Due parole sbagliate possono ferirti. Due scarpe sbagliate ti uccidono...
giovedì 28 gennaio 2010
martedì 26 gennaio 2010
Pop porno - Il post di cui mi vergognerò per il resto dei miei giorni da blogger
Già l’ho scritto: il sesso non mi manca poi tanto.
E non perché, nell’attesa di una relazione, io supplisca al sesso con attività ricreative solitarie particolarmente soddisfacenti.
Sì, lo confesso: non sono il primo e non sarò l'ultimo a dichiarare di accedere spesso e volentieri a siti un po’ porno… alcuni anche molto porno. Però dovete credermi quando dico che non ne traggo piaceri particolarmente intensi, anzi: il più delle volte certi filmati mi fanno cascare le pal…pebre. Ché generalmente questi attori professionisti non sono granché bravi, non sono capaci ad entrare nella… parte e si capisce da distante che il loro unico scopo è di venire bene nell’obiettivo (e quest'ultimo doppio senso non era assolutamente voluto…).
Ma la verità è che il sesso fine a sé stesso non mi garba, guardato ancor meno che praticato.
E lo ammetto: in tre anni intensi intensi, in cui copulare era all’ordine del giorno, la pratica è rimasta ferma ai fondamentali: tre-quattro posizioni con variazioni di ruolo ma ben poca fantasia. Perché il mio partner, molto più esperto del sottoscritto, probabilmente proprio perché ne aveva provate tante e tanti, aveva stabilito come preferiva farlo lui: mi aveva insegnato il minimo sindacale, e poi via di schemi tattici collaudati. Poche variazioni. Tanto il sesso è una cosa, l'amore un'altra, vero?
La cosa più strana che mi sia stata praticata è stato del sesso orale mentre ero alla guida (da rotatoria A a rotatoria B e ritorno e ritorno e ritorno e… “accosto un attimo”), che a memoria è stata pure l’unica volta che non abbiamo consumato in casa.
E pure in casa, un buon 90% delle volte tutto è stato espletato a letto, e ben poche altre volte (e piuttosto frettolose) su un divano. Giusto una sera che avevamo ospiti in soggiorno, s’è tentato di farlo su una rampa di scale; ed un'altra volta in un disimpegno totalmente al buio, a ridosso della lavatrice (ma solo perché nascostomi nel buio avevo teso un vero e proprio agguato). Però mai, che ne so?, nella vasca da bagno o nella doccia (e dire che nel vecchio appartamento avevamo un box-doccia tanto spazioso…).
Ma no, perché preferiva farlo all’asciutto, nelle situazioni canoniche, e possibilmente completamente svestiti… ché, al contrario, i videoporno in cui gli attori restano mezzo vestiti son quelli che mi garbano di più.
La cosa che più mi arrecava fastidio era che, in quei particolari frangenti, mi si chiedeva di parlare, di esprimere opinioni e possibilmente mettendoci convinzione… Che barba, che noia: in fondo in fondo, credo di avere anche i miei buoni motivi se il sesso non è il mio principale rimpianto.
L’unica iniziativa che mi era lecito prendere riguardava il sesso orale: lui sosteneva che l'avevo imparato bene ed in fretta. E, non per vantarmi, in quell’arte ci vuole estro, perché altrimenti rischi che il tutto ti vada di traverso. Avete notato che molti attori son tutt’altro che bravi? che magari fingono di ingoiare, ingoiano troppo oppure troppo poco, e magari spesso lavorano più di mano che di collo…? Principianti…
No no, altro che videoporno. Devo riconoscere che, in questa solitudine, traggo maggiori soddisfazioni dalle fantasie oniriche del sabato mattina, nel dormiveglia, quando l'immaginazione ed il sogno raccontano, inframmezzando le loro voci, di principi azzurri dai grossi spadoni, di guardacaccia dietro i faggi ed idraulici sotto i lavelli, di ormoni di mormoni alla porta...
giovedì 21 gennaio 2010
Passato remoto
In questi giorni su Facebook sono stato contattato dalla mia professoressa di matematica e fisica del secondo triennio delle superiori. La cosa mi ha fatto specie!
