lunedì 12 maggio 2014

Rise like a phoenix

Pare che tra i tanti detrattori di Conchita Wurst, oltre ad omofobi di ogni nazionalità ma in particolare russi e putiniani, si possa da oggi annoverare anche la signorina Emma Marrone, che avrebbe pubblicamente commentato "Senza barba non avrebbe alcuna chance, siamo seri"; l'invidia tra colleghe ci sta e sarebbe più che comprensibile se la Marrone in rappresentazione dell'Italia non avesse portato sul palco dell'Eurovision Song Contest una canzone dimmerda, addirittura peggiore di quello scempio filologico-musicale che le fece vincere un Festival di Sanremo qualche anno fa.
Nel corso della giornata ho seguito alcune conversazioni su Facebook e letto diversi commenti in coda ad alcuni articoli che annunciavano il trionfo della donna barbuta. Squallido fenomeno da baraccone è stata una definizione in cui mi sono imbattuto più volte, tradotto pure in inglese su YouTube con il termine freak.
Eh sì, la donna barbuta è davvero il più classico dei freak, i mostri da circo che suscitavano curiosità e raccapriccio nei secoli passati. Ma l'arena di Copenhagen in cui s'è tenuto lo show canoro cos'è se non la moderna evoluzione di un tendone circense? Ed un personaggio dello spettacolo dei giorni nostri, che canti, balli o conduca talk-show, cos'è se non un erede ammodernato di un qualche freak? E non campa d'applausi allo stesso modo in cui i fenomeni da baraccone campavano del prezzo dei biglietti d'ingresso...?
Conchita Wurst è un fenomeno da baraccone, sì. Un baraccone che è chiamato show-business, di cui è stata incontrastata regina almeno per una notte, in quel di Copenhagen. Una meravigliosa regina.
Pertanto non è l'utilizzo un poco a vanvera di quella locuzione che mi ha infastidito. Quello che mi ha dato davvero noia è stata l'apertura di tavole rotonde in cui la D'Urso di turno chiedeva agli ospiti di un salotto virtuale: ma ha davvero vinto per merito, per le proprie doti canore, o non piuttosto per il modo fuori dagli schemi con cui si presenta? E poi ancora: dare al vittoria ad un artista solo per quello che rappresenta, non è squallido nello stesso identico modo in cui lo è avversarlo per la stessa ragione?
Come se non fosse un lampante caso di discriminazione il fatto stesso che questi fini pensatori insinuino certi dubbi nel caso di un freak e nessuno degli stessi abbia messo in dubbio la bravura della vincitrice dello scorso anno, la graziosa biondina Emmelie DeForest, oppure la vittoria (meritatissima a parer mio) di Arisa a Sanremo. Affatto, per questi maestri della filosofia spiccia il trionfo di una drag queen non può avvenire per meriti artistici ma solo per compassione. Peggio forse, per un malinteso buonismo, un rigetto dell'omofobia tanto violento da tramutarsi esso stesso in aperta intolleranza.
Poi scopri che chi esprime questi illuminati pareri, non ha dato una occhiata allo spettacolo in tivù, ma ha capito perfettamente tutto dallo slide-show su Repubblica.it...
Bene, io la diretta l'ho vista, le canzoni finaliste me le sono sorbite tutte e ventisei. Ed alla fine ho televotato. Cinque i voti a mia disposizione.
Un voto allo svizzero Sebalter, perché la sua canzone era molto orecchiabile e lui era davvero tanto telegenico.
Un voto alla svedese Sanna Nielsen, per la bella canzone che infatti s'è posizionata in terza posizione.
Un voto a Conchita, anche a lei per la bella canzone.
A questo punto le belle canzoni erano terminate.
Ho espresso un secondo voto per Conchita in omaggio all'interpretazione. Perché una canzone che parla di un amore che abusa fisicamente e/o psicologicamente e di una successiva rinascita, poteva benissimo essere intonata da una donna (e penso alla Gloria Gaynor di I will survive, a Celine Dion come ad Adele) ed in quel caso avrebbe fatto venire giù il teatro ma non sarebbe stata che l'ennesima sentita interpretazione tra tante, ed invece interpretata da un uomo travestito, con il garbo ed il pathos resi dalla voce di Conchita, è stata un pugno allo stomaco così forte per me da farmi venire davvero i lucciconi.
Il mio ultimo voto è andato ancora a Conchita, stavolta sì in barba ai suoi detrattori. Perché la musica e lo spettacolo hanno (ed è più che giusto che l'abbiano) anche una valenza politica. Una canzone non è solo una canzone, lo spasso di tre minuti. Una canzone ha il diritto di diventare un pezzetto di storia se ne possiede i meriti.
E sinceramente Rise like a phoenix a mio parere lo merita. Perché ci ricorda che possiamo cambiare e riscattarci, avendo alla fine ragione di chi in passato ci ha sopraffatti con la violenza, l'intolleranza, il diritto del più forte a discriminare le minoranze.
E se ce ne rendiamo conto e ci crediamo, We are unstoppable.



Waking in the rubble
Walking over glass
Neighbors say we’re trouble
Well, that time has passed

Peering from the mirror
No, that isn’t me
Stranger getting nearer
Who can this person be?

You wouldn’t know me at all today
From the fading light I fly

Rise like a phoenix
Out of the ashes
Seeking rather than vengeance
Retribution
You were warned
Once I’m transformed
Once I’m reborn
You know I will rise like a phoenix
But you’re my flame

Go about your business
Act as if you’re free
No one could have witnessed
What you did to me

Cause you wouldn’t know me today
And you have got to see
To believe
From the fading light I fly

Rise like a phoenix
Out of the ashes
Seeking rather than vengeance
Retribution
You were warned
Once I’m transformed
Once I’m reborn

I rise up to the sky
You threw me down but
I’m gonna fly

And rise like a phoenix
Out of the ashes
Seeking rather than vengeance
Retribution
You were warned
Once I’m transformed
Once I’m reborn
You know I will rise like a phoenix
But you’re my flame

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