domenica 28 agosto 2011
lunedì 22 agosto 2011
Al cinema con Edgar: Come ammazzare il capo... e vivere felici
Mi aspettavo una commedia leggera e forse un po’ scollacciata, mi sono invece imbattuto in una piccola perla cinematografica, dove ad ogni personaggio è stata assegnata una personalità a tutto tondo e dove ogni azione non si conclude con la risata che spontaneamente suscita, ma è ben inserita e finalizzata alla trama.
Le premesse del plot sono chiare fin da subito nel titolo italiano, che per una volta rende meglio dell’originale inglese Horrible Bosses: i tre protagonisti sono vessati dai rispettivi capi e, vista la crisi globale che l’economia ed il mondo dell'occupazione stanno attraversando, si convincono che l’unico modo per conquistare la felicità che si meritano sia sbarazzarsi dei tiranni oltrepassando il limite del lecito. Ed i tre capi sono davvero orribili, grazie alle interpretazioni caricaturali eppure credibilissime di tre stelle del cinema: Kevin Spacey, com’era già noto, è il cattivo perfetto; Jennifer Aniston è una ninfomane da manuale (non fosse stato altro che per lo spirito di rivalsa nei confronti di colleghe attrici più scafate come rovina-matrimoni); Colin Farrell, protagonista qualche annetto fa di un ben noto porno amatoriale, non fa altro che portare all’estremo i propri vizietti privati (perlomeno quelli che gli sono stati attribuiti in diversi momenti della sua vita), con l’apporto di un trucco e parrucco che lo rendono davvero repellente, impresa che di per sé varrebbe un Oscar per gli effetti speciali.
Ma se sono buone le prove dei tre volti noti, non posso definire men che perfette quelle dei tre veri protagonisti, i tre sottoposti abusati e stremati, interpretati da tre volti familiari al pubblico televisivo americano ma certo non delle star internazionali: Jason Sudeikis ha partecipato per anni come comico al Saturday Night Live, mentre Charlie Day è uno dei mattatori della sitcom politicamente molto scorretta C’è sempre il sole a Philadelphia accanto a Danny DeVito. Menzione speciale per Jason Bateman, star televisiva fin dagli anni Ottanta, quando recitò bambino ne La casa nella prateria e da adolescente nella serie La famiglia Hogan; attraversati da comparsa gli anni Novanta, è tornato in auge nel nuovo millennio come protagonista di un premiato telefilm (Ti presento i miei) che gli ha permesso di vincere anche il prestigioso Golden Globe.
L’interpretazione di Bateman è quella che ho maggiormente apprezzato: calamitanti occhi azzurri e sorriso piacione, Bateman si cala a meraviglia nei panni dell’uomo comune che, pur nella consapevolezza di trovarsi in situazioni via via sempre più grottesche, cerca di mantenersi lucido e dignitoso anche quando tutti gli altri perdono il controllo.
Davvero godibili i siparietti comici tra i tre amici, che spezzano con sapienza il ritmo quando si fa troppo incalzante e si dice che siano stati in larga parte improvvisati.
Tirando le somme, la compresenza di battute folgoranti e di una comicità più sottile, unita ad uno sviluppo della trama tutt’altro che scontato, fanno di Come ammazzare il capo... e vivere felici, per quel che mi riguarda, il miglior film di questa stagione.
domenica 21 agosto 2011
Claudio Baglioni - GRAND'UOMO
(testo e musica di Claudio Baglioni)
Prendete Avrai, aggiungete Acqua dalla luna, shakerate...