Quando ho trovato la richiesta d'amicizia, ho impiegato una mezz'ora buona a capire che si trattava di lei; quel nome non mi accendeva alcun ricordo, tanto meno mi aiutava la foto: in fondo, son passati quasi quattordici anni dal mio diploma, lei allora era al suo primo incarico nel nostro Liceo e noialtri saremmo stati la prima classe che lei avrebbe condotto alla maturità. Era poco più che una ragazzina, ora è una signora: insegna ancora in quel Liceo, dove ora però studia suo figlio, il frutto dei suoi stretti lombi, che, ricordo, andammo a trovare quand'era appena nato e noialtri neppure diplomandi.
Noialtri...
Sono trascorsi quasi dieci anni dall'ultima volta che ho incontrato qualcuno di quel noialtri. All'epoca io ero appena appena impiegato nell'azienda dove lavoro ancora oggi, e molti membri di quel noialtri ridacchiavano placidamente di me e del fatto che avessi lasciato l'Università al secondo anno, nonostante gli insegnanti (e la prof di mate davanti a tutti) mi ritenessero una bella speranza; altri ghignavano alle spalle dell'unico di noialtri che stava per laurearsi in filosofia: quale utilità poteva trarne, chiedevano.
All'epoca, a quattro anni dal diploma, circa un quinto di noialtri era prossimo alla laurea; una sola era sposata, laureata e con figlio in arrivo. Una stava studiando il giapponese e si apprestava a partire per Tokio; gli altri erano dentisti, ingegneri ed architetti in divenire.
Scopro di non essere affatto curioso di sapere che fine abbiano fatti, se abbiano realizzato i loro progetti, se siano felici e sereni. Realizzo di non aver pensato a loro nemmeno per un totale di cinque minuti in dieci anni: quando la mia mente tornava agli anni delle superiori, ne riportava immagini solo di me che spasimavo per il compagno di banco, di me che facevo i compiti solo dopo la puntata di Non è la Rai oppure di me che insultavo il prof di chimica. Gli altri non apparivano, quasi mai.
Mi chiedo se non dovrei almeno mettermi a curiosare tra i profili di Facebook, per scovare qualcuno di quei ragazzetti e cercare di capire che uomini e che donne son diventati. In fondo, Facebook era stato progettato proprio per questo.
Ma me lo chiedo per un attimo soltanto. Peraltro, se non ci si vede né ci si sente da dieci anni, qualche ragione ce l'avremo, noialtri.
lunedì 18 gennaio 2010
Ennesima eclisse *
In certi momenti mi chiedo se sono davvero interessato a lasciarmi coinvolgere in un rapporto amoroso di qualsivoglia natura. Perché sì, ho il mio bel sogno romantico che talvolta mi tiene compagnia, fantasie effimere di assaggi d’eterno, fotografie di un generico noi a ridere insieme, a cantare insieme le canzoni in macchina, appisolati l’uno nelle braccia dell’altro, a stantuffarci l’uno dentro l’altro.
Ma mentre spero, mentre sogno, avverto chiaro un retrogusto d’irrealizzabile. Sento quasi per certo che io non sarò là, che sarà qualcun altro a vivere quello che io resto a sognare. Perché non ho la voglia né il coraggio di rimettermi a giocare questo gioco.
Raccontarmi nuovamente, parlare ancora di progetti, mettere di nuovo in stand-by quel che mi diverte fare perché qualcuno si aspetta giustamente di essere il mio principale se non unico interesse...
Grazie tante ma ho già dato, e se devo dare un valore a quel che ne ho guadagnato, ci son state solo perdite.
