giovedì 30 luglio 2009

(Non?) Posso stare senza

L'ultima volta che sono stato con qualcuno (e per stato, intendo quello che si può facilmente immaginare) era il 18 febbraio del 2007. Ricordo perfettamente il giorno, perché lo feci soprattutto per avere una data da ricordarmi, visto che sapevo che sarebbe arrivato un lungo periodo di vacche magre e che proprio in quei giorni la Hunziker andava raccontando a tutti i giornali che erano diciotto mesi che viveva in castità ed io allora pensai: "E se lo chiedessero a me, non ricordo nemmeno più l'ultima volta..."
Fu così che colsi al volo un'opportunità che ero riuscito a crearmi e consumai il mio fiero pasto. E, a parte un lieve sentore di soddisfazione per aver fatto cadere qualcuno nella mia trappola, non ricordo nemmeno molto di quell'ultima volta. Del resto, son trascorsi ben più che i diciotto mesi di Michelle.
Mi è venuto in mente questo splendido aneddoto perché (come ogni tanto capita, ma sempre meno spesso, per mia fortuna) mi sono fermato un momento a raccogliere idee e a pormi questioni. E tra le tante domande che non trovano risposta c'è questa: posso davvero stare bene senza una relazione, ancora a lungo? Senza amore e senza sesso...?
È l'ancora a lungo la chiave di volta. Perché è vero che, in questo preciso periodo che dura ormai da un anno e mezzo, non riesco a non associare la parola amore alla parola pena, mentre sesso va a braccetto con noia, per una serie di ricordi che non mi riesce di sgropparmi di dosso. Ma forse verrà un giorno (e spero che allora non si sia fatto già troppo tardi: i gay troppo spesso hanno una data di scadenza entro cui possono ancora sperare di [farsi] consumare, come lo yogurt)... forse verrà un giorno in cui le parole amore e sesso nel mio vocabolario potrebbero di nuovo ritrovarsi per un menage-a-trois con desiderio.
Vorrei sapere adesso il come ed il quando. Giusto per non farmi trovare impreparato. Come al solito.

martedì 28 luglio 2009

La maledizione malgascia

Vi è mai capitato, magari durante una pausa per il caffé, di essere presi allegramente in giro da un collega (non ricordo neanche più per quale motivo) e non trovare le parole per controbattere? Allora lui insiste e poi, beandosi della propria arguzia, chiede: "Beh, non hai niente da dire?"
Edgar: "A voce alta no, non dico niente... ma sappi che ti sto lanciando contro una maledizione malgascia"
Collega: "Maledizione malgascia? E in che consiste??"
Edgar: "È una formula in lingua malgascia. Hai presente il tizio più stronzo dell'ufficio? Entro poche ore te lo troverai alla scrivania, dietro le tue spalle, con una mole di nuovo lavoro da scaricare..."
Passano giusto un paio d'ore, ed il tizio stronzo sopraccitato in effetti si materializza alle spalle del collega e comincia con lui una conversazione fitta fitta. Quando se ne va, mi do una spinta e, senza alzare il posteriore dalla seggiola con le rotelline, mi trasformo in avvoltoio e mi accovaccio sulla spalla del collega. "Allora? La maledizione malgascia ha colpito, vero?"
Collega: "Come no! Una mole di lavoro enorme... ma son tutte incombenze per te..."
I pronomi personali, in lingua malgascia, sono proprio traditori.

lunedì 27 luglio 2009

Diva & Nonna: c'ero anch'io!

