Il ragazzo dell’autobus, quello che non gli aveva
staccato gli occhi di dosso per tutto il tempo del viaggio, se ne stava ora a
tre passi da lui, davanti ad un altro degli espositori per l’ascolto dei cd,
giusto quello alla sua sinistra, cuffia calata sulle orecchie, mano che batteva
il ritmo su una coscia.
Marco immediatamente chinò il capo, distogliendo lo
sguardo. Lesse un paio di volte la tracklist sul retro del cd che teneva in
mano prima di darla vinta alla curiosità e di rivolgere un’occhiata al ragazzo.
Lui appariva sinceramente preso dall’album che stava
ascoltando e non sembrava essersi
accorto di lui. Le dita che prima batteva contro la coscia ora tamburellavano
sui cd in esposizione, mentre dondolava il capo e le spalle. Era davvero,
davvero molto, molto attraente…
Quando una ragazza lo urtò per sbaglio sottraendolo al
proprio rapimento, lo sconosciuto si voltò alla propria sinistra per vedere chi
fosse stato. Indugiò qualche istante, voltando le spalle a Marco che ne
approfittò per sbirciargli il sedere stretto nei jeans, che pareva essere
davvero bello tondo. Quindi il ragazzo tornò ad ascoltare la sua musica. Ed
eccolo a tradimento voltarsi distrattamente anche alla sua destra, giusto in
direzione di Marco.
Marco si sentì avvampare, come fosse stato colto in
fallo, ma il ragazzo non dimostrò in alcun modo di averlo riconosciuto e tornò
a concentrarsi sull’ascolto dell’album nelle cuffie, completamente estraniato.
Marco ci restò malissimo, sentendosi quasi tradito. Riagganciò
le cuffie e su due piedi s’allontanò. Al confine tra il reparto musica ed il
reparto cinema, ebbe un’esitazione e si fermò, ma con uno sforzo s’impose di
non voltarsi indietro.
Fu allora che Carlotta lo raggiunse e prendendolo per
la spalla gli mostrò il libro che aveva scelto.
“Ti avevo lasciato con Antonella Clerici e mi arrivi
con Isabella Santacroce…?” bofonchiò Marco.
“Già” rispose Carlotta, accompagnando la
stringatissima affermazione con una mimica facciale che doveva sottolineare la
convinzione della scelta effettuata.
“Guarda Charlotte…” cominciò col dire lui, dopo averle
preso il libro di mano ed averlo un poco sfogliato. “Ho letto un paio dei suoi
libri e a me la Santacroce piace… Però è un genere un po’ particolare e se non
conosci proprio bene i gusti della tua amica e non sai se magari…”
Carlotta non lo lasciò terminare la frase. Gli
sottrasse il volume dalle mani, girò i tacchi e senza proferire verbo tornò a
passo veloce al reparto libri.
Marco si pentì subito di non essersi morso la lingua e
di aver minato alle fondamenta la convinzione della sua amica: quel che voleva
era allontanarsi da quel posto, tornare al piano superiore, fare un paio di
complimenti di circostanza all’eventuale nuovo i-pad di Dario ed andarsene. Ora
invece doveva aspettare Carlotta.
Diede un’occhiata al cellulare per assicurarsi che Ste
non avesse sollecitato con un sms la loro riapparizione. Ma niente. Si avvicinò
al primo stand di dvd, attento a dare le spalle al resto della sala.
I suoi occhi correvano su quella variopinta ed
eterogenea parete di titoli e copertine/locandine, senza trovare un film che
attirasse la sua attenzione. Del resto, i suoi pensieri erano tutti focalizzati
sul ragazzo coi capelli scuri che non l’aveva proprio riconosciuto. Non l’avrebbe
ammesso mai nemmeno a se stesso, ma la faccenda lo aveva offeso. E lui stesso
non si capacitava del fastidio che stava provando.
Si accovacciò per dare un’occhiata tra i titoli che
cominciavano per An. Passò in rassegna tutti i dvd della fila, scartabellandoli
uno per uno, senza nemmeno leggere i titoli per intero. Appurato che non c’era
il film che gli era venuto in mente di cercare, si rialzò dritto in piedi,
accorgendosi in quel momento di avere qualcuno affianco.
“Ehi” disse il ragazzo coi grandi occhi neri.
Marco lo guardò, sorrise e si limitò ad un cenno della
testa.
“Sai mica l’ora?” gli domandò lui, come aveva fatto
sull’autobus per attaccare bottone.
“Ancora…?” scappò di bocca a Marco che, corrucciando
la fronte, cominciò a frugare nella tasca dei pantaloni dove aveva riposto il
cellulare.
“No, lascia stare. Era solo per vedere se ti ricordavi…”
“A m’arcord…”
rispose Marco, in un improbabile accento romagnolo, cogliendo al balzo il suggerimento
di una locandina appesa alle spalle del suo interlocutore.
Lo sconosciuto diede segno di non aver inteso il
significato della risposta.
“Vuol dire Mi
ricordo in romagnolo…” spiegò Marco, che in quel momento si sentiva piuttosto
stupido.
“Bene. Allora me lo segno” replicò sorridendo lo
sconosciuto, che poi aggiunse: “Io sono Andrea” e gli tese la mano.
1 commento:
Non vedo l'ora che arrivi una nuova puntata, intanto spero che l'autore stia bene. Un grosso abbraccio coccoloso! :*
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