mercoledì 30 settembre 2009

Le liti ai tempi di Facebook

Dieci minuti fa ho cancellato la mia amica Maya dalla lista dei contatti su Facebook.
Mai provato tanto sollievo nel cliccare su una X.
Eppure Maya è (forse già era?) la mia più cara amica, la mia amicizia femminile più duratura, mia compagna nel recente viaggio in Israele.
Eravamo in lite da tre giorni. Su Facebook!!! Da quando, lunedì sera, ha cominciato a pubblicare sul suo profilo link e slogan contro "l'invasione islamica dell'Occidente". All'inizio a farmi ribollire il sangue sono stati i commenti di un suo contatto: foto di una signora di mezz'età, filo di perle, bocca a culo di gallina, leghista convinta, inneggiava ai respingimenti ed accusava di tradimento tutte le persone di sinistra. Ho replicato, sconvolto dal fatto che si mettessero sullo stesso piano Ahmadinejad, i talebani ed i somali sui barconi, e poi sono rimasto malissimo nel constatare che Maya non mi dava ragione.
Non darmi ragione è già di per sé un affronto al buon senso... Ma sarebbe finita certo lì, se nei giorni a seguire la stessa Maya non avesse insistito nello scrivere frasi intrise di aberrante razzismo (che cominciavano tutte con "io non sono razzista... ma...") e, colpa ancor più grave!, sgrammaticatissime!!! Il colmo è stato inserire (a dimostrare che lei non è una razzista, ma è animata da pacata meditazione) anche un video da YouTube con una canzone di Giuseppe Povia sulla spiritualità: tutto, ma Povia maestro di vita NO!
Ho portato il confronto dal suo al mio profilo, pensando che non coinvolgere ulteriormente i suoi contatti potesse portarci a più miti consigli. E mi sono limitato a controbattere ai suoi commenti, non provocandola certo più di quanto lei provocasse me.
Gran finale: "ma puoi anche continuare anzi..fallo nel mi profilo che fà + scena..un bel copia e incolla.....". Risposta "quella brava nelle sceneggiate su fb sei sempre stata tu". E poi l'ho eliminata. Un gran bel click su quella X. Con profonda soddisfazione fisica (anche perché il pensiero di quel che mi aspettava nella cassetta della posta elettronica una volta rincasato ha incupito le mie ultime giornate e mi aveva fatto passare ogni voglia di postare due righe...)
A pensarci estraniandomene, mi pare assurdo. Litigare su un social network, nemmeno faccia a faccia o per telefono. Nemmeno via sms...
E mi trovo spaesato: non ho la minima idea di come mi debba comportare ora. Voglio dire: se ti cancello da Fb, ti cancello anche dalla mia vita reale? Avevamo fissato una cena venerdì sera: devo considerarla annullata? Soprattutto: è lei che mi cura i capelli, ed avrei bisogno a breve di un taglio: prendo appuntamento da JL David???

venerdì 25 settembre 2009

Nuntio vobis magno cum gaudio...

...habemus album novum Carmelae Consulae.
Uscirà a fine ottobre il nuovo album della Carmen (ancora senza nome), anticipato il 9 ottobre dal passaggio in radio del primo singolo Non molto lontano da qui. Di più, al momento, ancora non è stato dato di sapere.
Sì, lo so, a voialtri eretici interessa una cippalippa. Ma per me questo è un gran giorno, l'inizio di un periodo di massima eccitazione.

martedì 22 settembre 2009

Carmen Consoli - QUELLO CHE SENTO



(testo e musica di C. Consoli)
Potrei parlare, discutere, stringere i denti, sorridere
Mentire infinitamente, dire e ridire inutilità
Mostrare falsa ipocrita serenità quando le parole si ribellano
Favole a fiumi, mari di perplessità
Non c’è una ragione per non provare
Quello che sento dentro
Un cielo immenso dentro
Quello che sento

Ho bisogno di stare con te
Regalarti le ali di ogni mio pensiero
Oltre le vie chiuse in me
Voglio aprire il mio cuore
A ciò che è vero

Potrei parlare, discutere, stringere i denti, sorridere
Soffrire infinitamente, trovare un senso all’inutilità
Mostrare falsa ipocrita serenità quando le parole si ribellano
Favole a fiumi, mari di perplessità
Non c’è una ragione per non provare
Quello che sento dentro
Un cielo immenso dentro
Quello che sento

