Archiviato almeno temporaneamente 21 di Adele, da qualche settimana nella mia autoradio gira senza sosta Backup, l'ultimo best of di Jovanotti. Due riflessioni a riguardo.
- Se Dio esiste, allora un motivo per rendergli lode è la creazione di Francesca Valiani, moglie e musa di Lorenzo, che se non avesse incrociato la sua strada difficilmente avrebbe potuto comporre le meravigliose canzoni d'amore che ha scritto (cito A te, Mezzogiorno, Dove ho visto te, Un raggio di sole), ragione primaria delle lacrime che mi hanno solcato ininterrottamente le guance stasera per tutto il tragitto Verona-Lago e Lago-Verona...
- Anche le canzoni più vecchie, quelle firmate con Cecchetto (cito Gimme five e La mia moto), seppure non godano del mio apprezzamento artistico, hanno tuttavia per me una precisa ragion d'essere: riascoltarle, dopo tutti gli anni in cui avevano giaciuto dimenticate in fondo alla mia memoria, mi ha fatto tornare con il pensiero agli anni delle scuole medie. Un ricordo in particolare: una gita in autobus per non so neanche più quale meta, durante la quale l'insegnante di inglese, poco più alla mano del solito, discettò su Jovanotti vs Francesco Salvi (Vasco vs C'è da spostare una macchina, i due tormentoni di quell'anno) profetizzando l'imminente scomparsa del primo dalle scene musicali ed il glorioso futuro del secondo, ragionando della totale assenza di contenuti dell'imberbe Lorenzo e del furbo umorismo del più maturo Salvi. Ora, con tutta la stima che si deve al simpatico Francesco, sappiamo tutti chi tra i due ha sfondato, e sfondato alla grande... L'insegnante d'inglese era una che parlava tanto ma ascoltava poco; durante le sue lezioni capitava spesso che dovessimo chiudere i libri sulle avventure di Lucy e Dave per ascoltare un suo monologo su argomenti che spaziavano dall'attualità della fine degli anni Ottanta alla musica. Poi ogni tanto ci scappava l'invettiva contro un collega, oppure assai spesso il cazziatone verso uno dei suoi studenti. Ed io, lo ricordo, ero tra i suoi obiettivi preferiti. Perché parlavo sempre con un filo di voce quando invece avrei dovuto ripetere a gran voce Hi Lucy, how are you Lucy? Perché non rispondevo mai alle provocazioni, non mi difendevo dai bulletti. Perché ero un perdente per vocazione. Perché non mostravo alcun interesse verso le ragazzine e pareva quasi avessi l'invidia della patatina (occhei, non credo abbia mai usato quest'espressione, ma il senso doveva essere quello...). La cosa strana, su cui riflettevo in macchina mentre Jovanotti chiedeva il cinque, è che non associo alcun imbarazzo a quelle volte in cui ero stato l'obiettivo di una sua sfuriata: in parte perché -pensavo allora- voleva dire che non passavo comunque inosservato, e ciò per qualche perverso guazzabuglio mentale mi faceva sentire importante; in parte perché per tutta la mia adolescenza ed oltre, ho subìto -e sottolineo subìto- il fascino della cattiveria, dato che associavo inconsciamente una lingua velenosa all'acume cerebrale. Davvero, così: per parecchio tempo sono stato convinto che chi sapesse sparare la pallottola avvelenata al momento giusto dovesse essere un vincente. Io ero un buono, un fesso, uno che non aveva mai una battuta cattiva pronta; la mia insegnante d'inglese invece era una vipera, una che sapeva sputare il proprio veleno ed usciva vittoriosa dagli scontri. E mi rendo conto che molte delle persone per cui ho provato ammirazione nel corso degli anni ripetevano quel modello. I bulletti al liceo, certe stronze in tivù, i vari Sgarbi, mia zia l'Orchessa... pure mia sorella e le sue amiche streghe. E sì, anche Ian, alla fine. Ed io mi lasciavo sopraffare, ammaliato. E poi finalmente ho imparato anch'io ad essere cattivo, che non serviva poi chissà quale predisposizione, nessuna arte. Ho capito che la cattiveria non è quasi mai una dimostrazione di intelligenza; al contrario, spesso serve a celare una becera stupidità. Ed i maestri perfidi che una volta mi incantavano ora mi danno solo noia. Compresa quella cretina della mia insegnante d'inglese che non ha mai saputo azzeccare un pronostico.
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