In molti hanno già raccontato in maniera sublime tutto il raccontabile del raduno organizzato dalla coppia sciroccata nello scorso fine-settimana (vedere qui, ancora qui, e anche qui).
Per parte mia, posso solo aggiungere una nota che mi riguarda. Per una sorta di compensazione karmica, in effetti, sono stata l'unica Diva cui è stata negata la possibilità di una coreografica entrata nel Giardino dell'Eden. Son sicuro che non sia stato un caso il fatto che, quando sono arrivato con la mia Barbamobile a metà pomeriggio, abbia trovato il cancello chiuso con un lucchetto e la villa deserta: i padroni di casa ed i loro ospiti più mattinieri, infatti, erano corsi a fare le ultime provviste per la grande abbuffata.
Per un paio di minuti ho pensato di essere stato vittima di una colossale presa in giro (con tanto di indirizzo falso sugli inviti), poi ho tentato invano di entrare nel parco attraverso le sbarre del cancello, con lo stesso magone di Adamo ed Eva (in un sol corpo) cacciati dal Giardino, rassegnandomi infine al fatto che la mia somiglianza con Barbapapà sta solo nel fisico e non nella malleabilità.
Ma va bene così, perché quando mi sono infine congiunto alla compagnia, dopo pochi minuti, ho potuto trascorrere delle ore bellissime.
Non sono capace di aggiungere altro: quando faccio la conoscenza di una persona meavigliosa, resto sempre a corto di parole. Questo weekend ne ho conosciute addirittura nove tutte insieme, di persone splendide. Mi si perdoni se, come qualcuno ha rilevato, in più di un'occasione mi è mancata la battuta. Confido che la mia gioia fosse esplicita nei sorrisi e nelle risate che invece non sono state lesinate.
Ringrazio pertanto tutti i presenti ed una volta in più la cara Tina per aver avuto con me una pazienza quasi... materna.

venerdì 24 luglio 2009

La vita è breve. Passo e chiudo

Avevo bisogno di voltare pagina e farmi una faccia nuova per il prossimo carnevale (cacchio, questa -quasi- citazione mi è venuta istantanea adesso sui due piedi e con l'arteriosclerosi che avanza al galoppo non riuscivo proprio ad attribuirla; per fortuna che c'è Google...).
Dove vado io quando devo voltare pagina e rilassarmi...?
Tempo due secondi perché possiate rispondere; se non sapete la risposta, non potrete partecipare nemmeno al casting del nuovo quiz di Mammuccari per il prossimo autunno, l'Edgarabanda...
La risposta giusta è: vado in centro.
Bando alle ciance, sono lì che passeggio, prendo un po' di sole e mi disidrato un attimo, ed inevitabilmente finisco con l'entrare alla Fnac (megastore di libri, musica, videogiochi, computer e macchine fotografiche). E sulla parete dei cd, tra gli album in evidenza, inaspettata e bella come sarà per sempre, appare lei: Valentina Giovagnini sulla copertina del suo album postumo, L'amore non ha fine.
Resto lì e sento che anche le lacrime sono lì lì per...
Cazzo, la vita è troppo breve per riempirsela (e per riempirla ad altri) di paranoie. Alzo bandiera bianca anch'io. Sorry.
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Nota. Per sua (s)fortuna, qualcuno ha deciso di rinunciare ad un passaggio sull'Edgar-mobail. Quindi se domani in autostrada superate un Barbapapà su di un'auto rossa e capite (dal labbiale o dalla scia di note, non so) che sta ascoltando a palla Valentina, o Lily Allen o Marina Rei, non perdete tempo a chiedervi chi possa essere.

Insy dixit

Volevo sfatare un mito.
Verissimo che quando mi metto in costume da bagno, io e Barbapapà siamo indistinguibili. Ma non è per la mia fisicità che il pensiero del rendez-vous di domani mi turba.
Un recente post del mitico Insy Loan (il ghei pù influente d'Italia) renderà il concetto meglio del fiume di parole con cui potrei travolgervi io: il fatto è che, ai tempi di internet, il mondo è veramente troppo piccolo.
Mettiamo caso che qualcuno carichi una foto della serata su Flickr o usi impropriamente un nick su FB. Mettiamo che per conseguenza il mio ex clicchi nel momento o nel posto sbagliato, mangi la foglia e tenti una semplicissima ricerca su Google... Non solo questo blog smetterebbe di essere aggiornato, ma in capo a qualche settimana leggereste di misteriosi ritrovamenti di resti umani in vasetti di marmellata sparsi per tutte le IperCoop d'Italia.
E buon appetito
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Orario decisamente insolito per me per un post infra-settimanale. Ma per oggi ho fatto convinto il mio responsabile di progetto ad aprire il cavigliere che solitamente mi tiene incatenato alla mia scrivania.
Non perché debba passare qualche ora dell'estetista, in previsione del già citato rendez-vous. Piuttosto devo andare a pagare il bollo dell'auto (ché sono in ritardo solo di tre mesi sulla scadenza) e poi passare a ritirare il passaporto. Che mi sarà utile a settembre per le ferie ma, nel caso, anche prima per sfuggire al marmellatificatore dell'IperCoop.
Perciò ora mi sbarbo e scappo.
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Il resto del post è stato rimosso dal Blogger.

