Sdraiato sul divano, con Marco steso sopra di
lui e la sua testa sul petto, Andrea stava riflettendo che tutto sommato il temporale
era passato senza fare danni: anzi, chiamarlo temporale era addirittura eccessivo. Il segreto che così
strenuamente aveva celato per due mesi sembrava essere stato più che altro una
nube scura e minacciosa, che l’aveva fatto brigare non poco, quando poi invece aveva
scaricato a terra soltanto le proverbiali quattro gocce. D’altro canto, però, anche
se Marco ora non sembrava aver preso male la notizia di Davide, poteva ancora darsi
che in un secondo tempo si accorgesse che la presenza del bambino influiva in qualche
modo sulla loro relazione, che un giorno scoprisse che tutta la sua buona
volontà non era sufficiente e che a lungo andare la gestione del loro rapporto si
rivelasse una prova più ardua di quanto credesse.
Ma
affronteremo il problema se e quando si presenterà, pensò Andrea, mettendo un punto alle sue
elucubrazioni. Era fatto così: aveva uno sviluppato senso pratico e preferiva
risolvere i problemi contingenti, piuttosto che passare il tempo a coltivare le
proprie paranoie. E proprio per tale ragione, tentare di nascondere a Marco
quella parte di sé, giorno dopo giorno s’era rivelato più stressante di quanto
avesse messo in preventivo. Niente più
stress adesso. Vivere ogni giorno come viene, come dice papà. “E se ti
alzi, amore mio, vado a mangiarmi la torta-gelato…”
Marco si sollevò da sopra Andrea, ma si scoprì come frastornato
per il modo in cui era appena stato apostrofato. Era la prima volta, per quel
che ricordasse –e una cosa del genere non sarebbe andata a cadere in un dimenticatoio–
che Andrea lo chiamava amore mio.
Andrea gli lesse negli occhi quel pensiero. “Non
montarti la testa, adesso. Chiamo amore
mio anche il cane dei miei quando devo invitarlo a levare il culo dal
divano…”
“Certo, ho capito” rispose Marco, tirandosi a
sedere, mentre Andrea poggiava a terra i piedi e si chinava per frugare tra i
vestiti gettati alla rinfusa. “Ho capito. Quando dici amore mio, in realtà intendi qualcosa come peso sullo stomaco… rompiballe,
mangiapane a ufo… Una cosa così: me
lo ricorderò in futuro. Non vorrei mai equivocare.”
“Esatto… E pensa a quanto ti voglio bene, dato
che fino ad oggi non t’avevo mai dato del rompiballe…” replicò Andrea infilandosi
le mutande e rizzandosi in piedi.
“Prendi la torta? Me ne porti una fetta…? Una
fettina… che torta è?”
“Amore
mio,” rispose Andrea, “non si mangia la torta sul mio divano… Anzi, a
proposito: adesso non ho voglia di controllare, ma se domani scopro che mi hai
macchiato il divano, ti faccio addebitare il conto della tintoria…”
Marco si grattò la pancia prima di controllare
rapidamente sotto un paio di cuscini. “Credo di aver deposto tutto il mio seme
nell’apposito contenitore in lattice”, disse seguendo Andrea in cucina.
“Ehi” lo fermò subito con un rapido gesto della
mano, portata a barriera. “Nella mia cucina non si entra senza avere addosso
almeno un paio di mutande… e già che cerchi gli slip, vedi di raccogliere da
terra anche gli appositi contenitori in lattice…”
Marco obbedì agli ordini. Mentre s’infilava gli
slip, disse, da una stanza all’altra: “Sai, dato che non hai più niente da
nascondermi, avevo già pensato che d’ora in avanti avremmo potuto passare qui a
casa tua più tempo che a casa mia, visto che la tua è più grande e tu hai l’aria
condizionata…” Si chinò a raccogliere un paio di salviette e due condom da sotto il divano,
fermandosi solo un istante a chiedersi se ce ne dovesse essere in giro un
terzo. “Ma visto il modo autoritario con cui ti poni con i tuoi ospiti, penso
che continueremo a grondare sudore a casa mia…”
Qualche minuto dopo, seduti al tavolo della
cucina e armati di forchettina da dessert, Marco e Andrea avevano già fatto
sparire metà del semifreddo alla vaniglia.