Non riesco più a concepire l’idea di dare in mano ad uno sconosciuto le chiavi dei miei cassetti: non sopporterei che qualcuno vi sbirciasse per poi richiuderli e riderne con altri, com’è accaduto. Voglio essere lasciato in pace, a macerare da solo nel mio brodo, senza nemmeno sentirmi in obbligo di aggrapparmi alla speranza, probabilmente vana, che due mani dalla presa salda, oppure due occhi blu di metilene, giungano un giorno a salvarmi dal mio lento consumarmi.
* ENNESIMA ECLISSE (C. Consoli)
In effetti sembra notte fonda
L’ennesima eclisse tra un dolore e un altro
Quaggiù all’inferno s’invecchia, l’aria è più accesa
Quaggiù all’inferno si cambia più spesso rotta
Nessuna beata certezza né l’ombra di commovente pietà
Non pensare che sia distante
Da qui vedo la tua casa
In effetti tra un girone e un altro
Cercavo i tuoi occhi blu di metilene
Quaggiù all’inferno perpetua croce e delizia
Quaggiù all’inferno si sconta l’aspra e inflessibile sentenza
Tra gli inferi il dubbio serpeggia
Nessuna beata certezza né l’ombra di commovente pietà
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giovedì 14 gennaio 2010
Minimalia
#1. Che la mia vita si componga di cicli e ricicli circolari è assodato. Uscito dall'ossessione per i biscotti all'avena svedesi (per fine delle scorte, non perché mi siano ancora venuti a nausea), ora ho sviluppato una dipendenza psicologica dagli amaretti. E passate le feste ed archiviata la monomania per Moderato in RE minore, da giorni ascolto in loop una vecchia canzone di Paola Turci. Sognando di volare via...
#2. Dopo quindici anni che armeggio con i computer, quasi dieci che per lavoro siedo ogni giorno davanti ad una di queste macchine infernali, scopro oggi che il tasto con il logo Windows ha una sua ragion d'essere e non sta sulla tastiera per decorazione. Non si finisce mai d'imparare...
lunedì 11 gennaio 2010
Maga maghella
Una persona con cui ho condiviso tanto tempo amava passare le serate a guardare le cartomanti in tivù...
La preferita era lei: Nicoletta Paciaroni, l'unica, la più grande, "non ce n'è un'altra come me".
La preferita era lei: Nicoletta Paciaroni, l'unica, la più grande, "non ce n'è un'altra come me".
Sbattere il telefono in faccia a chi non comprende la sua unicità, dopo quindici e passa anni di celebrata carriera, è da sempre una sua nota distintiva...
La sua unicità, talvolta, non ha nemmeno bisogno di parole per palesarsi.
giovedì 7 gennaio 2010
Buoni propositi Reloaded
In sostituzione del caduto buon proposito n°10, ho pensato che potrei impegnarmi per imparare una coreografia nell'improbabile caso che quest'anno fossi obbligato (dietro pressante ricatto) a mettere piede in un locale da ballo.
Ho scelto la machissima coreografia pensata per la canzone dell'estate francese 1979: (Monday, Tuesday...) Laissez-moi danser.
In particolare, ho deciso di prendere a modello il machissimo ballerino con la maglietta rossa. Una volta imparati da lui i passi-base, non dovrebbe essere troppo complicato adattarli a qualsiasi pezzo disco.
I miei 10 buoni propositi per il 2010
- Trascorrere più tempo con mio nipote, il TopO.
- A cena con i miei, non ghignare di nascosto cercando lo sguardo complice di mia madre ogni volta che mio padre dice un’enormità delle sue.
- Al lavoro, non ghignare di nascosto cercando lo sguardo complice di un collega qualsiasi quando StoCaCaCazzi dice un’enormità delle sue.
- Trascorrere più tempo al computer ma meno in internet (e soprattutto in Farmville).
- Finire di leggere tutti i libri che ho cominciato e lasciato a metà.
- Acquistare una macchina fotografica e prenderci finalmente confidenza.
- Ricambiare ogni singolo sorriso.
- Non voltarmi da un’altra parte ogni volta che incrocio lo sguardo di un ragazzo carino.
- Fare del sesso.
