Che
cose strane siamo noi umani, che passiamo tanta parte del poco tempo che
abbiamo a far cose sciocche come cercare una maglietta del colore che meglio s’intona
alla nostra personalità e che se ne sta nascosta in una pila di altre magliette
della stessa taglia, che addosso ci stanno ugualmente, ugualmente ci vestono.
Il senso di qualsiasi maglietta sta nel vestirci, non ha altra funzione logica
una maglietta, eppure noi a cercarne una che parli per noi, che racconti chi
siamo noi a chi ci sta intorno. Una maglietta che parli mentre noi di noi non
parliamo mai, nemmeno qui, adesso tra amici. Da quanto tempo conosco Ste e
quante volte gli ho detto che i suoi sproloqui mi sfiancano eppure non riesco a
stare una settimana senza sentirlo, senza sapere cosa gli è successo anche
quando so che non gli è successo niente? Occorrerebbe una maglietta per
dirglielo, una maglietta con su scritto “Mi annoio a morte con te ma senza te questa
vita sarebbe una noia”. La trovassi, gliela potrei regalare. E quella maglietta
avrebbe confessato di me più di quanto io abbia confessato a lui. A Carlotta
no, lei di me sa tutto e non ho bisogno di magliette che le parlino per me; per
lei ci vorrebbe semplicemente una t-shirt che ogni
volta che si specchia le ricordi quant’è bella e dolce e fantastica. Lei sa che
io lo penso perché glielo dico spesso; eppure non mi crede, e non mi crede
perché è lei a non capire quanto davvero è bella e dolce e fantastica. È fatta
così, non riesce a prendersi sul serio, a vedersi per com’è fantastica agli
occhi miei e degli altri. Cose strane siamo noi umani, che ci facciamo mille
paranoie e non ci accettiamo per quello che realmente siamo. Non riusciamo a
vedere noi stessi con gli occhi degli altri e siamo convinti che gli altri non
ci vedano per come siamo realmente. Carlotta è una ragazza splendida, ha un
sorriso che letteralmente illumina il giorno e non riesco a farla convinta di
questa semplice assoluta verità. Non dipende da me come non dipende da quello
stronzo del suo ex; dipende solo da lei, dall’immagine ingenerosa ed infedele che
ha di sé. Non vede quant’è bella dentro e fuori, semplicemente perché quando si
guarda non vede quello che oggettivamente è; vede solo le istantanee di ciò che
ha fatto o i riflessi di ciò che è stata. E, come facciamo tutti, non si
racconta per com’è, ma si racconta per come altri l’hanno raccontata. Che cose
strane siamo noi umani; io per primo che sto qui a farmi tutte queste paranoie
e a fingere di scegliere una maglietta di cui non mi fotte niente, solo perché
qualcuno dei miei amici ha deciso che oggi era la giornata dello shopping, e
shopping è stato…
“Allora che fai, la prendi?”
“Cosa?” chiese Marco.
“Come cosa?”
sospirò Carlotta. “Quell’orrenda maglietta che stai girando e rigirando da un
quarto d’ora…”
“Ma se è orrenda, perché devo prenderla?”
replicò Marco, riponendo la t-shirt in cima alla pila da cui l’aveva estratta.
“Oddio, se a te piace, puoi pure prenderla.”
“Ma t’ho detto che è orrenda. Tu piuttosto,
trovato qualcosa?”
Carlotta scosse la testa. “Non è proprio
giornata. O forse non è proprio il negozio giusto… Proviamo da qualche altra
parte.”
Marco si guardò attorno e non troppo distante
da loro, nel settore di intimo maschile, vide Stefano. Reclamò la sua attenzione e subito lui li
raggiunse. “Dov’è Dario?” gli chiese.
“Ha detto che doveva assolutamente fumare e che
ci aspettava fuori” rispose Stefano.
“E figurati, un maschio eterosessuale che
rimane dentro un negozio d’abbigliamento più di due minuti…” commentò Carlotta.
“Pure io mi sto annoiando oggi” sospirò
lacrimevole Marco.
“Tu oggi hai proprio una giornata di merda: ti
si legge in faccia.”
“Qualcosa che non va, gioia mia?” gli domandò
Stefano, mentre stavano uscendo dal negozio a mani vuote.
Marco, che non si sentiva affatto diverso dal
solito, rispose senza alcuna convinzione: “Qualche rogna di poco conto a
lavoro, niente d’insolito.”
“No, amori miei” disse Carlotta, attardandosi
solo un istante a guardare un top nero appeso ad una gruccia. “Oggi è sabato e
di sabato la parola lavoro è bandita.”
“Ma, a proposito: programmi per il sabato sera, ne abbiamo,
tesori vostri?” chiese Marco.
Stefano strinse i pugni e gongolò tutto
eccitato. “Certo che sì, ma per te è assolutamente una sorpresa. Assolutamente,
non puoi sapere niente fino a sera!”
Marco s’arrestò e lo squadrò di traverso, con
uno sguardo che significava Che cazzo
stai a dire?
Carlotta lo prese per un braccio e lo trascinò
in strada. “T’ha detto che è un sorpresa, e sarà una sorpresa.”
“Assolutamente!” ribadì Stefano, e Marco ebbe l’impressione
che stesse addirittura saltellando per l’eccitazione.
