venerdì 4 dicembre 2009

Pessimismo e fastidio - Parte II: Ritorno a Tara

Faccio parte di quella folta schiera di perdenti che hanno la cattiva abitudine di proiettare sugli altri il proprio malessere. Come qualcuno di buon senso e spirito pratico mi ha ricordato.
Non che non lo sapessi di mio. Ricordo almeno un paio di occasioni in cui ebbi occasione di dire al mio interlocutore la medesima frase: "Le persone che si annoiano sono le più noiose"... e ne sono tuttora convinto.
Anche per questo, caro S., ora io e te dobbiamo affrontare la verità ancora una volta, ma una volta per tutte. Perché un altro compleanno è passato, un altro anno sta giungendo agli sgoccioli, ed è il caso di gettare via la zavorra che non vogliamo continuare a portarci appresso. Pazienza se ad alcuni cascheranno le balle per terra nel leggere questo post; pazienza se altri grideranno affranti "NO! Ancora pippe mentali NO!"; pazienza se altri ancora prenderanno l'amara decisione di non rifarsi vivi nemmeno per gli auguri di Natale...
La verità nuda e cruda è che la settimana appena trascorsa per me e per te, mio caro S., è stata particolarmente difficile da gestire a livello emotivo.
Perché ci siamo ritrovati a prendere coscienza di una verità spiacevole, che in fondo conoscevamo ma da cui fuggivamo ancora: che l'uomo che abbiamo amato per tre anni e che per i seguenti quattro abbiamo tenuto in considerazione comunque come un punto di riferimento (anche se sempre più lontano, come un faro che si allontanava sempre più nel buio della notte mentre noi eravamo in balìa delle maree...) è semplicemente un uomo di merda. O, in alternativa, una merda d'uomo.
Ma sappiamo tutti e due, io e S., che non è questo ormai acclarato dato di fatto a farci stare male. Quel che ci tormenta è il pensiero di quei tre + quattro anni persi e che non ci verranno mai più dati indietro. Il pensiero di tutto quell'amore sincero, ingenuo, incondizionato, che abbiamo dato e che non ci verrà mai più restituito e che non saremo più in grado di dare a qualcun altro perché, per via della sofferenza per quel che abbiamo vissuto, non riusciremo più mai a fidarci di un nuovo amore come facemmo allora.
Quel che ci tormenta è il dover ammettere di essere stati sciocchi. E ciechi e sordi e muti. Perché quando siamo stati il suo grande amore, ci siamo più che accontentati del ruolo di zerbino, di spalla comica, di punchingball e di scaldaletto. E quando non eravamo più il suo grande amore, pur di non restare soli, ci siamo umiliati in silenzio e calati nella parte dell'ex cornuto, dell'ex mazziato, dell'ex di troppo, e poi ancora dell'amico disinteressato, dello chauffeur, della crocerossina.
D'accordo, ce la siamo cercata. Perché speravamo in un grazie pur sapendo che non l'avremmo ottenuto mai. Perché abbiamo sempre ambito a farci ammirare come il bravo ragazzo altruista e generoso. E perché speravamo comunque di avere lui nella nostra vita e non volevamo perderlo di vista. Perché affrontare di nuovo il mondo completamente soli, dopo averlo percorso a lungo in due, ci appariva inconcepibile.
Perché di fondo siamo deboli. Tanto deboli da non nutrire neppure l'illusione di poter giurare sulla terra rossa di Tara che mai più in vita nostra ci lasceremo sopraffare.
Ma anche senza giuramento, anche senza fanfare, questo sarà da ora in poi il nostro nuovo obiettivo: volerci bene più di quanto altri abbiano dimostrato di volercene.
Per adesso. Poi, un giorno a venire (forse), impareremo anche una lezione da tutto questo: magari, che amare qualcuno a prescindere da quanto merde sono, non è la sconfitta peggiore.

3 commenti:

Gan ha detto...

No, amare non è mai una sconfitta.
La vera sconfitta è non amare abbastanza.
"Ama, e fa ciò che vuoi".

(Verifica parola: "SQUICC". Neanche il codice captcha mi prende sul serio. )

Gios ha detto...

Ti sono vicino :*

lavecchiaMarple ha detto...

Considerarla una sconfitta, no. Però trarne insegnamento sì.