diventare un pezzetto di storia se ne possiede i meriti.
E sinceramente Rise like a phoenix a mio parere lo merita. Perché ci ricorda che possiamo cambiare e riscattarci, avendo alla fine ragione di chi in passato ci ha sopraffatti con la violenza, l'intolleranza, il diritto del più forte a discriminare le minoranze.
E se ce ne rendiamo conto e ci crediamo, We are unstoppable.



Waking in the rubble
Walking over glass
Neighbors say we’re trouble
Well, that time has passed

Peering from the mirror
No, that isn’t me
Stranger getting nearer
Who can this person be?

You wouldn’t know me at all today
From the fading light I fly

Rise like a phoenix
Out of the ashes
Seeking rather than vengeance
Retribution
You were warned
Once I’m transformed
Once I’m reborn
You know I will rise like a phoenix
But you’re my flame

Go about your business
Act as if you’re free
No one could have witnessed
What you did to me

Cause you wouldn’t know me today
And you have got to see
To believe
From the fading light I fly

Rise like a phoenix
Out of the ashes
Seeking rather than vengeance
Retribution
You were warned
Once I’m transformed
Once I’m reborn

I rise up to the sky
You threw me down but
I’m gonna fly

And rise like a phoenix
Out of the ashes
Seeking rather than vengeance
Retribution
You were warned
Once I’m transformed
Once I’m reborn
You know I will rise like a phoenix
But you’re my flame

domenica 11 maggio 2014

Wonderful Copenhagen

Conchita Wurst per l'Austria ha sbancato l'ESC 2014