- Non dire, fare, baciare, postare alcunché di cui potrei ragionevolmente pentirmi in un arco di tempo inferiore alle ventiquattr’ore.
Bene, andato bell'a remengo il proposito 10, posso concentrarmi sui precedenti nove.
martedì 5 gennaio 2010
Urta di qua, urta di là
A pranzo, senza volerlo, ho urtato la suscettibilità di una collega.
OcchiAMandorla, ragazza buona e bella ma un poco particolare (nel senso che le capita spesso di prendersi troppo sul serio, a fronte di una ingenuità genuina ma d’altri tempi), stava cercando di spiegarmi il concetto per me tutto nuovo di vigile ecologico, mentre io, un poco perché davvero non riuscivo a comprendere di che parlasse, un poco per buttarla in caciara, mi ostinavo a farle e rifarle le stesse domande, dando ad intendere ai ragazzi che sedevano al nostro stesso tavolo che la stessa OcchiAMandorla avesse non pochi problemi ad esprimere i propri concetti. Doveva essere un gioco, ma la ragazza s’è palesemente adombrata e, pochi minuti dopo, quando il tenero Micio le ha riproposto il tiro su tutt’altro argomento, OAM ha troncato la conversazione, s’è alzata dal tavolo e ci ha piantati tutti lì a chiederci se davvero avessimo esagerato.
La verità (con la v minuscola) è che il livello di suscettibilità di ogni singola persona, non solo è altamente soggettivo, ma è anche soggetto a luogo, tempistica e situazione. E pertanto, ciò che a chiunque altro sarebbe parsa come una bonaria presa per i fondelli, da OAM è stata probabilmente vissuta come una crudele burla che faceva leva su un suo malcelato (ed assolutamente ingiustificato) senso d’inadeguatezza. Quello che a qualcuno appare banale e scontato, per qualcun altro può essere particolarmente rilevante.
Un paio d’ore più tardi, mentre si prendeva un caffè, ancora Micio, ad esempio, riportava una battuta provocatoria da lui pronunciata sotto Natale: “Perché non alzi il tuo culone e non vieni a dirmelo in faccia?”. Se la pensate rivolta ad un suo compagno di bevute, potreste immaginare l’interlocutore alzarsi da una sedia e misurargli scherzosamente un pugno; ma se la stessa frase fosse stata rivolta ad una ragazza con il complesso del sedere grosso, l’avreste probabilmente vista avvampare in volto, serrare le labbra e magari strizzare gli occhi subito inumiditi. Ed invece Micio, che nel tempo libero dedica qualche ora a settimana a guidare un pullmino per una cooperativa dei servizi sociali, ha rivolto quelle parole ad uno dei ragazzi con gravi problemi motori che stava accompagnando in giro. Ed è chiaro, credo, che la reazione di quest’ultimo soggetto potesse esprimersi in una larga gamma di azioni e frase diverse, in base ad una suscettibilità individuale dettata da fattori diversi e razionalmente imponderabili (dall’umore del momento al carattere, dalla stanchezza alla gravità dell’handicap ed al peso che soggettivamente la persona gli dà, giusto per dire).
Oggi pomeriggio riflettevo su tutto questo –eh sì, giornata lavorativa particolarmente free quella di oggi– e sulla strana sensazione di disagio piovutami addosso ieri sera, nell’apprendere di un evento tra blogger tenutosi qualche giorno fa a mia totale insaputa. Evento che aveva tutto il diritto di tenersi a mia insaputa, sia ben chiaro, e cui comunque non avrei presenziato, ma che, senza che alcuno lo volesse e visto il particolare momento, ha urtato e fatto sonoramente vibrare le tesissime corde della mia suscettibilità, con ripercussioni sul mio riposo notturno e di conseguenza sul mio umore odierno, fattosi ancor più cupo del solito, come dimostrato ampiamente da queste elucubrazioni.