giovedì 23 luglio 2009

L'ennesima pippa

Qualcuno per cortesia mi spieghi come posso continuare a scrivere in libertà ciò che mi passa per la testa, se ciò che sento di dover sviscerare riguarda proprio quel circolo di persone che dovrei incontrare tra un paio di giorni e che costituiscono il 90% dei lettori abituali del blog...
Dovrei chiudere questo blog ed aprirne un altro ancora, ma con un altro nick ed un altro titolo. Al nick potrei anche rinunciare (anzi, meglio sarebbe stato se l'avessi fatto un anno fa: sarei stato meno rintracciabile dal mio ex e dal mio passato, ed ora anche l'idea di due foto caricate in Rete mi spaventerebbe meno). Ma al titolo no: non potrei rinunciare, mi piace troppo.
Ragion per cui, mi devo auto-censurare. E basta.
Fastidio...
Che uno che legge potrebbe pensare: "ma allora perché accettare quell'invito? avresti potuto declinarlo ed il problema ora non l'avresti avuto...". Già, è vero: ma optare per la soluzione più logica e lineare non è stata mai una mia peculiarità. Sennò non avrei continuato a convivere con il mio ex altri due anni dopo che mi aveva lasciato...
Altro che vena di masochismo: qui l'intero apparato cardio-circolatorio ne è affetto. Bisogna che io lo ammetta.

martedì 21 luglio 2009

Chi sparge la voce, chi sparge letame, chi sparge le trecce morbide...