Quando anch'io l'ho avuta quell'età
In cui si pensa di poter cambiare il mondo
Sarei passato pure dentro l'anima
Perché domani avesse un cielo più profondo
E un figlio ama sempre un padre ma lo fa
Mentre lo giudica e quasi mai perdona
Finché gli scopre il segno dì una lacrima
E per la prima volta vede una persona
E dentro un po' di un altro uomo
La mia strada ancora corre e va
Ma mai lontano quanto l'immaginazione
E se non ho volato come un'aquila
Provo ad alzarmi ancora come un aquilone
Per andar via e senza andare via
Ma ti giuro che io sarò qualcuno
E griderò al futuro il vento che c'è in me
Com'è vero che c'è più tra zero e uno
Che non tra uno e cento
E uno è quello che
Cammina sulla luna
Sa rovesciare un trono
Regala la fortuna
Fa ammutolire il tuono
Sa essere un grand'uomo
Figlio mio, la vita è questa qua
È più una lotta che una danza in cui girare
Ma non fermarti mai perché la musica
Non è mai un'isola, la musica è il mare
Che fa andar via e che fa stare via
Ma ti giuro che io sarò qualcuno
E griderò al futuro il vento che c'è in me
Com'è vero che c'è più tra zero e uno
Che non tra uno e cento
E uno è quello che
Ai carri chiude il passo
Fa stramazzare il fiato
La morte porta a spasso
E io chi sono stato
Per essere un grand'uomo
La fantasia è dove non c'è
L'ipocrisia della realtà
E quel che dai di te
Mai niente te lo porterà più via
La poesia è come un'idea
Non cerca verità la crea
E se non credi sempre in me
Fa' che io creda sempre in te
E ti giuro che tu sarai qualcuno
E griderai al futuro il vento che c'è in te
Com'è vero che c'è più tra zero e uno
Che non tra uno e cento
E uno è quello che
Sa vendersi la pelle
Fa impallidire il fato
S'illumina di stelle
E se io non sono stato
Allora cerca tu
Di essere un grand'uomo
Prendete Avrai, aggiungete Acqua dalla luna, shakerate...
Quando anch'io l'ho avuta quell'età
In cui si pensa di poter cambiare il mondo
Sarei passato pure dentro l'anima
Perché domani avesse un cielo più profondo
E un figlio ama sempre un padre ma lo fa
Mentre lo giudica e quasi mai perdona
Finché gli scopre il segno dì una lacrima
E per la prima volta vede una persona
E dentro un po' di un altro uomo
La mia strada ancora corre e va
Ma mai lontano quanto l'immaginazione
E se non ho volato come un'aquila
Provo ad alzarmi ancora come un aquilone
Per andar via e senza andare via
Ma ti giuro che io sarò qualcuno
E griderò al futuro il vento che c'è in me
Com'è vero che c'è più tra zero e uno
Che non tra uno e cento
E uno è quello che
Cammina sulla luna
Sa rovesciare un trono
Regala la fortuna
Fa ammutolire il tuono
Sa essere un grand'uomo
Figlio mio, la vita è questa qua
È più una lotta che una danza in cui girare
Ma non fermarti mai perché la musica
Non è mai un'isola, la musica è il mare
Che fa andar via e che fa stare via
Ma ti giuro che io sarò qualcuno
E griderò al futuro il vento che c'è in me
Com'è vero che c'è più tra zero e uno
Che non tra uno e cento
E uno è quello che
Ai carri chiude il passo
Fa stramazzare il fiato
La morte porta a spasso
E io chi sono stato
Per essere un grand'uomo
La fantasia è dove non c'è
L'ipocrisia della realtà
E quel che dai di te
Mai niente te lo porterà più via
La poesia è come un'idea
Non cerca verità la crea
E se non credi sempre in me
Fa' che io creda sempre in te
E ti giuro che tu sarai qualcuno
E griderai al futuro il vento che c'è in te
Com'è vero che c'è più tra zero e uno
Che non tra uno e cento
E uno è quello che
Sa vendersi la pelle
Fa impallidire il fato
S'illumina di stelle
E se io non sono stato
Allora cerca tu
Di essere un grand'uomo
venerdì 19 agosto 2011
Echi di battaglie vicine e lontane
Sono giorni strani questi. Giorni in cui non ho molta voglia di restare in comunicazione con il resto del mondo, giorni in cui tutta la routine quotidiana, tutte le abitudini sono cambiate ed io mi sento troppo stanco per far fronte alle novità. Domenica scorsa è stata davvero una bella giornata, una di quelle in cui anche le ore trascorse in auto sono servite a rilassarmi, soprattutto quelle in direzione “lontano da casa”. A maggior ragione se considero che il sabato ed il lunedì sono state giornate di segno totalmente opposto. Ferragosto in particolare, per come è arrivato, è stato spiazzante: l’aspettativa era di passare qualche ora con il TopO e in seconda istanza con il resto della Tribù dei MusiLunghi, ed invece è andata all’opposto. Ho trascorso un sacco di tempo in auto con mio padre in un silenzio assordante che mi ha dato modo di perdermi in mille pensieri, altrettanto il tempo speso in parole inutili con mia madre. E domani, sarà uguale...
Solferino, San Martino e Medole sono località citate nei libri della storia italiana [qui su Wikipedia se v'interessasse un riassunto] per le battaglie risorgimentali di cui sono state teatro, quando ancora si trovavano a ridosso del sistema militare asburgico del Quadrilatero, sulla linea di difesa che correva da Mantova ai bastioni della mia Peschiera.
