Stasera non ho proprio niente da fare e così, sui due piedi, decido di seguire il
Festival della Canzone Italiana, buttando giù le impressioni in presa diretta. Confido di aver altro da fare nei prossimi giorni, o perlomeno di stancarmi abbastanza stasera, perciò non prevedo il bis. Frattanto vediamo che cosa ne esce.
Sono Paolo Bonolis e Luca Laurenti ad aprire il Festival (con i medesimi sketch triti e ritriti proposti già a Il senso della vita: il pubblico poteva anche fare senza) e sono loro a chiamare sul palco la conduttrice ufficiale, Antonella Clerici, che si evita la scalinata e scende come dea ex machina dal cielo su un balconcino mobile (come poi il superospite calciatore). Le polverine che ha preso per dimagrire le han fatto bene, è in formissima. Bello l’abito rosso rosso, con décolleté non troppo esagerato, che la fa risaltare magnificamente sulla scenografia blu spaziale: ottimo l’effetto visivo, complimenti a stilista e a scenografo, che sembrano aver lavorato in tandem.
Irene Grandi: La cometa di Halley
È l’Irek ad aprire la serata. Prima del debutto aveva dichiarato che l’esibizione di Carmen Consoli prevista per giovedì tra le leggende del Festival, le pareva una cosa da vecchi: ecco, truccarsi con la matita scura le borse di mia nonna sotto gli occhi non fa sembrare lei tanto giovane. Rock a volume troppo alto, senza nemmeno un ritornello orecchiabile. Nel finale se ne esce con un “Tu mi dici addio/io ti dico ciao!” Tesoro, se io ti dico addio ho i miei buoni motivi, vai e non rompere le palle, semmai ti richiamo io. Appena sufficiente.
Valerio Scanu: Per tutte le volte che…
Originale la sciarpa leopardata che fa molto uomo, un po’ meno la coda di cavallo che lo fa sembrare appena uscito da un episodio di Lady Oscar. Anche lui brilla in dichiarazioni a pennello: appena prima del Festival dichiara di essere praticamente asessuato, poi canta di “far l’amore in tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i laghi, in tutto il mondo”, ripetendo il concetto insopportabilmente. Noiosissimo (ma questo lo dicevo già ai tempi di Amici…, nessuna sorpresa). Rimandato a sabato.
Toto Cutugno (marò, ancora???): Aeroplani
Però elegante, con inedito brillante al lobo dell’orecchio, il sale e pepe nei capelli gli dona. Guardandolo meglio ed ascoltandolo un poco, sembra essersi pappalardizzato, nel bene e nel male. Poco audace il brano, ennesimo pezzo sull’amore, ma non è che proprio da lui ci si aspettasse quel qualcosa di nuovo. Potrebbe applicarsi di più.
Arisa con le sorelle Marinetti: Malamorenò
Nuovo look a metà, capello ramato e disordinato con treccine alla Pippicalzelunghe, ma stessa bocca esageratamente rossa e stessi occhialoni neri. Esagerato davvero il trucco, clownesco. La canzone è tutta nel titolo e pienamente nel solco dell’album dello scorso anno: davvero molto orecchiabile, alla radio potrebbe rendere meglio delle precedenti. Le sorelle Marinetti fan più da scenografia che da supporto vocale. Buono.
Nino D’Angelo con Maria Nazionale: Jammo jà
Brano in dialetto partenopeo, intuisco riferimenti alla mafia ed alla munnezza; melodia napoletana, sa di già sentito ma in sostanza è pure ballabile. Ballasse un poco meno D’Angelo, figlio spurio di Pulcinella e Calimero. Meno male che alla fine del brano non abbraccia la Maria Nazionale: non sarebbe sopravvissuto all’impatto con le poppe sante e strizzate nell’abito nero da maliarda. Non classificabile.
Marco Mengoni: Credimi ancora
Quello che mi piace del ragazzo è il look sempre sopra le righe: per il debutto all’Ariston sceglie una camicia metà bianca, metà nera in stile DueFacce; in effetti anche lui, con le sue smorfie buffe, sembra uscito da un episodio di Batman. Il testo del brano non mi colpisce, come invece ci riescono melodia ed arrangiamenti, e Marco non sbaglia una nota, nemmeno quando deve strillare, a differenza del veterano Cutugno. Molto molto buono.
Subito dopo Mengoni, forte l’impatto con la superospite Susan Boyle che non ha bisogno di presentazioni: bellissima e potente voce, peccato che, agguantato un meritato successo, l’abbiano conciata come Nilla Pizzi, di cui ha pure lo stesso brio nel padroneggiare il palco. Standing ovation (su richiesta della Clerici) ed apparizione della mitica traduttrice Olga Fernando.
La scenografia è davvero spettacolare, ogni minuto che passa mi piace sempre più: stelle e galassie lontane, fasci mobili di luce blu che danno un significato alle pailettes che non si sono sprecate sugli abiti delle dame.
Simone Cristicchi: Meno male
È colpa sua se Carla Bruni non è venuta ospite, Antonella ci tiene a ribadirlo. Lunga giacca rossa per lui, giacche militare per i suoi chitarristi. Pomposa introduzione elettronica per un brano di critica sociale riassumibile nella frase: “Meno male che c’è Carla Bruni/Se si parla di te, il problema non c’è”. Troppo breve e veloce il pezzo per essere davvero ficcante. Ma secondo me alla radio andrà forte. Intelligente ma non si applica abbastanza.