...per parte mia, stasera, mi limito a spargere qualche pensiero qui e là.
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Ogni volta che con un amico mi lamento del surplus di lavoro degli ultimi mesi, mi viene risposto, tra il serio ed il faceto, che non dovrei sputare sui quattro soldini in più degli straordinari e delle ore-viaggio. Sono fuori moda: ormai devo essere rimasto l'ultimo in questo Paese a preferire di "vivere" un paio di ore in più al giorno, piuttosto che accantonare un po' di denaro che mi vien comodo solo per gli sfizi. La cosa che mi sconcerta è che queste formichine che amano accumulare son le stesse che qualche giorno prima, magari, mi hanno quasi convinto che l'Italia della Crisi non risente. Ma se io sto bene e se tu stai bene, perché dobbiamo ammazzarci di lavoro...? Perché il lavoro nobilita, e punto?
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Per reazione all'insofferenza per il nuovo collega di cui sono vittima, i vecchi colleghi stanno conoscendo da vicino la mia terza personalità: quella STRONZA. In realtà è una recita, ma quel ruolo mi viene d'un bene.
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Grazie all'aria condizionata a palla che becco sul lavoro, mi è tornata la raucedine: una recidiva dell'infreddatura della scorsa settimana? Se così fosse, e se 'sto malessere segue il medesimo andazzo: domani sarò completamente afono; dopodomani la tosse secca mi piegherà le gambe; venerdì sarà la volta degli starnuti asciutti, e per il weekend sarò completamente farcito di muco. Sarebbe un'ottima (e, a mio insindacabile giudizio, validissima) ragione per restarmene asserragliato a letto fino a lunedì.
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Non sopporto di vedermi in fotografia. Credevo fosse facilmente intuibile dal fatto che non ho pubblicato una sola foto sul mio blog e sul mio profilo FB. Credevo.
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Non è nel mio stile tirare bidoni all'ultimo minuto. Ma il mio ex mi diceva sempre che ho un pessimo stile. Vedi mai che sia arrivato il momento di rinnovarsi...
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A proposito di stile, prima di settembre devo ricordarmi di acquistare un paio di sandali, almeno un paio di pantaloni larghi e leggeri, un berretto e magari qualche camicia a manica corta. Tutte cose che non indosso dall'ultima gita scolastica alle medie.
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Questo è uno dei miei rari post senza immagini né clip. Ciò che accomuna tutti questi pochi post, è la scrotociclosi di cui soffr(iv)o mentre li st(av)o scrivendo.
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Spargere letame tutto sommato non è così male.
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Nota Bene.
Trascorse ventiquattr'ore dalla pubblicazione di questo post, tempo più che ragionevole perché il polverone innalzato dalla vorticosa scrotociclosi possa sedimentare, il Blogger tenutario del Blog (di seguito, semplicemente Blogger), mentre si carezzava la lunga, morbida e biondissima coda di paglia, ha pensato bene che fosse il caso di precisare quanto segue:
l'80% di questo post, ivi compreso il titolo, è stato concepito nel primo pomeriggio, quindi diverse ore prima che il Blogger avesse modo di procedere alla rituale lettura dei blog che compaiono nella Blog-roll; pertanto, la citazione della parola "letame" nel titolo del post, parola che potrebbe essere intesa in senso spregiativo, è puramente casuale ed addebitabile unicamente ad un'innocente associazione di idee tipica della mente bacata del Blogger; onde ragion per cui nessun terzo tenutario di Blog(s) deve sentirsi minimamente preso in causa ed offeso da suddetto termine.
Spero che mi sono stato spiegato. Pace e bene.

domenica 19 luglio 2009

Hanno ucciso il mio ex...

...e credo che la polizia sospetti di me.
Infatti mi trovo in un angolo della mia stanza da bagno, seduto sopra il wc chiuso, e due ispettori di polizia, entrambi nell'impermeabile alla Colombo d'ordinanza, mi stanno facendo alcune domande, mentre alle loro spalle un altro paio di poliziotti mi sta perquisendo l'appartamento.
I due detective non hanno alcun appeal: sembrano usciti da una qualche serie poliziesca tedesca; anzi, uno potrebbe essere benissimo la versione quarantenne del fu Ispettore Derrick. Peraltro, ho la netta sensazione che le domande che mi stanno rivolgendo non siano particolarmente brillanti, soprattutto quando si soffermano sulla marca di dentifricio che uso abitualmente.
Dato che conosco tutta la verità ma ho giurato di tenere il segreto, mi sto gigioneggiando all'idea di dar loro qualche indizio qua e là, ma quando uno dei due mi porge una ciotola di latte con i cereali, capisco che i due sono già sulla buona strada. E che la mia reazione potrebbe incastrarmi...
Flashback.
Qualche ora prima, apro la porta di casa e mi ritrovo di fronte la dolce piccola (leggasi: nana) Lizzie. Non la vedo dalla cena post-maturità, e negli ultimi dodici anni non è cambiata di una virgola: un sorriso pacione che -lo si capisce ad uno sguardo- nasconde un paio di zanne pronte a lacerarti la carne (in senso figurato...). Nonostante tutto il tempo trascorso, ci salutiamo con un po' di scazzo. La faccio accomodare, le offro tè e pasticcini, e poi lei mi racconta come ha ucciso il mio ex...
Flashback.
Ian, il mio ex, sta mostrando a Lizzie il suo nuovo appartamento. Si conoscono perché sono colleghi di lavoro. E perché Ian ha appena soffiato a Lizzie il fidanzato. Fossi in lui -penso- non la lascerei tanto guardarsi attorno, a briglia sciolte, per tutta casa; invece Ian si mette al piano e le suona un pezzo, mentre lei ispeziona l'appartamento ed ogni tanto si ricorda di esclamare un "bravo!" "che bel pezzo!".
Ad un tratto, Lizzie sobbalza perché una porta si apre d'impeto: ne esce un grosso trolley, che evidentemente non aveva un fermo sotto le rotelle (il che mi fa supporre che l'appartamento non abbia un piano perfettamente orizzontale, oppure che si trovi su una nave, con il mare in burrasca...). Lizzie varca la porta che s'è aperta e scopre che si tratta di un vano-armadio, pieno zeppo di abiti, maglioni e giacche: appesi su stampelle, ripiegati su scaffali, stipati in scatoloni e valigie.
Lizzie esce dal vano, ed ora ha le fattezze di Lark Voorhies (l'afro-americana di Bayside School, la ricorderò solo io...). Raggiunge la cucina e lì, sul tavolo, vede una ciotola di latte e cereali: la colazione di Ian. Si china e da sotto il lavello estrae un grosso flacone bianco, che svuota nella ciotola. E comincia a ghignare...

