Confesso di non essere mai stato oggetto di un feroce dileggio, nemmeno da adolescente, quando è più facile cadere in certe trappole. Forse perché semplicemente non attiravo l'attenzione, o perché sapevo gestire i miei limiti senza mai pretendere di varcarli.
Lo dico francamente: avevo tutta l'aria del classico secchione, pur dedicando ai libri il minimo tempo indispensabile, perché avevo la fortuna di apprendere velocemente (non come adesso che dalla sera alla mattina dimentico nomi, luoghi ed orari...); sui banchi di scuola perciò me la cavavo "egregiamente" -mi fu detto- e, durante i compiti in classe, riuscivo ad essere spudorato abbastanza da passare le soluzioni a chiunque non si facesse beccare a chiedermele: in tal modo, anche i compagnucci più stronzi e smaliziati avevano tutti i vantaggi ad avermi loro amico.
C'è da dire che non ho nemmeno mai avuto una naturale propensione a scheccare a dritta e manca e che, almeno fino all'ultimo anno di liceo, nessun compagno di studi né insegnante ha turbato i miei sonni tanto da indurmi a svelare quel certo tallone d'Achille, per cui, gli unici motivi perché qualcuno potesse sentirsi in diritto di sfottere erano il mio sovrappeso e l'imbranataggine in palestra... ma all'epoca non frequentavo certo modelli anoressici né atleti di chiara fama, per cui nemmeno in quello mi distinguevo dalla massa.
Quelle rare volte in cui il dileggio cominciava a farsi frequente (ma questo avveniva forse ancor prima, alle scuole elementari), accadeva poi che la mia pazienza e la mansuetudine saturassero in breve tempo, facendomi esplodere in raffiche di schiaffi e scene di pianto tali che il crudele di turno trovava più divertente spostare le proprie attenzioni su qualcun altro.
In sostanza, non so esattamente cosa si provi ad essere oggetto di scherno: se lo sono stato, il tutto è avvenuto a mia insaputa (tranne che da parte di una tal persona che però non ha mai saputo che io sapessi... e non è il momento questo di rivangare ancora).
Su questo riflettevo, tornando bellamente a casa dal lavoro, stasera, mentre ripensavo alla giornata trascorsa in ufficio. In effetti, lo ammetto, quella di oggi è stata una giornata particolarmente poco proficua dal punto di vista professionale, ma satura di avvenimenti che, per via di retroscena e dettagli, non si potrebbero riassumere nemmeno in due pagine di blog. Poiché, afflitti d'un sol colpo da sottoccupazione e da svogliatezza, io, Camelia ed ItalianColin (i miei due più fidati collaboratori) abbiamo trascorso otto ore fitte fitte in scambi d'e-mail velenose, sguardi complici e ghigni satanici, non lesinando dileggio e prese per il didietro a nessuno che ci si paresse davanti. Abbiamo sciorinato inter nos la cattiveria in tutte le sue declinazioni, dalle battute pungenti all'insulto più sfacciato, come mai eravamo riusciti a fare, come se gli ultimi mesi trascorsi a bere il caffé, fumare insieme, parlare, confidarci e scambiare opinioni non fossero stati che un mirato allenamento per l'esibizione olimpionica di oggi.
Ripeto: sarebbe inutile entrare nel dettaglio, perché troppi sono i retroscena o i pettegolezzi aziendali cui abbiamo attinto nella nostra feroce dissacrazione. Quel che conta è che si comprenda che, almeno da parte mia, in dieci anni di quotidiana frequentazione, non avevo mai condiviso con quei due farabutti una quantità tale di veleno com'è avvenuto oggi, in un solo giorno.
Non ne vado fiero, sia chiaro. Tanto che, prima di salutarci, l'ho detto sottovoce: "Ragazzi, detto per inciso: oggi siamo stati proprio delle piccole merde...". "Alcuni di noi, meno piccole di altri" ha replicato Camelia, in riferimento ad ItalianColin che era stato il nostro più feroce sobillatore. Siamo rimasti un attimo sulla porta dell'ufficio, a guardarci con aria colpevole.
In quel mentre c'è stato fatto presente che, essendo martedì sera, dovevamo rassettare ed ordinare le nostre rispettive scrivanie, per agevolare il lavoro di spolvero delle donne delle pulizie, fissato settimanalmente il mercoledì mattina. Siamo tornati indietro, ligi al dovere e consapevoli del disordine che regnava alle nostre postazioni di lavoro, mentre il tronfio ed ingeneroso StoCaCaCazzi se ne usciva borbottando a mo' di sfottò: "Io questo problema non ce l'ho..."
Ragazzi, se è vero che gettar merda addosso a qualcuno non è da persone perbene, ancor più vero è che certi personaggi la merda, se la chiamano addosso...
"Facile essere ordinati quando si trascorre metà mattinata a passar carte ad altri ed il resto della giornata lavorativa ad ammazzar alieni in 3D" disse il primo porcellino, alias Edgar; "Non avrà il problema del disordine, ma se volessimo elencare tutti i problemi che invece ha, non ci basterebbe la Divina Commedia" disse il secondo porcellino, Camelia; "Ringrazio Dio di essere una merdina disordinata quale sono, piuttosto che essere un pezzo di stronzo ordinato com'è lui" disse il terzo porcellino, Italian Colin.
"Amen" dissero in coro i tre porcellini. E del lupo cattivo non restavano che un mucchietto d'ossa ed un vago sentore d'alitosi.