“Allora, raccontami un po’: com’è successo?”
domandò Marco.
“Com’è
successo cosa?” chiese Andrea, cadendo dalle nuvole.
“Com’è successo che tu abbia messo al mondo un
clone, un cuccioletto con la tua identica medesima faccia da…”
“Attento!” lo fermò Andrea puntandogli la
forchettina ad altezza degli occhi.
“…La tua identica faccia da schiaffi: non mi
sarei permesso mai di dire altro… Com’è successo?”
“È successo. Linda è rimasta incinta. Non è
qualcosa che sono andato cercando…”
“Sì ma… se uno non vuole figli, oggi ci sono
tutte le precauzioni del caso…”
“La verità è che è stata Linda a volerlo” gli
rispose Andrea. “Avevamo una relazione altalenante, ci prendevamo e ci
lasciavamo, io avevo altre storie… e lei ha pensato che, se restava incinta, io
avrei smesso di vedere altre persone, che avremmo messo su famiglia e avremmo
vissuto insieme felici e contenti… Ma non era quello che volevo io: io sapevo che
non saremmo durati troppo insieme e glielo dicevo. Lei sapeva anche che, tra un
ritorno di fiamma con lei ed il successivo, io provavo a tessere una relazione con
altri uomini. E per tutta la gravidanza non abbiamo fatto altro che litigare. Ho
litigato anche con i miei, sai: dicevano che avrei dovuto sposare Linda e
riconoscere il bambino. Ma non l’avrei fatto mai. Sposarla, dico…”
“Ma in che rapporti siete, tu e Linda?”
“Adesso siamo in buoni rapporti, buonissimi. Mi
ha capito. Ha capito che non doveva neanche provarci ad infilarmi in una
trappola del genere, perché, nel momento esatto in cui ho realizzato che voleva
usare il bambino per quello scopo, è sparito ogni sentimento che potessi
provare nei suoi confronti…”
“Prima della trappola però qualcosa c’era…?”
“Era… boh, l’ultima occasione che mi era
rimasta per avere una vita da eterosessuale, l’unica ragazza che ancora mi
facesse girare la testa. I miei sapevano tutto… quasi tutto… ma erano convinti
che alla fine avrei scelto lei. Perché Linda è davvero uno spettacolo, una
forza della natura. Ed era pazza di me ed io mi sentivo da dio quando stavo con
lei. Ma è finito tutto quando ha cercato di forzarmi la mano…”
“Finito
tutto: sei proprio sicuro?”
“Davide è l’unica cosa che abbiamo in comune,
adesso. Non mi metto in casa qualcuno che decide della mia vita al posto mio. Ho
questo difetto qua. E alla fine lei se l’è messa via, te l’ho detto.”
“E con Davide, invece, come va?”
“Credo di cavarmela bene come padre… Ho un po’ paura
che possa risentire del fatto che i suoi genitori abbiano vite completamente
separate, ma al momento non mi pare che ci siano problemi…”
“Ma il modo in cui è stato concepito? Hai
parlato di trappola…”
“Ma non ha nulla a che fare con il rapporto tra
me e il bambino” assicurò Andrea. “La gravidanza è stata un periodo complicato,
per le decisioni che avevo preso, i rapporti con Linda e con la mia famiglia.
Ma Davide non c’entra. L’ho amato dal primo momento in cui l’ho preso in
braccio e l’ho sentito mio. Davide è mio figlio. E nella mia modesta opinione,
questo è tutto ciò che conta.”
L'episodio 1.
L'episodio 18.
L'episodio 1.
L'episodio 18.
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