Perché è vero che tutto sommato io ho assorbito, meglio di quanto potessi aspettarmi, l’urto della immotivata fine di ogni mio rapporto con l’unica persona che abbia visceralmente amato –la cancellazione dai contatti su Facebook è stato solo l’ultimo atto del processo della mia graduale ma inesorabile estromissione dalla sua vita– ma è successo anche che, quando mi sono presentato alla festa di Capodanno cui ero da tempo stato invitato, a casa della mia amica Maya, mi è stato detto, senza alcun giro di parole, che una coppia di amiche (lesbiche, per inciso) che non vedevo da tempo per antichi dissapori, non sarebbe stata presente proprio in virtù della mia presenza e della loro indisponibilità ad una riconciliazione anche solo di facciata –il torto nella disputa è universalmente riconosciuto come loro, sia detto anche questo per inciso.
Ecco sì, insomma sembra che in giro ci sia un sacco di gente che, per ragioni diverse, non ha provato il desiderio di trascorrere il Capodanno con me. E la conta è salita di giorno in giorno. E ciò, diciamocelo, non è che ha fatto un gran bene alla mia autostima. Sì appunto, ho passato un'altra notte a chiedermi se la colpa non sia mia o se mi sia piuttosto lecito mettere il broncio.
Ma il rancore logora, ed io non ho né un vero motivo né la voglia per portarne ad alcuno. Tutto questo insomma era solo per scriverci sopra un post.
domenica 3 gennaio 2010
Con l'Anno Nuovo
Dopo ripetute provocazioni da me ignorate, qualcuno ha pensato bene di cancellarmi dai propri contatti su Facebook.
Buona vita a... me! solo a me!
venerdì 1 gennaio 2010
Valentina Giovagnini
Valentina nasce in provincia di Arezzo il 6 aprile 1980. Nel 2002 partecipa al Festival di Sanremo, nella sezione Giovani con il brano Il passo silenzioso della neve, che le frutta il secondo posto di categoria (alle spalle della debuttante Tatangelo), oltre al premio per il miglior arrangiamento; nello stesso anno partecipa al Festivalbar con il singolo Senza origine, mentre un altro brano, Creatura nuda (che dà il nome al suo album di debutto), viene utilizzato in una puntata della soap Beautiful (nella colonna sonora della sfilata a Portofino, insieme a Non c'è della Pausini e al remix Tres palabras di Valeria Rossi). Per il 2003 è prevista la pubblicazione del suo secondo album, che tuttavia non vede la luce per la mancanza di finanziamenti. Negli anni a seguire, mentre continua a comporre e ad esibirsi dal vivo, tenta più volte di tornare a Sanremo, presentando tre brani che le vengono però bocciati. Nel novembre 2008 dichiara di essere ancora al lavoro per un ritorno sulla scena musicale nazionale, ma il 2 gennaio 2009 Valentina muore in seguito ad un incidente stradale, a pochi chilometri da casa. Il suo secondo album, L'amore non ha fine, è stato pubblicato postumo il maggio scorso: contiene le tracce mai pubblicate nel 2003 ed altri pezzi successivi, insieme a due cover, Somewhere over the rainbow dal film The Wizard of Oz e l'Hallelujah di Leonard Cohen.
Valentina suonava il piano, il flauto ed il flauto whistle (il tradizionale flauto a fischietto irlandese), e dal vivo si esibiva anche con la cornamusa. Aveva una viva passione per la cultura medievale e per la musica etnica e celtica, che nei suoi lavori si fondevano a meraviglia con il pop e l'elettronica. Suoi artisti di riferimento erano Bjork, Coldplay, Sigur Rós; amava i Radiohead e, tra gli italiani, apprezzava Carmen Consoli, Max Gazzè, Mario Venuti.
Il passo silenzioso della neve, il brano presentato a Sanremo 2002.
Senza origine (videoclip ufficiale), portato al Festivalbar 2002.
L'amore non ha fine (videoclip ufficiale 2009), bocciato alle selezioni per Sanremo 2003.
L'ultima apparizione in RAI, nel novembre 2008.
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