A questo punto, mi sveglio. In quell'attimo di transito tra sogno e realtà, mi sento completamente solidale con Lizzie, perché mi viene in mente una cosa: il vero movente per l'omicidio non risiedeva nella gelosia, ma nell'invidia per quell'enorme vano-armadio.

P.S. In un primo tempo, a corredo del post avevo inserito il video di Murder on the dancefloor di Sophie Ellis-Bextor, ironico e glamour quanto bastava. Ripensandoci, questo mi pare più appropriato, anche perché non escludo possa, in qualche modo, aver influenzato il mio subconscio.

venerdì 17 luglio 2009

Modalità Stand-by

Mi è capitato, qualche giorno fa, di trascorrere alcune ore in una sala d'attesa.
Ed in ogni sala d'attesa del mondo c'è lei: la signora anzianotta che borbotta contro le ragioni della propria attesa. Che in un primo tempo non trova la solidarietà che si aspetta, nè convince alcuno a lasciarle dar la scalata alla lista d'attesa, e perciò si scalda e prende ad inveire contro chi la lascia ad aspettare, soprattutto quando si tratta di medici ed infermieri. Poi finalmente trova qualche anima pietosa (generalmente tra le ultime persone entrate nella stanza) che le dà spago, le permette di sfogarsi, le fa fare quattro chiacchiere e cambiare discorso e, talvolta (quasi sempre), fa sì che i presenti scoprano che l'anzianotta tutto 'sto motivo per stare ad attendere non l'ha, tantomeno ha alcuna buona ragione per pretendere di passare avanti gli altri.
Per parte mia, alla fine della mia lunga e paziente attesa, ho realizzato in semplicità quanto questa fase della mia vita somigli tanto ad una sala d'aspetto.
Cantava Baglioni che questo mondo è un'immensa sala in cui aspettiamo e che il futuro è qui davanti o già dietro le spalle.
Ed io in effetti sono qui, in una prolungata modalità di stand-by. Attendo. Che la manna mi cada dal cielo o che dal cielo cominci a piovermi addosso merda, non importa: ciò che conta, pare, è che non debba essere io a scegliere quale direzione dare alla mia vita.
E mi lascio ad aspettare. Tanto, o prima o poi, chiameranno anche il mio numeretto.

lunedì 13 luglio 2009

Uso improprio di un post

Il mio nuovo collega (quello che somiglia a Mario Giordano, ma un po' anche a Ricky Memphis in quella scena di Distretto di Polizia in cui stava spatasciato sull'asfalto...) mi sta davvero sulle tolle...
Ma davvero davvero!
Ma davvero davvero tanto!
Ma tanto ma tanto ma tanto!!
Ma tanto un casino!!!!
Tantissimo!
Tantissimissimissimo!!!
Davvero un cifra!
...
...
...
Ecco, lo sapevo: ora va meglio.
:)

domenica 12 luglio 2009

E non si dica "Figli di un Dio minore"

