Erano tornati entrambi sotto le lenzuola; non
avevano proprio voglia di allontanarsi dal letto, di prendere in considerazione
se fare qualcosa insieme oppure se separarsi e darsi appuntamento ad una
prossima volta.
Andrea s’era preso entrambi i cuscini e vi
poggiava il capo; teneva gli occhi socchiusi e si godeva la mano di Marco che
gli carezzava il petto, mentre lui se ne stava sdraiato sul fianco e lo
guardava con un certo rapimento: Marco trovava Andrea bellissimo a guardarsi,
nella luce del mattino inoltrato, smorzata dalla barriera delle tende e della
tapparella. Il naso diritto, le guance velate dalla barba scura di un due
giorni, le fossette ai lati della bocca e sulla punta del mento, e quel petto
ampio e soffice che era tanto piacevole accarezzare.
Non pronunciavano una parola e stavano
benissimo anche così, in silenzio.
I loro corpi, le bocche, i genitali: si erano
vicendevolmente esplorati le carni nella notte e di nuovo l’avevano fatto alla
luce del mattino. Carnalmente si erano conosciuti e si sentivano sazi ed
appagati di quell’intimità e volevano solamente continuare a bearsene.
Quando Andrea sembrava essere stato vinto dal
torpore della sazietà, Marco smise di carezzarlo e piano e con dolcezza
accoccolò il capo sul suo petto. Il calore della pelle morbida ed il battito
imperativo del suo cuore gli fecero da coperta e da ninnananna, e fu un attimo
addormentarsi.
Fu la mano grande ed un poco ruvida di Andrea a
ridestare Marco, chissà quanto tempo dopo: ora era il turno suo di carezzargli dolcemente
le guance.
“Raccontami qualcosa” disse Andrea,
soffiandogli appena quelle due parole calde sulla fronte, quando si fu accorto
che era di nuovo sveglio.
“Cosa vuoi sapere?” domandò Marco.
Andrea esitò qualche istante, prima di chiedere:
“Un ragazzo fisso, ce l’hai mai avuto…?”
Marco rispose subito: “Ho convissuto con un
tizio, tre anni.”
“Quanto tempo fa?”
“Fino a tre anni fa…”
“E dopo di lui…?” chiese Andrea.
“Niente di importante. Solo qualche incontro e
qualche frequentazione di poche settimane.”
Marco rispondeva senza alzare il capo dal petto
di Andrea, che sentiva il soffio della sua voce carezzargli i peli sul petto e
sul polso, mentre lui continuava a blandirgli il mento.
“E perché è finita la convivenza con un tizio…?” domandò Andrea.
“Un tizio
si chiamava Giovanni. Ci siamo frequentati un paio di anni e poi abbiamo deciso
di cominciare a convivere. Ed all’inizio è stato bello, era qualcosa di nuovo, ogni
giorno una sorpresa… Poi, non so… Forse ad un certo punto ci siamo ritrovati a
non avere più nulla di nuovo da scoprire l’uno nell’altro; forse,
semplicemente, sono subentrate la routine ed un po’ di noia… Il nostro rapporto
era diventato scontato e… non so chi dei due sia stato il primo, ma abbiamo
cominciato a metterci le corna. Sai, lui spesso stava fuori qualche giorno per
lavoro, ed io in quei frangenti ho cominciato a incontrare altri ragazzi che
conoscevo in chat o in sauna… Incontri senza importanza, mi dicevo. Mi dicevo
che quando Giovanni tornava, poi, avevo di nuovo voglia di stare con lui, più
voglia di quand’era partito… Mi dicevo così: che nel nostro rapporto, come in
molti matrimoni, le scappatelle erano uno scotto da pagare per tenere lontane
la noia e la routine. Alcuni amici però scoprirono che lo tradivo e, per paura
che gliene parlassero loro, raccontai a Giovanni di questi miei incontri.
