sabato 28 novembre 2009

Due parole su: l'horror

Non sono mai stato un patito del genere horror.
Se facendo zapping di canale in canale a tarda sera m'imbatto in un film dal vago sentore orrorifico, generalmente resto sintonizzato un paio di minuti, affascinato dal clima di attesa di un fato che ha da compiersi, ma quell'istante prima che il protagonista della scena volga lo sguardo o apra una porta chiusa, cambio canale. Salvo risintonizzarmi un paio di minuti più tardi giusto per sapere se il malcapitato è ancora vivo.
Poi c'è horror ed horror. Ad esempio, avete mai visto Le streghe di Eastwick oppure Beetlejuice? Spesso vengono classificati come horror, ma vogliamo parlarne...? Oppure quel vecchio film con Rupert Everett simil Dylan Dog, Dellamorte Dellamore: anche quello viene indicato come un horror (probabilmente per la presenza di Anna Falchi in tre ruoli diversi), ma non v'è dubbio alcuno che si tratti di un classico dell'erotismo: chi - dico chi? - non troverebbe porno anche solo la fantasia di un po' di sesso in un cimitero con il Rupert Everett degli anni Novanta...?
Purtroppo, ho frequentato adoratori del cinema horror. Dei veri cultori. E sono sopravvissuto, dopo aver raccomandato l'anima a non so quale dio, ad una visione di gruppo di Suspiria e Profondo Rosso... Che tutto sommato non sono così tanto tremendi perché il buon vecchio Dario Argento, agli esordi, aveva il buon gusto di utilizzare barattoli di sangue ed effetti speciali palesemente posticci.
Il raccapriccio puro mi prende per certi accessori classici del genere, tipo spilloni e ferri da calza che spesso finiscono per ficcarsi negli occhi di qualcuno. Mi gela il sangue solo l'idea.

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