Mi capita spesso di leggere post, incrociarne parole e contenuti e, successivamente, rielaborare quest'ultimi per produrre qualcos'altro... Qualche giorno fa ho letto questo posatissimo post di Elfobruno sull'omogenitorialità, ed in particolare i commenti ad esso; ieri, Gan ha scritto d'impeto quest'altro post su Giuni Russo paragonandola alla dea Athena...
Così, mentre mi giravo e rigiravo nel letto a causa (forse) di un ricco piatto di riso un po' troppo speziato, stanotte ho realizzato che il nome Athena sarebbe perfetto per la figlia di una coppia gay.
Athena, la Vergine Sempiterna, era una delle massime divinità femminili della Grecia classica, seconda per importanza forse solo ad Hera, la potente sposa di Zeus, il Re degli dèi che di Athena era il padre. Athena era contemporaneamente la dea della sapienza, dell'arte bellica e delle arti tessili, patrona delle scienze e delle invenzioni tecniche, protettrice della città di Atene e consigliera di eroi come Eracle ed Odisseo.
Secondo Katiuska Mariotti, autrice di un Nuovissimo Libro dei Nomi, il nome Athena deriva da una voce del verbo greco thao (=allattare) preceduta dal suffisso privativo a-, e perciò significherebbe colei che non venne allattata. Quest'interpretazione si spiega con il mito che riguarda la nascita della dea.
Crono era il Signore degli déi in carica: aveva spodestato il padre Urano evirandolo e, temendo di fare la stessa brutta fine, divorava i propri figli appena nati. Solo il piccolo Zeus si salvò, poiché la madre l'aveva nascosto ed aveva dato in pasto a Crono un macigno; come il sovrano degli dèi temeva, una volta divenuto adulto Zeus si presentò al cospetto del padre e gli fece bere un veleno che gli era stato fornito dalla bella ninfa Metis. Crono vomitò subito i figli che aveva ingoiato, e con il loro aiuto Zeus mosse guerra al padre, vincendolo ed imprigionandolo nelle profondità della terra.
Appena divenuto il nuovo Signore di tutti gli déi, Zeus pensò bene di festeggiare facendo l'amore con Metis. Quest'ultima era una delle tremila figlie dell'Oceano, se non la più bella, certo la più intelligente: il suo nome infatti significava astuzia o prudenza; ed un oracolo aveva predetto che il figlio da lei partorito sarebbe divenuto più potente del suo stesso padre. Temendo di finire spodestato come il padre e come il nonno, Zeus, dopo aver "giaciuto" con Metis, la convinse a trasformarsi in una goccia d'acqua e quindi la ingoiò.
Ma Metis era già rimasta incinta e, dato che era una ninfa previdente e teneva in buon conto gli oracoli, pur essendo prigioniera dentro il corpo di Zeus, per il bimbo che le sarebbe nato cominciò a forgiare un'armatura, a colpi di martello. Tutto quello sferrragliare provocò un gran mal di testa al potente Zeus. Il fido Prometeo (lo stesso che in seguito avrebbe rubato il fuoco agli déi per farne dono agli uomini) con un'ascia aprì il cranio di Zeus per vedere cosa vi stesse accadendo, e da quella ferita (che si sarebbe presto richiusa, data la natura immortale degli déi) nacque la bellicosa Athena, già munita di elmo, scudo e corazza, mentre Metis rimase per sempre nascosta nel cervello di Zeus ed ogni tanto, nei momenti di necessità, egli ne sentiva la voce fornirgli giudiziosi consigli.
Nonostante la profezia, Zeus e la figlia Athena non entrarono mai in conflitto: lei era la primogenita e restò sempre la prediletta del Sovrano degli déi, proprio per la straordinaria saggezza e la sconfinata conoscenza di cui la Sempiterna Vergine diede prova.