Malika Ayane: Ricomincio da qui
Abito corto nero e stivaletti cortissimi. E dico che mi innamoro del brano dopo tre note. Forse è perché non ha in sé nulla di nuovo, ricorda tantissimo qualche vecchia canzone, ma fin da subito lo sento nelle mie corde. Non dice niente, ma esprime tantissimo: finora il mio pezzo preferito. “Ricomincio da qui/da un’effimera illusione/mi risveglio e ci sei ancora tu/qui”. Adoro. Promossa con lode.
Pupo, E. Filiberto di Savoia, Luca Canonici: Italia amore mio
Antonella non ha nemmeno finito di presentarli che partono i fischi. E dopo due strofe, non riesco a non accodarmi all’insofferenza: retorica e luoghi comuni a gò gò, dichiarazione di fede politica e religiosa scritta di proprio pugno dal Principe, che ad un certo punto viene addirittura incensato per la dimostrata umiltà in una strofa cantata da Ghinazzi. Della serie: se nessun altro mi apprezza, io me la canto e me la suono.“Stasera sono qui/per dire al mondo e a Dio:/Italia amore mio.” Dopo l’archiviazione di Meno male che Silvio c’è, il PDL ha trovato un nuovo inno. Ampiamente insufficiente, ma non ci si aspettava di meglio.
Fuori gara, la Clerici recita qualche passo del testo di Morgan: La sera, poi intervista il superospite Antonio Cassano. Ne approfitto per formattare gli appunti fin qui scritti. Segue strepitosa coreografia di Daniel Azrelov (in due anni di AmiciDiSera mica ho imparato come diavolo si scrive!?).
Enrico Ruggeri: La notte delle fate
Ruggeri è il solito Ruggeri. Davvero, in certi passaggi mi pare di risentire Mistero. "Ogni donna ha un paio d'ali", ma non l'ha appena cantato anche Cutugno? Chi ha copiato chi??? Appena sotto la sufficienza.
Sonohra: Baby
Quarant'anni in due e sono sempre uguali a loro stessi, inorridisco solo a pensarlo. E non capisco perché sfoggiare le chitarre fighe per poi non fare nemmeno finta di suonare per tutto il cantato. Sufficiente perché mi obbligano.
Povia: La verità
Il brano è dedicato ad Eluana Englaro e, dati i precedenti, le sue tesi sulla Verità mi stanno sul cazzo a prescindere. Ancor più vedendolo conciato come il più brutto ed il più slandro dei Pirati dei Caraibi. Sempre orecchiabili le sue melodie, certo che se evitasse di sbrodolarci sopra parole inutili... Sono troppo parziale per un voto.
Irene Fornaciari con i Nomadi: Il mondo piange
Oddio, lei stasera è sputata sputata alla strega amica di Bia, quella tutta di nero vestita, come si chiamava? Sembra pure magra. Il ritornello"Ma il mondo piange/Vorrei sapere perché il mondo piange/Vorrei capire perché il mondo piange..." potrebbe suscitare facili battute, ma sarebbero immeritate, perché lei ha una bella voce. Però i Nomadi dove si sono nascosti? Poco brio nel brano. Sufficienza meritata.
Noemi: Per tutta la vita
Lei ha davvero una voce strepitosa, ma s'è conciata come la figlia della Duchessa di York. Il brano, non originalissimo, è però molto bello sia nel testo che nella melodia, meriterebbe senz'altro di concludere sabato sul podio. Seconda lode della serata.
Fabrizio Moro: Non è una canzone
Ecco sì, appena lo vedo, mi verrebbe da dirgli: sei tanto giovane e tanto ribelle e porti un pezzo reggae, però addobbarti un attimo meglio e lasciare jeans e maglietta in lavatrice non ti faceva male. Non faccio a tempo che mi risponde "Io sono libero di dire/di fare/quello che mi pare/.../Questa è la mia vita/non è una canzone" e quindi alzo le mani. Tutto sommato il pezzo è bello, con la giusta spruzzata di impegno bilanciata dallo scazzo: se la giuria non è troppo vecchia, può piazzarsi bene. Discreto, e baciati le mani.
Non è ancora mezzanotte e gli artisti si sono tutti esibiti. La Clerici annuncia imminente il burlesque di Dita vonTeese. E durante la pausa pubblicitaria scopro che Sophia Loren ha girato una fiction sulla propria vita in cui lei interpreta il ruolo di sua madre: vorrei trovare due parole per commentare degnamente, ma andremmo fuori tema e mi sembra di essermi già dilungato troppo. Ecco alfine Dita che si spoglia: immaginate quanto attiri il mio interesse: però, che vitino di vespa! ha le stesse proporzioni anatomiche della Barbie, cui sembra essersi ispirata anche nell'acconciatura e nel trucco. E dopo la bella gnocca, riecco Cassano, per la par condicio tra i sessi... Non doveva esserci Giulio Berruti? Mi sa proprio che ho sbagliato serata...
Esausto come non mi sentivo da secoli, attendo trepidante i primi risultati: tre brani verranno eliminati dalla gara già stasera: pochi attimi ancora...
La giuria demoscopica non ha alcun rispetto per i vecchi e, lode alla giuria, a venire eliminati sono Toto Cutugno, Nino D'Angelo e lo strano trio Pupo/Savoia/Canonici. Concordo sulla scelta. Brava la giuria.
La mia carriera da cronista, buon per voi, termina qui...