lunedì 21 maggio 2012

2. Di Marco e di quella volta che ebbe a raggiungere gli amici in centro

“Dove sei andato, Marco?”
Alla domanda di Carlotta, che improvvisa interruppe il flusso di parole che uscivano dalla bocca di Stefano, Marco sobbalzò sulla sedia.  “Come, scusa?” chiese.
“Ho chiesto dov'eri andato. Avevi lo sguardo completamente assente, da mucca al pascolo. Stavi su tutto un altro pianeta o mi sbaglio?”
“Non mi stavi ascoltando?” domandò Stefano, aggrottando la fronte in segno di disapprovazione.
“Certo che ti stavo ascoltando” rispose Marco. “Fino ad un certo punto, poi sono entrato in stand-by.”
“Tutti entriamo in stand-by quando parli tu, Ste” continuò Dario. “Non è possibile seguire il filo dei tuoi discorsi perché i tuoi discorsi non hanno un filo conduttore...”
“Ma cosa vuol dire?” chiese Stefano, aggrottando la fronte in segno di profondo fastidio.
“Che passi di palo in frasca. Cambi argomento all'improvviso, apri parentesi che non richiudi, confondi nomi e luoghi. Non è possibile fare conversazione con te.”
“Beh, ma se non ti interessava quello che stavo dicendo, non dovevi far altro che entrare nella conversazione e condurla in qualche altra direzione, introducendo qualche nuovo argomento a te più congeniale...”
“Ma ti senti quando parli?” lo interruppe Dario. “Sei assolutamente insopportabile. In-sop-por-ta-bi-le!”
“Mentre loro due litigano” fece Carlotta a Marco, a voce bassa, “mi dici a cosa pensavi?”
I quattro amici stavano seduti comodi attorno al tavolino di un bar che affacciava sulla piazza centrale, con davanti due coppe di gelato, un caffè ed un bicchiere di vino bianco. Era una bella giornata di primavera, il cielo terso, un venticello freddo che di tanto in tanto faceva svolazzare un tovagliolino di carta.
La prima bella giornata della stagione e la piazza ed i bar erano affollati di ragazzini che facevano branco, di coppiette che si tenevano per la mano, di nonni che portavano i nipotini in salvo da una consolle.
E a quel tavolo c'erano loro: Marco, Carlotta, Dario e Stefano. Era stata Carlotta a chiamarli tutti a rapporto, appena aveva deciso che le previsioni meteo avevano mentito e che per quel pomeriggio non si sarebbero visti temporali.
“Ma niente di che” rispose Marco. “M'è venuta in mente la faccia di un tizio che ho incontrato prima sull'autobus...”
“Che faccia aveva?” chiese Carlotta.
“Eh... ma secondo te?”
“Ah! Adesso ho capito. Insomma, era uno piuttosto caruccio...”
“Caruccio...? Sì insomma... sai, il tipo che piace a me.”
“E com'è il tipo che piace a te?” domandò Dario, che evidentemente s'era stancato di stuzzicare Stefano.
“Lo so io com'è il tipo che piace a me” ribatté Marco, che si era accorto di non gradire di portare avanti quel discorso al tavolino di un bar, in mezzo a tante orecchie indiscrete.
“Lo so io” intervenne Stefano. “A Marco piacciono i moraccioni, non tanto alti ma probabilmente piuttosto dotati.”
“E tu che ne sai?”
“Basta prendere in considerazione i suoi ex: tutti con la carnagione ed il pelo scuro, tutti più bassi di lui...”
“E scusami tanto, Ste, ma tu che ne sai di quanto fossero piuttosto dotati i miei ex?” chiese Marco.
Stefano valutò la risposta per qualche attimo, poi replicò: “Con il culo enorme che ti ritrovi, hai evidentemente bisogno di ragazzi piuttosto dotati per divertirti...”
Marco restò muto, come folgorato per la battuta di Stefano.
“Ha ragione Ste. Hai un culo enorme e dovresti smettere di mangiare tutto quel gelato” rincarò la dose Carlotta.
“Ma senti un po' questa!” sghignazzò Marco. “E dimmi, di chi è questa seconda coppa vuota, che un altro po' ti mettevi a leccarla con tutta la lingua pur di non lasciare traccia di cioccolato?”
“A me il gelato si trasforma tutto in tette, ed è bene. A te va tutto sul culo, ed è male. Tanto male.”
Dario prese a ridere sguaiatamente. “Come, come? Ho sentito dire tette? E tu, Carlotta, che ne sai di tette?”
“Guarda che ce le ho anch'io, le tette... da qualche parte...” replicò lei, mettendo in mostra il petto e fingendo di cercare nello scollo della maglietta quel che non appariva evidente.
“E se ce le hai” disse Marco, “portale a spasso ogni tanto, fa' loro vedere un po' il mondo. Non tenerle sempre chiuse a casa in qualche cassetto.” E detto ciò, non seppe trattenersi dal ridere.
Carlotta rideva, ma decise di calarsi nella parte dell'offesa. Si calcò sul naso gli occhiali da sole e cominciò a riporre in borsa sigarette, accendino e quant'altro di suo aveva poggiato sul tavolino.
Stefano si sentiva in dovere di dire qualcosa. “Guarda che gli estimatori del seno prediligono quello piccolo come il tuo fin dai tempi...”
“Ma vaffanculo, Ste!” e con ciò si alzò dal tavolo, troncando sul nascere quel che poteva rivelarsi, nelle intenzioni di Stefano, un interessante excursus storico sull'iconografia del seno e sul desiderio maschile.
Dario e Marco si litigarono lo scontrino, raggiunsero la cassiera e riuscirono a dividersi il conto esattamente a metà. Senza fretta raggiunsero Carlotta e Stefano.
“Dove si va?”
“Guardiamo un po' le vetrine” rispose Carlotta. “E se siamo fortunati, troviamo qualcosa che metta in risalto le mie tette e qualcosa che nasconda il culone di Marco...”

L'episodio 1.
L'episodio 3.

2 commenti:

Principe Kamar ha detto...

Spero che Marco incontri il suo bel moretto. :)
Baci!

Edgar ha detto...

Non so, stiamo a vedere...