A San Martino vi è una Torre monumentale [foto] eretta alla memoria di Vittorio Emanuele II, celebrato come vittorioso condottiero di queste battaglie che hanno portato alla cessione della Lombardia austriaca al regno Sabaudo; a Solferino, non lontano dalla storica Rocca medievale, un suggestivo Memoriale ricorda la fondazione della Croce Rossa Internazionale, idea dello svizzero Dunant che si trovava su quei campi di battaglia e rimase sconvolto dal sangue che aveva visto scorrere. La Torre di San Martino, così come la Rocca di Solferino, sorge su un’altura ed è ben visibile dall’autostrada, all’altezza del casello di Sirmione.
A San Martino vi è una Torre monumentale [foto] eretta alla memoria di Vittorio Emanuele II, celebrato come vittorioso condottiero di queste battaglie che hanno portato alla cessione della Lombardia austriaca al regno Sabaudo; a Solferino, non lontano dalla storica Rocca medievale, un suggestivo Memoriale ricorda la fondazione della Croce Rossa Internazionale, idea dello svizzero Dunant che si trovava su quei campi di battaglia e rimase sconvolto dal sangue che aveva visto scorrere. La Torre di San Martino, così come la Rocca di Solferino, sorge su un’altura ed è ben visibile dall’autostrada, all’altezza del casello di Sirmione.
Le colline, coltivate a vigne e granturco, sono parte integrante del paesaggio, da sempre; hanno origine morenica, sono nate dai detriti spinti a valle dalla massa di un ghiacciaio che poi ha lasciato il posto al bacino del Lago di Garda, cui ora fanno da argine meridionale. Non lontano sorge il centro turistico di Desenzano, che è oggi la cittadina più popolosa della provincia bresciana dopo il capoluogo; San Martino ne è amministrativamente una frazione.
Ma nonostante il flusso del turismo, l’autostrada e le tante tangenziali, per raggiungere la vicina Solferino bisogna ancora percorrere una strada tutta curve e dislivelli che accarezzano le morbide e verdi colline: se si fa sosta su una delle più alte, guardando verso nord si riconosce il duplice massiccio delle Prealpi che fan da corona al Lago, mentre volgendosi a sud si dominano le prime propaggini della Pianura Padana, di cui Medole, con la sua bella Pieve romanica, è da qui la porta d’accesso.
Durante il lungo weekend di Ferragosto ho percorso in auto diverse volte quella strada, e ancora lo farò nei prossimi giorni.
Accanto a me, come dicevo, mio padre che si guardava attorno un poco spaesato. Lui che in queste terre c’è nato e vissuto fino al matrimonio, riconosceva per nome ogni contrada, ma tutto in trent’anni è cambiato: casali che cadevano a pezzi sono stati ristrutturati e trasformati in agriturismi e maneggi, boschetti e colli sono stati piallati per cedere il posto a bretelline d’asfalto, molti crocevia trasformati in rondò da cui si diramano strade che conducono tutte in tutte le direzioni.
Accanto a me, come dicevo, mio padre che si guardava attorno un poco spaesato. Lui che in queste terre c’è nato e vissuto fino al matrimonio, riconosceva per nome ogni contrada, ma tutto in trent’anni è cambiato: casali che cadevano a pezzi sono stati ristrutturati e trasformati in agriturismi e maneggi, boschetti e colli sono stati piallati per cedere il posto a bretelline d’asfalto, molti crocevia trasformati in rondò da cui si diramano strade che conducono tutte in tutte le direzioni.
Tra quelle colline lui e mia madre ci sono nati e ci hanno lavorato da giovani ed infine si sono conosciuti, percorrendo quelle strade quando ancora erano poco più che mulattiere; le stesse strade che qualche volta, da bambino, io correvo in bici, perché in qualcuna di quelle contrade, o comunque non troppo lontano, ci vivono ancora quasi tutte le mie zie e molti dei miei cugini.
Eppure sabato quei campi di battaglia, pur pieni di fascinazione e ricordi, sembravano luoghi davvero lontani, davvero tanto estranei alla mia memoria.
Sono stanco di battagliare. E poi fa troppo caldo.
Sono stanco di battagliare. E poi fa troppo caldo.
domenica 7 agosto 2011
Colpa delle mele???
Per quale ragione, a Verona, gli autisti del servizio urbano se la tirano tutti e tutti senza ragione, mentre a Trento, non so quanto possano essere simpatici, ma mi pare siano tutti dei manzi da sturbo???
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