“Preso niente?” domandò Dario appena furono in
strada. Aveva in mano una sportina con il logo del negozio, e la cosa sorprese
tutti e tre i suoi amici. “Cravatte” spiegò. “A lavoro ci hanno chiesto un
abbigliamento un po’ più professionale, ed io avevo solo una cravatta blu. Un salto
nel mio negozio preferito?” suggerì poi, tagliando corto ed indicando lo
store di apparecchi digitali e tecnologici in fondo alla via.
“Ma io non
ho preso niente da vestire…” protestò Carlotta.
“C’è tempo
dopo” replicò Dario, incamminandosi in tutta fretta. “Voglio dare un’occhiata,
ché voglio farmi l’i-pad…” e gli amici ad affrettarsi dietro a lui.
“Pure l’i-pad
è per darti un’aria un po’ più
professionale?”
“L’i-pad è
perché lo necessito, lo desidero fisicamente e voglio possederne uno al più
presto…”
Marco,
Carlotta e Stefano assecondarono quell’improvvisa pulsione erotica del loro amico,
e per tre interi minuti gli stettero stretti ai fianchi mentre Dario faceva scorrere
i polpastrelli sullo schermo lucido di una tavoletta digitale, sotto lo sguardo
vigile ed al contempo complice di un giovanissimo commesso. Passati i tre
minuti, Carlotta e Marco, senza dirsi né dire una parola, s’allontanarono a
braccetto e scesero al piano interrato dello store, dove c’erano i reparti
libri, musica e home-video.
“Già che
siamo qui” disse Carlotta, “potrei cercare un regalo per la Chiaretta, ché a
breve mi compie gli anni…”
“Che regalo
hai in mente?” domandò Marco.
“Un libro. O un cd. O un film…” rispose lei, grattandosi il mento pensierosa.
“Meraviglioso,
tesorissima: siamo proprio nel posto giusto. Se solo potessi restringere ancora
un po’ il campo di ricerca…”
“Tu cosa
suggerisci?”
“Tu magari ricordami
chi è ‘sta Chiaretta…” replicò Marco.
“La
Chiaretta, santo il cielo, la conosci anche tu. È venuta al lago con noi un
sacco di volte l’anno scorso…”
Marco fece
mente locale ma non ricordava nessuna Chiaretta nelle sue domeniche in riva al
lago. “L’anno scorso siamo stati al lago insieme, io e te, tre volte, cara la
mia amica io-la-domenica-mattina-preferisco-dormire…”
“Ed una di
quelle tre volte son sicura ci fosse anche la Chiaretta…”
“Siamo già
passati da un sacco di volte a una di quelle tre volte… E l’unica volta
che è venuta anche una tua amica trattavasi della Vale.”
“Che c’entra
la Vale adesso?”
“Non c’entra
niente, appunto. Mi stavi parlando della Chiaretta, che al lago con noi non è
mai venuta…”
“C’era
quella sera che abbiamo mangiato quella pizza buonissima su quella bellissima
terrazza sul lago…”
“Mi
ricordo, amore mio dolcissimo. Mi ricordo che me l’hai raccontato perché io non
ero venuto.”
“Ma se poi,
quella sera, siamo andati tutti in quella squallidissima disco in culo al mondo…”
“Sì sì, mi
ricordo. Che me l’hai raccontato perché io non ero venuto.”
“D’accordo.
Però la conosci. Stava pure alla festa di compleanno di Dario.”
“Alla festa
di compleanno di Dario c’era la galassia intera, tesoro mio.”
“Appunto. E
c’era anche la Chiaretta.”
“Quanto ti
amo, ma quanto mi sfianchi…” sospirò Marco. “Prendile un libro. Con un libro ci
fai sempre una bella figura.”
Carlotta s’avvicinò
alla pila delle novità editoriali per poi virare verso lo scaffale dei libri di
cucina. “Uno dei libri della Clerici. Alla Chiaretta sta parecchio simpatica la
Clerici, ma non mi stupirebbe se li avesse già tutti…”
“Non ho
ancora capito chi è, ‘sta Chiaretta, ma son sicuro che mi sta proprio sui
coglioni” sentenziò Marco.
“Mi lasci
da sola?” bofonchiò lei, mentre lui si allontanava verso il reparto di musica.
“Tu hai
questa decisione importantissima – oserei dire vitale – da prendere…” rispose senza fermarsi.
“Ed in
questo momento topico, mi lasci da sola, in balia dei miei tormenti? Clerici o Parodi,
Parodi o Clerici…” recitò a voce fin troppo alta, richiamando l'interesse dell'intero reparto libri.
Marco, che
le uniche partite di pallavolo che aveva seguito in vita sua erano quelle
giocate da Mila Hazuki, si fermò appena il tempo per risponderle con il gesto di
chi chiama un time-out. Non voleva abbandonare l’amica o prendersi per davvero
una pausa da lei. Solo che gli era appena venuto in mente che in quei giorni
era uscito il cd di un’artista che tanto apprezzava e voleva dare un’occhiata.
Eccola lì,
infatti: Paola Turci sulla copertina del suo album Le storie degli altri, e proprio sull’espositore predisposto per l’ascolto.
Marco
indossò le cuffie e premette un paio di tasti. Partì la prima traccia dell’album
che aveva selezionato. Un minuto d’assaggio o poco più per ogni brano. E fu
sulle note del quinto pezzo – Devi andartene,
che peraltro già conosceva – che Marco si
accorse di lui.
L'episodio 1.
L'episodio 4.
L'episodio 1.
L'episodio 4.
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