Sono giorni strani questi. Giorni in cui non ho molta voglia di restare in comunicazione con il resto del mondo, giorni in cui tutta la routine quotidiana, tutte le abitudini sono cambiate ed io mi sento troppo stanco per far fronte alle novità. Domenica scorsa è stata davvero una bella giornata, una di quelle in cui anche le ore trascorse in auto sono servite a rilassarmi, soprattutto quelle in direzione “lontano da casa”. A maggior ragione se considero che il sabato ed il lunedì sono state giornate di segno totalmente opposto. Ferragosto in particolare, per come è arrivato, è stato spiazzante: l’aspettativa era di passare qualche ora con il TopO e in seconda istanza con il resto della Tribù dei MusiLunghi, ed invece è andata all’opposto. Ho trascorso un sacco di tempo in auto con mio padre in un silenzio assordante che mi ha dato modo di perdermi in mille pensieri, altrettanto il tempo speso in parole inutili con mia madre. E domani, sarà uguale...
Solferino, San Martino e Medole sono località citate nei libri della storia italiana [qui su Wikipedia se v'interessasse un riassunto] per le battaglie risorgimentali di cui sono state teatro, quando ancora si trovavano a ridosso del sistema militare asburgico del Quadrilatero, sulla linea di difesa che correva da Mantova ai bastioni della mia Peschiera.
A San Martino vi è una Torre monumentale [foto] eretta alla memoria di Vittorio Emanuele II, celebrato come vittorioso condottiero di queste battaglie che hanno portato alla cessione della Lombardia austriaca al regno Sabaudo; a Solferino, non lontano dalla storica Rocca medievale, un suggestivo Memoriale ricorda la fondazione della Croce Rossa Internazionale, idea dello svizzero Dunant che si trovava su quei campi di battaglia e rimase sconvolto dal sangue che aveva visto scorrere. La Torre di San Martino, così come la Rocca di Solferino, sorge su un’altura ed è ben visibile dall’autostrada, all’altezza del casello di Sirmione.
A San Martino vi è una Torre monumentale [foto] eretta alla memoria di Vittorio Emanuele II, celebrato come vittorioso condottiero di queste battaglie che hanno portato alla cessione della Lombardia austriaca al regno Sabaudo; a Solferino, non lontano dalla storica Rocca medievale, un suggestivo Memoriale ricorda la fondazione della Croce Rossa Internazionale, idea dello svizzero Dunant che si trovava su quei campi di battaglia e rimase sconvolto dal sangue che aveva visto scorrere. La Torre di San Martino, così come la Rocca di Solferino, sorge su un’altura ed è ben visibile dall’autostrada, all’altezza del casello di Sirmione.
Le colline, coltivate a vigne e granturco, sono parte integrante del paesaggio, da sempre; hanno origine morenica, sono nate dai detriti spinti a valle dalla massa di un ghiacciaio che poi ha lasciato il posto al bacino del Lago di Garda, cui ora fanno da argine meridionale. Non lontano sorge il centro turistico di Desenzano, che è oggi la cittadina più popolosa della provincia bresciana dopo il capoluogo; San Martino ne è amministrativamente una frazione.
Ma nonostante il flusso del turismo, l’autostrada e le tante tangenziali, per raggiungere la vicina Solferino bisogna ancora percorrere una strada tutta curve e dislivelli che accarezzano le morbide e verdi colline: se si fa sosta su una delle più alte, guardando verso nord si riconosce il duplice massiccio delle Prealpi che fan da corona al Lago, mentre volgendosi a sud si dominano le prime propaggini della Pianura Padana, di cui Medole, con la sua bella Pieve romanica, è da qui la porta d’accesso.
Durante il lungo weekend di Ferragosto ho percorso in auto diverse volte quella strada, e ancora lo farò nei prossimi giorni.
Accanto a me, come dicevo, mio padre che si guardava attorno un poco spaesato. Lui che in queste terre c’è nato e vissuto fino al matrimonio, riconosceva per nome ogni contrada, ma tutto in trent’anni è cambiato: casali che cadevano a pezzi sono stati ristrutturati e trasformati in agriturismi e maneggi, boschetti e colli sono stati piallati per cedere il posto a bretelline d’asfalto, molti crocevia trasformati in rondò da cui si diramano strade che conducono tutte in tutte le direzioni.
Accanto a me, come dicevo, mio padre che si guardava attorno un poco spaesato. Lui che in queste terre c’è nato e vissuto fino al matrimonio, riconosceva per nome ogni contrada, ma tutto in trent’anni è cambiato: casali che cadevano a pezzi sono stati ristrutturati e trasformati in agriturismi e maneggi, boschetti e colli sono stati piallati per cedere il posto a bretelline d’asfalto, molti crocevia trasformati in rondò da cui si diramano strade che conducono tutte in tutte le direzioni.
Tra quelle colline lui e mia madre ci sono nati e ci hanno lavorato da giovani ed infine si sono conosciuti, percorrendo quelle strade quando ancora erano poco più che mulattiere; le stesse strade che qualche volta, da bambino, io correvo in bici, perché in qualcuna di quelle contrade, o comunque non troppo lontano, ci vivono ancora quasi tutte le mie zie e molti dei miei cugini.
Eppure sabato quei campi di battaglia, pur pieni di fascinazione e ricordi, sembravano luoghi davvero lontani, davvero tanto estranei alla mia memoria.
Sono stanco di battagliare. E poi fa troppo caldo.
Sono stanco di battagliare. E poi fa troppo caldo.
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