...e credo che la polizia sospetti di me.
Infatti mi trovo in un angolo della mia stanza da bagno, seduto sopra il wc chiuso, e due ispettori di polizia, entrambi nell'impermeabile alla Colombo d'ordinanza, mi stanno facendo alcune domande, mentre alle loro spalle un altro paio di poliziotti mi sta perquisendo l'appartamento.
I due detective non hanno alcun appeal: sembrano usciti da una qualche serie poliziesca tedesca; anzi, uno potrebbe essere benissimo la versione quarantenne del fu Ispettore Derrick. Peraltro, ho la netta sensazione che le domande che mi stanno rivolgendo non siano particolarmente brillanti, soprattutto quando si soffermano sulla marca di dentifricio che uso abitualmente.
Dato che conosco tutta la verità ma ho giurato di tenere il segreto, mi sto gigioneggiando all'idea di dar loro qualche indizio qua e là, ma quando uno dei due mi porge una ciotola di latte con i cereali, capisco che i due sono già sulla buona strada. E che la mia reazione potrebbe incastrarmi...
Flashback.
Qualche ora prima, apro la porta di casa e mi ritrovo di fronte la dolce piccola (leggasi: nana) Lizzie. Non la vedo dalla cena post-maturità, e negli ultimi dodici anni non è cambiata di una virgola: un sorriso pacione che -lo si capisce ad uno sguardo- nasconde un paio di zanne pronte a lacerarti la carne (in senso figurato...). Nonostante tutto il tempo trascorso, ci salutiamo con un po' di scazzo. La faccio accomodare, le offro tè e pasticcini, e poi lei mi racconta come ha ucciso il mio ex...
Flashback.
Ian, il mio ex, sta mostrando a Lizzie il suo nuovo appartamento. Si conoscono perché sono colleghi di lavoro. E perché Ian ha appena soffiato a Lizzie il fidanzato. Fossi in lui -penso- non la lascerei tanto guardarsi attorno, a briglia sciolte, per tutta casa; invece Ian si mette al piano e le suona un pezzo, mentre lei ispeziona l'appartamento ed ogni tanto si ricorda di esclamare un "bravo!" "che bel pezzo!".
Ad un tratto, Lizzie sobbalza perché una porta si apre d'impeto: ne esce un grosso trolley, che evidentemente non aveva un fermo sotto le rotelle (il che mi fa supporre che l'appartamento non abbia un piano perfettamente orizzontale, oppure che si trovi su una nave, con il mare in burrasca...). Lizzie varca la porta che s'è aperta e scopre che si tratta di un vano-armadio, pieno zeppo di abiti, maglioni e giacche: appesi su stampelle, ripiegati su scaffali, stipati in scatoloni e valigie.
Lizzie esce dal vano, ed ora ha le fattezze di Lark Voorhies (l'afro-americana di Bayside School, la ricorderò solo io...). Raggiunge la cucina e lì, sul tavolo, vede una ciotola di latte e cereali: la colazione di Ian. Si china e da sotto il lavello estrae un grosso flacone bianco, che svuota nella ciotola. E comincia a ghignare...
A questo punto, mi sveglio. In quell'attimo di transito tra sogno e realtà, mi sento completamente solidale con Lizzie, perché mi viene in mente una cosa: il vero movente per l'omicidio non risiedeva nella gelosia, ma nell'invidia per quell'enorme vano-armadio.
P.S. In un primo tempo, a corredo del post avevo inserito il video di Murder on the dancefloor di Sophie Ellis-Bextor, ironico e glamour quanto bastava. Ripensandoci, questo mi pare più appropriato, anche perché non escludo possa, in qualche modo, aver influenzato il mio subconscio.
5 commenti:
oddio, io aspetto l'adattamento cinematografico!
(uhm, certo che come sogno non è tranquillizzante...)
(ehm, ogni tanto riappaio...)
Direi che allora non sono l'unico a fare sogni strani...
Meno male.
Mal comune mezzo gaudio
Thrasùs: e fai bene a palesarti, perché credo tu abbia qualche non secondaria responsabilità per la coppia di detective alla Derrick...
Poto: non ne faccio tantissimi di 'sti tempi, ma quando m'impegno...
Comincio a concordare con quanto Gan ha scritto da Poto: pasti più leggeri la sera :)
LVM
ot: stasera La chiamo
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