Al contrario, Hera, che nel frattempo era divenuta la sposa di Zeus, s'ingelosì non poco del fatto che il marito avesse generato un figlio senza madre. E per ripicca decise di fare lo stesso, partorendo un figlio senza l'ausilio di un padre. Le nacque il dio Efesto, che sarebbe divenuto il Dio-Fabbro, grande conoscitore dell'arte della metallurgia (e, in senso lato, patrono di noi metalmeccanici...). Ma il piccolo Efesto era brutto, zoppo e peloso, e la Regina Hera, vergognandosi di quello che gli altri déi avrebbero potuto pensare, lo gettò giù dall'Olimpo. Solo in seguito, divenuto adulto ed appresa dai Ciclopi l'arte di battere il ferro, Efesto tornò tra gli altri déi, dopo essersi preso una sottile vendetta nei confronti della madre.
Quindi, se Athena potrebbe essere un nome perfetto per una bimba cresciuta da una coppia gay, sconsiglio vivamente Efesto per il bimbo di una coppia lesbica. A quest'ultima suggerisco piuttosto il nome Arturo.
Ancora di mitologia greca stiamo parlando, ed ancora parliamo di una delle tante passioni di Zeus, che un giorno s'invaghì della ninfa Callisto (il cui nome significa bellissima), che faceva parte del nutrito seguito di Artemide, dea dei boschi e della caccia, ancor prima che dell'astro lunare, e votata anch'ella come Athena ad una perpetua verginità: perciò Callisto, quale membro del suo entourage, era tenuta essa stessa a preservarsi vergine.
Dopo essere stato più volte respinto, Zeus decise di avvicinare Callisto assumendo le sembianze di Artemide. In tali fattezze la amò e (non c'è dato sapere tecnicamente in quale modo) Callisto rimase incinta. La vera Artemide aveva l'abitudine di fare il bagno con tutte le sue ninfe insieme, ben nascoste da occhi indiscreti nelle profondità dei boschi, e, vedendo un giorno Callisto nuda, non impiegò molto ad accorgersi ch'ella era venuta meno al voto di castità. Non le permise nemmeno di giustificarsi (invidia? acidità da perpetua verginità?) e la trasformò in un'orsa.
L'orsa portò comunque a termine la gravidanza, ed il bimbo che le nacque venne trovato ed allevato da dei cacciatori, che gli imposero il nome Arcade (=il figlio dell'orsa). Arcade crebbe senza sapere nulla della tragica sorte della madre; divenne uno dei più abili cacciatori ed un giorno nei boschi incrociò un'orsa, che guarda caso era proprio Callisto. Un attimo prima che Arcade potesse scoccare la freccia ed uccidere la madre, gli déi si mossero a compassione (specialmente Zeus ed Artemide) e trasformarono l'orsa ed il figlio in astri: Callisto divenne la costellazione dell'Orsa Maggiore, mentre Arcade prese a brillare come la stella Arturo (=la coda dell'Orsa), che in effetti si trova sul prolungamento dell'arco formato dalle stelle dell'Orsa.
Athena ed Arturo erano dunque figli dell'Onnipotente Zeus, altro che figli di un Dio minore...
Fuori dalla mitologia, in ambito cristiano, faccio presente che esiste un unico Dio, per cui l'espressione figli di un Dio minore non ha alcuna ragion d'essere.
E dato che ogni uomo/donna è uguale agli altri, agli occhi di Dio come agli occhi dello Stato, è consequenziale credere fermamente che non esistano famiglie di serie A e famiglie di serie B. Anche se spesso, troppo spesso, troppi servitori dello Stato e troppi servitori di Dio fingono di scordarsene.

