Marco spense il pc ed afferrò lo zainetto senza
metterlo in spalla. Si era trattenuto in ufficio dieci minuti oltre l’orario di
lavoro, ed ora salutava l’unica collega ancora rimasta, che sembrava
intenzionata a trattenersi anche più di lui.
In corridoio incontrò Dario. “Ehi ciao. Ma dove
sei stato tutto il giorno? Nemmeno un caffè abbiamo preso…”
“Sono nero, guarda. Non ne posso più” rispose
Dario, procedendo lesto verso l’uscita. “Oggi il caporeparto s’è inventato di
cronometrarci le pause-caffè e mi sono giocato tutto il tempo a disposizione
con la prima pausa.”
“Non dire certe cose a voce troppo alta. Vedi
mai che certe brillanti iniziative venissero copiate…”
“Ho troppo bisogno di caffeina ora. Se la cosa
va avanti per altri tre giorni, giuro che comincio il boicottaggio.”
“Ma che vuoi boicottare? Già è tanto se ancora
nessuno parla di tagli, qua dentro.”
“Tagli? E che vogliono tagliare?” replicò
Dario. “Già stiamo facendo in cinque il lavoro che l’anno scorso facevamo in
otto. Dopo che il Bonetti ha dato le dimissioni e che i due vecchiacci sono
andati in pensione, mica hanno pensato di rimpiazzarli assumendo qualcuno di
nuovo…”
“E non hanno proprio l’intenzione di assumere
qualcuno, fidati” replicò Marco.
“Mal cagati negrieri di merda…” sibilò Dario.
“Dai, parliamo d’altro… Sabato al lago porti
Eleonora?” domandò Marco.
“Eleonora?
Cazzo, quanto sei rincoglionito. Si chiama Elisabetta, non Eleonora.
E-li-sa-bet-ta.”
“Elisabetta,
hai ragione… Allora che fai, porti lei?” chiese. Stavano attraversando il
parcheggio dei dipendenti.
“Sì, gliel’ho chiesto e ci viene volentieri.”
“Due weekend consecutivi… Sta diventando una
cosa seria?”
“Affatto. È solo che a Elisabetta piacciono da
matti le gite al lago e non tengo voglia di cercare qualcun’altra… Tu invece,
porti Andrea?”
“Non gliel’ho ancora chiesto… Magari è un
tantino presto…”
“Chiediglielo” disse Dario, indicando con il
mento oltre l’inferriata.
Andrea era là, fuori dal cancello. Si sbracciò
per attirare la loro attenzione.
“Un solo weekend e già passa a prenderti al
lavoro” disse Dario. “La tua è già diventata una cosa seria…”
Marco salutò sbrigativamente Dario e corse al
cancello.
“Ma che fai qui?” chiese, sorridendo
imbarazzato.
“Ho pensato di passarti a prendere. Ma ti
imbarazza che mi vedano i tuoi colleghi?” domandò Andrea.
“No, per niente. È la sorpresa in sé che
m’imbarazza… Non me l’aspettavo” disse gongolando un poco.
“Avevo voglia di passare la serata con te e
volevo mandarti un sms, ma ho pensato che, se per qualche motivo fossi stato
già impegnato, venendo di persona fin qua almeno avrei potuto vederti questi
cinque minuti…”
“Sei un ruffiano. Te l’hanno mai detto che sei
uno stramaledetto ruffiano?” replicò Marco.
“Beh allora? Sei già impegnato per stasera?”
“Nessun altro impegno.”
“Allora vieni…” fece Andrea, invitandolo con un
cenno del capo ad uscire.
In quel mentre Dario transitò dal cancello con
la propria macchina. Diede un colpetto di clacson e salutò dal finestrino. “È Dario.
Stava con noi al Circolo sabato.”
Andrea salutò con la mano l’auto che s’allontanava
e poi tornò a volgersi interrogativo verso Marco, che non oltrepassava il
cancello. “Sono in bici…” disse lui.
“Lasciala qui. Domattina ti riaccompagno io.”
“Passi a prendermi domattina…?” chiese Marco.
“Certo. Oppure passo la notte da te così
domattina non devo uscire prima di casa per venirti a prendere…”
“Ah, ho capito” replicò Marco. “Va bene, vediamo
come va la serata e poi, forse, ti lascio
dormire da me…”
“Sul divano, immagino…”
“T’ho detto: vediamo come va la serata…”
rispose, aggrappandosi allo sportello dell’auto di Andrea.
“Mangiamo qualcosa in giro?” gli chiese Andrea,
mentre sedeva e riavviava il motore.
“Mi inviti a passare la serata insieme: mica
vorrai che ti cucini io qualcosa da me…?”
“Magari nel congelatore tenevi già la lasagna
di mamma, bell’e pronta da scaldare in forno.”
“Te lo scordi che mia madre mi prepari una
lasagna…” replicò Marco.
“Dai, che preferisci? Cinese, giapponese,
kebab, hamburger, cotoletta, pizza, pesce? Cos’altro?”
“Ravioli al vapore e gamberi… ho proprio voglia
di cinese…” rispose.
“Meno male” disse Andrea, invertendo il senso
di marcia. “Ne ho trovato uno che mangia e che non mi fa neanche spendere tanto…”
“Sono un ragazzo a basso mantenimento. Ma guarda che sono anche economicamente
indipendente, perciò possiamo dividerci il conto a metà…” rispose Marco.
“No. Devo almeno offrirti la cena, se non
voglio dormire sul tuo divano…”
“Non cercare di fare troppo il simpatico, o non
ti faccio nemmeno arrivare al mio pianerottolo” replicò.
Andrea portò Marco in un ristorante cinese che
conoscevano entrambi, non troppo lontano. La cena fu uno spasso: pareva proprio
che anche fuori dal letto avessero un buon affiatamento; sapevano conversare e
divertirsi.
Poi, ad un certo punto della serata, Marco si
rammentò che Carlotta aveva invitato tutta la compagnia ad una gita sul lago
quel sabato, l’appuntamento cui Dario avrebbe portato la sua Eleonora e/o Elisabetta. E chiese: “Per
sabato, hai già impegni?”.
Andrea, preso in contropiede, si limitò a
rispondere: “Perché?”
“I miei amici vanno al lago. Sono gli stessi
del Circolo più qualche amica pazza di Carlotta. Potresti venire anche tu. Se
non hai altri impegni…”
“Questo weekend non posso” rispose Andrea. “È per
questo che ho pensato di invitarti stasera” e poi trattenne il fiato,
aspettandosi che Marco gli chiedesse cosa dovesse fare di tanto importante.
Marco seppe nascondere una fugace delusione. “OK,
non c’è problema, anzi… c’ho guadagnato una cena al cinese che Carlotta e gli
altri detestano cordialmente…”
Andrea restò zitto.
“Ma non è che ti imbarazza passare la giornata
con i miei amici…?” domandò Marco.
“Figurati…”
“Magari è presto, ma guarda: ti assicuro che
loro ti stimano tantissimo per come mi hai baciato sotto il naso di Tommy…”
“Sotto il naso di Tommy? E perché?” lo
interruppe Andrea. “Non mi avevi detto che quel Tommy era solo un amico…?”
“Certo certo.” Momento di silenzio. “Comunque
Tommy non viene sabato.”
“Meglio” si limitò a commentare Andrea. “Prendiamo
il gelato fritto?
“Niente gelato fritto. O nel letto ci limiteremo a
rotolare…”
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