Per la serie Come eravamo...
Correva l'8 novembre 1995 ed una ventunenne Carmen Consoli debuttava a Sanremo Giovani, sperando di conquistarsi un posto al sole, o meglio: un lasciapassare per il Festival vero e proprio e la notorietà. Si piazzò undicesima, dodici i piazzamenti utili: pochi mesi dopo, con un look tutto nuovo, avrebbe presentato Amore di plastica.

lunedì 21 settembre 2009

300

Sì, lo so: non è particolarmente originale, ma è l'unica cosa che mi è venuta in mente per festeggiare il traguardo del 300esimo post.

Anche se in realtà, a mio giudizio, Leonida alias Gerard Butler acquisisce fascino in versione vestita e contemporanea...

...Sì, ecco... magari non esageratamente contemporanea...

sabato 19 settembre 2009

Il peso della genetica nella confusione di genere

Uno dei rarissimi momenti brillanti della genitrice. Da prenderne nota.
Ma’am Limpy: “Ma hai visto l’incoronazione di Miss Italia quest’anno?”
Edgar: “Ma ti pare che…?”
Ma’am Limpy: “C’erano un sacco di belle ragazze…”
Edgar: “Ecco, magari quelle degne di nota le rivedrai prossimamente a fare il ministro…”
Ma’am Limpy: “Mica tutte sono così. Quella dell’acqua Uliveto, per esempio, mi pare tanto tranquilla.”
Edgar: “Beh sì. La Chiabotto ha sfondato, mica ha bisogno della poltrona di ripiego.”
Ma’am Limpy: “Quell’altra pure, la Cinzia Leone…”
Edgar: “No, Ma’am. Non credo che Cinzia Leone abbia mai partecipato a Miss Italia. È un’attrice comica, non proprio bellissima…”
Ma’am Limpy: “Ma sì: adesso conduce un programma sulla RAI la mattina…”
Edgar: “Ah ho capito. No, Ma’am, quella è Miriam Leone.”
Ma’am Limpy: “Cinzia, Miria… Già è tanto se non l’ho chiamata Giovanni Leone.”
Edgar: “…”
Ma’am Limpy: “Sarà la nipote?”

venerdì 18 settembre 2009

Post-umi

Sono uscito solo ieri sera da una sorta di coma vigile durato all'incirca quarantott'ore.
Credo che lo stress accumulato nell'ultimo mese lavorativo, le fatiche del viaggio e lo sbalzo termico di una quindicina di gradi al rientro si siano coalizzati per azzerare letteralmente le mie difese immunitarie. E così ho trascorso le prime ventiquattro ore imprigionato in una sorta di limbo mentale, un mondo onirico parallelo in cui ogni mio singolo movimento fisico e mentale doveva essere preceduto da quarantaquattro invocazioni in aramaico davanti al Muro del Pianto, e seguito da quarantatre ripetizioni del medesimo movimento da parte di quarantre entità di natura a metà strada tra l'angelico ed il demoniaco.
Sopravvissuto in qualche modo a quella che pareva una maledizione biblica ("Tu Edgar, per aver mangiato chili e chili di frutto della passione, partorirai i tuoi sogni con dolore..."), le successive ventiquattro ore sono state una passeggiata, quasi una benedizione. Ventiquattr'ore a sudare, sudare, sudare. Copiosamente. Tanto che se ora andassi a strizzare il materasso sopra il Mar Morto, il livello delle acque tornerebbe a quello dei bei tempi del Cristo. Non avrei sudato così tanto nemmeno con due giorni ininterrotti sul tapis-roulant: la bilancia ringrazia.
E così per due giorni ho vissuto in un universo parallelo. Ho vissuto in un Paese un po' meno lercio di quello reale, dove il Premier non va in televisione ad autocelebrarsi per meriti che non gli spettano e dove il Premier più amato della storia repubblicana non si guadagna appena la metà dello share di Gabriel Garko. Per due giorni ho vissuto in un mondo meno crudele, dove i sogni, le promesse e le speranze dei giovani che lavorano attivamente per rendere quello stesso mondo un po' meno brutto, non vengono spazzati via e resi niente da duecento chili di esplosivo. E dove la gente, quando sei persone muoiono nello svolgimento del proprio compito, non sta a soppesare chi e perché ce li ha mandati, ma si ferma a piangere d'umana compassione.
Sono uscito dal mio breve coma.