All’inizio ci restò male, ma poi confessò che anche lui, mentre era fuori,
aveva colto un paio di occasioni per fare sesso con altri ragazzi… Ne parlammo,
ci confrontammo ed arrivammo alla conclusione che potevamo continuare ad essere
una coppia perché ci amavamo né più né meno di prima… solo che quella della
coppia aperta pareva essere la soluzione migliore per il nostro rapporto. Ma
non durò tanto ancora, perché Giovanni cominciò ad andare in trasferta con un
collega che infine si rivelò gay. Stettero insieme e Giovanni me lo confessò
subito; me lo fece conoscere, come se volesse dimostrarmi che non dovevo
preoccuparmi di nulla. Ma finirono con l’avere una relazione vera e propria,
con tanto di bugie e coperture: la nostra coppia aperta era diventata un
triangolo, ma lui confessò quello che avevo già capito, solo quando aveva già
presa la decisione di mettersi con quell’altro. Ho visto Giovanni qualche mese
fa: stanno ancora insieme… e mi è sembrato più sereno ora di quando stava con
me….”
“Siete rimasti in buoni rapporti…?” chiese
Andrea.
“No no. Ci siamo incontrati solo per caso.
Quando ci siamo lasciati, ci stavo troppo male per continuare a frequentarlo
anche solo come amico. Adesso non è più un problema. Evidentemente non era lui
quello giusto…”
“Credi che esista uno giusto…?”
“Tu non lo credi?” gli rigirò la frittata
Marco.
“Non so, non lo so… Non ho mai avuto una
relazione stabile con un uomo…”
“Con un
uomo” sottolineò Marco. “E con una donna invece…?”
“Ho avuto la stessa fidanzata per tutti gli
anni delle superiori fino all’università… Tu, mai stato con donne?”
“Sempre stato consapevolmente gay” rivendicò
Marco. “E con questa fidanzata, come mai è finita?”
“Mi beccò a letto con suo fratello.”
Marco sollevò il capo dal petto di Andrea per
guardarlo in faccia, si portò una mano alla bocca e, con una mimica facciale
più che esplicita, gli dimostrò il massimo della disapprovazione che gli riuscì
di simulare. “Il più terribile dei classici” pronunziò soffocando un accenno di
riso.
Andrea lo colpì sulla fronte con il palmo
aperto.
“E quindi ti sei messo con il tuo quasi
cognato…?”
“No, eravamo semplicemente due etero curiosi…
ufficialmente…”
“Ufficialmente…?
Perché il fattaccio divenne di dominio pubblico?” chiese Marco.
“Beh… dovemmo spiegare la rottura del
fidanzamento alle famiglie, e lei non tenne segreto di averci beccati a letto.
Ed il fratello, per non essere buttato fuori casa, raccontò che era successo
solo quella volta, che eravamo ubriachi, che ci conoscevamo bene da anni e
l’alcool aveva cancellato i nostri freni inibitori ed eravamo curiosi perché
alcuni amici dicevano di avere già provato ad avere rapporti omosessuali…”
“Ed invece…?”
“Beh, non era la prima volta… Anche se, per
quel che ne so, lui poi s’è felicemente ammogliato…”
“E lei?”
“Dopo un po’ abbiamo ripreso i contatti. Non
posso dire che sia una delle mie migliori amiche, ma almeno mi ha perdonato…”
“E tu, quindi…?” domandò Marco.
“Io cosa?”
“Ti consideri un etero curioso, un bisex o… che
cosa?”
“Ho avuto un altro paio di fidanzate e…”
“E…?”
“Niente niente.”
“Cosa vuol dire niente niente?” lo interrogò Marco, rizzandosi sui gomiti.
“Voglio dire… sì insomma, ufficialmente sono
bisex, in famiglia sanno che ho relazioni anche con uomini…”
“Ma non hai una fidanzata a casa, vero?”
“Nessuna fidanzata e nessun fidanzato, in
questo momento… Giuro” e con il pollice rovesciato si fece una croce sul cuore.
Marco tornò a poggiargli la testa sul petto.
Non mi importa se sei fidanzato o no,
pensò.
Quel che mi importa è che stanotte
è stato bellissimo. Che qui adesso è ancora bellissimo.
L'episodio 1.
L'episodio 10.