Come già altre volte mi era accaduto, mettere per iscritto quello che mi girava per la testa mi ha liberato di un peso. Non solo ho recuperato immediatamente il sonno, ma mi pare di aver già dato un diverso indirizzo ai casi miei, di aver compiuto qualche passo avanti per uscire dall’impasse che sto (stavo?) vivendo e che mi stava letteralmente divorando il tempo ed i giorni.
Tipo che venerdì sera sono uscito ed andato al cinema, cosa che da solo non facevo da tempo immemore. E perciò ora vi cuccate la mia recensione del film I guardiani del destino.
La scelta del film è stata del tutto casuale: si tratta dell’unico titolo del multisala che venerdì sera non contenesse un ordinale e che non prevedesse l’utilizzo di occhialini 3D.
Il film, come scoprirò ai titoli di coda, è liberamente ispirato ad un racconto breve di
Philip K. Dick, scrittore di fantascienza che aveva già ispirato dei classici del cinema come
Blade Runner e
Minority Report.
La regia è affidata ad un giovane debuttante dal nome facilmente memorizzabile, George Nolfi, che ha però all’attivo le sceneggiature di Ocean's Twelve e di uno degli episodi della saga di Bourne. Protagonista di queste pellicole è proprio il buon Matt Damon, che questa volta si cala nel ruolo di un giovane uomo politico, la cui rapida ascesa subisce una bruttissima battuta d’arresto a causa di una foto compromettente che di compromettente, agli occhi di chi è assuefatto agli scandali di Berlusconia, non ha proprio nulla. Ma davvero nulla: un giornale pubblica infatti una foto goliardica di lui che mostra il sedere alla sua festa di laurea. Foto che, tra l'altro, noi spettatori possiamo solo immaginare, purtroppo.
Tutto questo accade nei primi due minuti della pellicola, tanto da crearmi fin da subito delle serie perplessità sulla credibilità dell’intera sceneggiatura. Decido tuttavia di sgomberare la mente e di assumere come metro di giudizio il puritanesimo americano, dando anche per buona la premessa che una foto del genere, scovata dagli scoopparoli di Rebekah Brooks nel momento meno opportuno, possa realmente incrinare l'immagine di un politico in America.
Intuisco poi che il film avrà tutt’altro sviluppo quando entra in scena (ed è il caso di chiamarla entrata a sorpresa) un’accattivante Emily Blunt, già vista in Il diavolo veste Prada nel ruolo dell’ossessiva segretaria-capo al servizio di Meryl Streep. Il personaggio della Blunt, in questo capitolo della sua carriera cinematografica, è totalmente diverso: Emily impersona una ragazza spontanea, romantica, insofferente alle costrizioni ed al già citato puritanesimo a stelle e strisce, una che fa davvero grandi sogni e crede che i giovani con un talento possano creare un futuro migliore. Tra lei ed il personaggio di Matt Damon scatta immediatamente il colpo di fulmine, e l’incontro ispira al politico il discorso che gli permetterà di cadere in piedi e di avere presto una seconda chance per il Senato.
Il romanzo dei due non deve però avere un seguito: così è scritto nel libro del Destino, ed in tal senso e a tale scopo entrano in scena i guardiani del titolo, una schiera di immortali che indirizzano le vicende umane per impedire che il mondo abbia fine come avverrebbe se gli uomini fossero lasciati a decidere da soli della propria vita. Questa sorta di angeli custodi hanno in mano un Piano in continua evoluzione (il suddetto libro del Destino), le cui linee-guida sono decise da una Volontà superiore; il loro compito consiste nell’aggiustare le bizzarrie del Caso, ma, quel che ci appare davvero grave, anche nell’influenzare (talvolta resettare) le decisioni dei comuni mortali: missione ancor più evidente nel titolo originale della pellicola, The Adjustment Bureau, traducibile come L’Ufficio Accomodamenti. Il loro è dunque un fine nobile, che collide però con il libero arbitrio e, quel che è peggio, con la magia dell’Amore. E Damon li contrasterà con i pochi mezzi che ha a disposizione, per conquistarsi una felicità che senza la Blunt non potrebbe trovare.
Da annotare, in conclusione, anche la partecipazione di Terence Stamp, famoso tra le altre cose per l'interpretazione della transessuale Bernadette in quel gioiellino cinematografico che è Priscilla, la Regina del Deserto; totalmente diverso ma non meno spigoloso, l'attore qui veste un ruolo antagonista.
La trama ha qualche altro punto debole qua e là, che però non mi pare giusto svelare per non rovinare l'eventuale visione (anche se, provate un po’ ad indovinare se può mancare l’happy end…). La forza del film, a metà tra il thriller ed il polpettone sentimentale, sta tutta negli intensi primi piani dei due protagonisti, che danno volto ed anima al mal d’amore dei rispettivi personaggi.