martedì 15 settembre 2009

Du' palle

Ho la febbre. Du' palle.
A 38,8°. Du' palle.
Durante le ferie. Du' + du' = quattro palle!
D'accordo che avevo in programma di stare asserragliato in casa a scrivere scrivere scrivere, e quindi non è che ci vanno di mezzo viaggi, feste, incontri...
La scocciatura è che sopra i 37° la testa mi va in stand-by, con tanto di salvaschermo di Windows, mediamente ogni tre, quattro ore. E poi, non so perché, ma con la febbre mi si apre anche una specie di buco nero senza fondo nello stomaco... Perciò i progetti a breve termine si trasformano in dormire, mangiare, scrivere, mangiare, dormire, mangiare, scrivere... Fortuna che non ho fatto la spesa per cui in frigo ci sono solo pesche, yogurt, philadelphia. E il vasetto della nutella è già un ricordo.
A pensarci, però, i morsi della fame potrebbero riuscire a tenermi sveglio ed attivo.
Du' palle...

lunedì 14 settembre 2009

Zibaldone israelita - Fuori Tema

Le mie due compagne di viaggio erano/sono belle, toste ed indipendenti... ma non parlano una parola d'inglese. L'agenzia di viaggi ci aveva consigliato di chiedere "No stamp", una volta in Israele, al momento del timbro di visto sul passaporto, poiché alcuni Paesi arabi bloccano l'ingresso a chi ha il visto israeliano sul documento. Così, prima Maya e poi BPC si sono avvicinate allo sportello tranquille e pacifiche recitando il loro "No stemp", solo che l'addetto al visto s'è messo ad interrogarle in inglese e si sono trovate in ambasce perché non capivano che volesse; e nonostante Maya gli avesse chiaramente spiegato in veneto stretto che non voleva quel [cazzo di] timbro sul passaporto, non ci sono stati santi. Idem BPC, che invece s'è limitata a sgranare gli occhioni bistrati. Io, fingendo anche un po' da stronzo di non conoscerle onde evitare di essere coinvolto nel caso la cosa fosse finita tipo Fuga di mezzanotte, osservavo la scena dalla coda, rigorosamente da dietro la linea bianca, senza afferrare il senso di quello scambio di battute, finché non è arrivato anche il mio turno: "No stamp, please" faccio, e l'impiegato con la vena che già gli pulsava sulla fronte "Why not?", ed io a spiegargli che l'agenzia aveva suggerito, e lui a chiedermi se avessi davvero intenzione di andare in Iran, ed io "No figuriamoci!" ed allora "Why 'no stamp'???", ed io "Maro' fammelo quel [cazzo di] timbro!" e lui alla fine, sorridendo vagamente, che mi dice [traduco liberamente]: "OK, per stavolta il timbro non lo appongo ma alla prossima visita in Israele non ci saranno santi né madonne, il timbro te lo dovrò apporre". E ci mancava solo che mi facesse l'occhiolino ed inturgidisse le labbra.
Certo che anche gli steward generalmente sono un gran belvedere. Sul volo d'andata, ad esempio, ce n'era uno solo con tre hostess, ma lui somigliava neanche troppo vagamente a Raffaele Casuccio, solo con un'ovale del viso un po' più pienotto; peccato però che si occupasse della metà sbagliata del corridoio. Sul volo di ritorno invece c'erano addirittura tre steward: il primo però era troppo giovane ed imberbe per destare in me un minimo d'interesse; il secondo era sul tipo mediorientale, anzi all'inizio mi era parso avesse un lieve accento straniero e credevo proprio fosse un arabo, ma ho capito l'errore quando mi ha offerto il [vassoio del] pranzo (e l'EdgarVirtuale gli ha risposto: "Tesoro, lasciamo stare il pranzo, la merenda e la cena e passiamo direttamente al dopocena: casa mia o casa tua...?"); il terzo steward era invece sul genere bionda dentro... in effetti somigliava non poco ad un blogger che ho incontrato una volta ad una cena...

sabato 12 settembre 2009

E per sempre... Allegria!





