sabato 7 giugno 2014

dis-Equazione

La vittoria sudata e sofferta di Conchita Wurst all'Eurovision Song Contest sta all'Europa che, nonostante la crisi economica, non ha mai smesso di occuparsi dei diritti e dell'eguaglianza dei propri cittadini, nella stessa misura il cui il trionfo scontato di Cristina Scuccia a The Voice of Italy sta all'Italia renziana che, già molto indietro sul tema dei diritti civili in confronto al resto della comunità occidentale, con la scusa della crisi ha completamente cancellato dalla propria agenda ogni discussione sul tema.
La barba e l'abito da sirena di Conchita/Tom Neuwirth sono un invito a cercare la Bellezza aldilà dell'apparenza, ad amare se stessi e gli altri per quello che si è e nonostante le convenzioni, nella stessa misura in cui il velo da suora della Scuccia è un simbolo di mortificazione di sé e di omologazione al pensiero dominante.
La canzone che Conchita ha presentato all'ESC narra di rinascita e di riscatto, mentre il Padre Nostro così com'è stato proposto e svenduto nel finale di un pacchiano show televisivo è una resa incondizionata ad un dio arrogante che vuole tutti sottomessi e che non è certo quello raccontato nei Vangeli.
Io non so e non mi interessa sapere se Tom Neuwirth sia cristiano, ateo o buddista, ma per parte mia non ho dubbio alcuno che in un duello canoro tra Conchita e suor Cristina, Cristo tiferebbe per la drag queen.