sabato 11 luglio 2009

Prova di esistenza in vita del blogger

No, non sono ancora stato rapito da un UFO, né sono ancora partito per le vaa-caaa-nNZEEEEE (da pronunciarsi rigorosamente riecheggiando la Giuni Russo di Un estate al mare...)
Da un paio di mesi (credo di averlo già scritto), lavoro in trasferta presso un cliente ed ogni mattina (ed ogni sera) mi sobbarco un'ottantina di chilometri d'autostrada per raggiungere l'amena cittadina di Torri di Culo (la grafia ufficiale sulla cartellonistica stradale è Torri di Q.lo, ma, dato l'affetto che mi lega a questo luogo in Q.lo al mondo, mi pare d'uopo italianizzare il francesismo...)
Non intendo lamentarmi per il chilometraggio (e so che c'è chi macina anche percorsi più lunghi o meno comodi per portarsi a casa lo stipendio). Ma è un dato di fatto che i tempi di percorrenza e soprattutto la maggior concentrazione che il nuovo lavoro mi richiede, diminuiscono il tempo libero in generale e soprattutto il tempo che posso dedicare a meditare un post.
Per non parlare del fatto che proprio ieri sera, a causa di una scadenza che pareva non ulteriormente rinviabile, sono rincasato alle dieci di sera ancora digiuno (ed in nove anni di onorata carriera al servizio dell'azienda, è stata la prima volta che ho superato le quattro ore di straordinario... manco di sabato!).
Quest'ultima, insomma, è stata una settimana particolarmente intensa: a parte una piacevolissima parentesi giovedì sera (con un aperitivo coi colleghi che s'è trasformato in una cena ad oltranza a base di bruschette prima, ed involtini primavera poi), ho avuto ben poco tempo per avere una vita sociale, figuriamoci per aggiornare il blog.
Ma forse è stato meglio così per gli ormai pochi ed esausti lettori superstiti, che così si sono risparmiati di leggere il resoconto moccio per moccio dell'infreddatura causata dai continui ed improvvisi sbalzi di temperatura dei giorni scorsi, che prima mi ha privato della voce, poi ha riempito cestini e cestini di fazzolettini; ed un paio di sere fa, gli stessi lettori sono stati salvati da un cazziatone isterico ad indirizzo terzi, che se la prendeva con chi ha la mala abitudine di caricare su FB le proprie foto e di taggare chi altri vi compare senza chiederne preventivamente il parere. Che male c'è? C'è che l'altra sera mi sono ritrovato nella cassetta postale elettronica il messaggio di un emerito sconosciuto che all'apparenza voleva farmi sapere, via FB, che avermi incontrato era stata un'esperienza esaltante, da ripetere quanto prima; il tempo di un paio di click (tempo più che sufficiente per far correre la mente a tutte le serate mondane cui ho partecipato recentemente, senza recuperare la benché minima reminescenza di flirt o possibili ammiratori in pectore) e poi scopro che in realtà lo sconosciuto aveva lasciato un commento sotto la foto di un'amica, reale destinataria del messaggio. La quale, detto per inciso, aveva caricato un'immagine mielosa e smielata in cui invero nemmeno apparivo, ma lei aveva taggato me insieme a tutti gli amici della sua lista, perché vi lasciassimo tutti un commento in cui avremmo potuto lodare le gioie dell'averla come amica, e quindi leggere tutti le lodi dell'uno e dell'altro... Oh sì, oh quanto la adoro, particolarmente quando ha queste brillanti trovate...
Comunque, questo è tutto. Avrete presto altre mie notizie, insieme (forse) a tutte le indicazioni su come e dove recapitare il riscatto. Inutile dire che è meglio per tutti se non avvisate la polizia.

domenica 5 luglio 2009

Claudio Baglioni & Mia Martini - Stelle di stelle

Come Sally...

...continuo a camminare per la mia strada, cercando di capire il senso di questo vagare.
E guardo la gente con aria indifferente, perché l'indifferenza è l'unica arma che mi è rimasta...

Nei panni di una bionda


Nemmeno Rupert Everett ha resistito alla tentazione di entrare anima e corpo nei panni di una lady...
In St. Trinian's di Oliver Parker (che l'aveva già diretto in Un marito ideale e L'importanza di chiamarsi Ernesto), Everett interpreta la bisbetica direttrice di un collegio femminile. Il film del 2007 è in uscita a breve nelle sale italiane. (la fonte ed la scheda/trailer)