Con affetto... e di già un poco di malinconia

venerdì 11 settembre 2009

Zibaldone israelita

Ad Haifa, la “Città bella”, ho lasciato un pezzetto di cuore e la promessa di tornare. La città, la terza di Israele per numero di abitanti, importante scalo portuale e centro industriale, è dominata dall'estrema propaggine della lunga cresta del monte Carmelo (Karm’El, il “giardino di Dio”) e si sviluppa tutta in lunghezza ed altezza, schiacciata tra il mare ed il monte le cui pendici risale.
Ho trascorso una notte in un ostello sul Carmelo, accanto alla chiesa che sorge sulla grotta dove dimorò Elia, gestito da tre simpatiche suore provenienti da tre diversi continenti: dal terrazzo sopra l’ostello, in una notte di plenilunio spazzata dalla brezza del mare che si frangeva contro il massiccio del monte, ho dominato la città delle mille luci e dei cento giardini, ed il mio sguardo ha spaziato fino alle coste del Libano, lì da dove provenivano i razzi che qualche tempo fa illuminavano le stesse notti, spaventando Haifa e le stesse suorine.

Non lontano da Haifa, c’è la spiaggia di Cesarea Marittima: l’antica capitale fondata da Erode, che era ispirato dalla bellezza e dall'architettura di Roma, è oggi solo un sito archeologico, attorno cui gli israeliani hanno messo in piedi residence di discreto lusso e lussureggianti piantagioni di datteri e banane. Quel che resta dell’antico acquedotto, che dal Carmelo vi portava l'acqua, fa da cornice alla sabbia fina e calda su cui mi sono lasciato stordire dallo sciabordio del mare: ho ancora nelle narici e sulla pelle l’odore salmastro.

Come e più di Haifa, Gerusalemme è una città verticale: nella mia immaginazione era una fortezza circondata dal deserto come un’oasi, perciò facile preda dei tanti invasori che ne hanno cambiato più volte la storia; ho scoperto invece che, in un inutile tentativo di arroccarsi, s’è sviluppata in cima a diverse alture, per dominare le tante verdi vallate che la dividono e la uniscono allo stesso tempo. In Gerusalemme non ci sono strade in piano, ma solo salite e discese più o meno ripide. Un dedalo di strade e d’incroci, trafficati ed intasati dall’alba alla tardissima sera, e se sbagli una svolta rischi di non recuperare la giusta direzione prima di essere sceso a valle e poi essere risalito.

Dentro le mura, nascosta dietro le grandiose porte, la Gerusalemme vecchia è ancor più caotica. Chiese, moschee, sinagoghe, cupole, campanili, minareti, ed il frammezzarsi di diverse strutture architettoniche rispecchia la commistione di razze, lingue e fedi che fanno della “Casa della Luce” il cuore pulsante del mondo. Ebrei, musulmani e cristiani di tutti gli scismi cercano di convivere mescolandosi però il meno possibile.

Il quartiere cristiano è caratterizzato dai vicoli lunghi e stretti del mercato: il venditore d’incenso, il macellaio, il fornaio, lo spremitore di melograni fianco a fianco con chi vende piccoli gioielli che crea al momento e con chi stampa a caldo magliette che inneggiano alla pace tra Israele e Palestina. I cristiani di Gerusalemme hanno tutti lineamenti arabeggianti: sostengono di discendere dai primissimi cristiani, quei giudei e quei pagani che videro il Cristo e ne furono convertiti alla fede. Sono belli a vedersi, mori e bruni; splendidi quei pochi dagli occhi chiari. I venditori conoscono tutti qualche parola nelle diverse lingue dei turisti; la maggior parte di loro intende bene l’italiano e si fa facilmente intendere, ma non si perdono in chiacchiere: vogliono vendere e l’unico modo per rapportarsi con loro è trattare sul prezzo delle loro merci.

Anche gli ebrei sono mediamente piacevoli d'aspetto, perlomeno quelli di origine europea e che non si mortificano negli abiti neri degli ortodossi che somigliano tanto a quelli dei mormoni. E m'è parso che l'israeliano medio abbia una certa cultura della bellezza maschia: volti maschili e corpi piacevolemte virili, che più d'una volta m'hanno fatto voltare lo sguardo, tappezzano i muri dei moderni centri commerciali e le pareti di interi palazzi per sponsorizzare prodotti ed avvenimenti come qui nella maschia Italia succede molto di rado.

Nonostante il deserto in Israele circondi tutto, trovandosi piuttosto in alto, Gerusalemme ha un clima facilmente sopportabile: il sole è cocente, ma frequenti folate di vento asciugano il sudore. Nei quattro giorni che vi ho fatto sosta ho avvertito il cambiamento del clima con l'arrivo imminente dell'autunno: nelle notti illuminate a festa per il ramadan, affacciarsi ad una terrazza significava, anche lì in pieno deserto, essere investito dal vento d'un freddo quasi pungente.

Betlemme, che diede i natali a Re David prima ancora che al Cristo, è letteralmente ad un tiro di scoppio da Gerusalemme: farebbe parte del suo agglomerato urbano se tra le due città non corresse il muro che separa Israele dai territori sotto il controllo dell’Autorità Palestinese. Su quello stesso muro, a pochi metri dal posto di blocco israeliano, campeggia un grande cartellone che recita “Gerusalemme e Betlemme, città dell’Amore e della Pace”: l'ho letto quasi come una beffa quando sono arrivato al posto di blocco e sono venuto a sapere che i Palestinesi di Betlemme non hanno il permesso di oltrepassarlo, ed i più giovani di loro, quelli che vivono in case basse a ridosso del muro, Gerusalemme non l’hanno mai vista. E sul loro lato del muro, mani occidentali in segno di protesta hanno disegnato le mostruose facce dei perfidi israeliani che li tengono segregati.

Anche Betania, il villaggio di Marta e Maria che oggi si chiama Azariya in ricordo di Lazzaro, è in territorio palestinese, a ridosso del muro: oggi è un quartiere degradato, quasi una bidonville; sull’altura di fronte, dalla parte sbagliata del muro, sorge uno dei tanti insediamenti ebrei in Palestina, bello pulito ed ordinato, l’ennesima beffa del più forte contro chi è costretto a piegare la testa. Finché non ho visto con questi occhi l’arroganza di Israele, non ho mai capito fino in fondo l’odio del mondo arabo nei suoi confronti: ora non lo condivido affatto, ma posso almeno comprenderlo.

giovedì 10 settembre 2009

Sono tornato...

...ed il fatto che i miei fiori siano più belli e rigogliosi di quando me ne sono partito, mi indispettisce non poco...

mercoledì 2 settembre 2009

Time to say goodbye

Ansia da partenza: da un paio d'ore giro e rigiro per casa, cercando di capire come far entrare tutto quello che ho raccolto in una valigia e provando ad immaginare che cosa ancora mi sono scordato. Per mettere un freno all'ansia, ho fissato alle 15 l'ora di chiusura del bagaglio: quel che c'è c'è, del resto farò senza.
Devo stirare ancora un paio di camicie e poi pensare a come sistemare le piante perché soffrano il meno possibile la sete ed il caldo mentre non ci sono.
Domani, verso quest'ora, sarò in fase d'atterraggio su suolo israeliano, ma stasera dormo fuori, con le amiche che mi accompagneranno nel viaggio.
Perciò è ora di fare ciao ciao con la manina, magari con lo stesso gesto regale che mio nipote il TopO (undici mesi oggi) mi ha concesso l'altra sera congedandosi per le nanne.
Ciao ciao,
con affettato affetto, sempre vostro,
Edgar
[] Il tempo è una bugia
Ho imparato che il domani non c’è ma le strade dei sogni non finiscono mai
Ho imparato a non rimpiangere ogni viaggio che ho aspettato
Ho imparato che il domani non c’è e i momenti perduti non ritornano
(Incenzo/Pinelli)

Io olezz(av)o

Pare che la gente stressata produca un "olezzo" repellente per le zanzare (fonte).
Ora mi spiego perché le punture di zanzara quest'anno sono state davvero davvero poche.
Fino a ieri sera, quando all'improvviso a casa mia sembrava essere stato organizzato un rave-party per ematofagi.


martedì 1 settembre 2009

Ultimo giorno di lavoro prima delle ferie...

...e giuro che uscendo dall'ufficio mi sono commosso, tanto era lo stress in questo periodo, tanta era la gioia di averci messo uno stop.A domani per i saluti prima della partenza.