Gran bel film. Ogni singola inquadratura è perfetta tanto che avrebbe potuto essere utilizzata come locandina del film. Perfetto il tema musicale. Convincente l'intreccio narrativo. Buone le interpretazioni degli attori. Lodi infinite al regista Clooney.
Senza entrare troppo nella trama per non rovinare i tanti colpi di scena a chi ancora non avesse visto il film, confesso che mi aspettavo qualcosa di diverso, in cui alla fine avrebbero prevalso l'onestà, la fedeltà all'etica e la convinzione che il bene assoluto ancora possa esistere. Ma riflettendoci bene, ciò sarebbe risultato ben poco credibile, pertanto anche l'amaro finale è pefetto così com'è stato realizzato. Senza un eroe buono, senza l'eco di personaggi irreprensibili.
Ambientato durante la campagna per le primarie democratiche in un'attualissima America, teatro delle ambizioni e degli imbrogli di politici, addetti-stampa, stagisti e giornalisti, Le Idi di marzo, esattamente come promette il titolo, è un susseguirsi di pugnalate alle spalle: nessun personaggio ne esce illeso, nessuno però è disposto a lasciarsi sopraffare. Rivelatore è il motto dell'addetto-stampa: "Sono disposto a tutto se credo nella causa", tutto sta a capire qual è la causa che i personaggi hanno realmente sposato.
Il protagonista Ryan Gosling è indubbiamente l'attore drammatico dell'anno. Alle mie amiche appare qui monoespressivo, esattamente come era loro sembrato nel cruentissimo thriller Drive (premiato per la regia a Cannes) visto qualche mese fa, e può darsi che abbiano ragione loro. Io però sostengo che i lunghi primi piani su un'espressione che cambia appena di pochi millimetri in tutto il film (un sopracciglio più o meno sollevato, una piega più o meno marcata all'angolo della bocca), rendono perfettamente il ritratto del protagonista: qui come in Drive, infatti, Gosling deve interpretare una sorte di sfinge, un uomo la cui anima è dilaniata dalle passioni ma che deve per forza maggiore apparire granitico, imperturbabile e sicuro di sè.
Assolutamente da aprire una parentesi su Marisa Tomei, nel ruolo-chiave della giornalista alla caccia di scoop: io semplicemente l'adoro fin dai tempi di Mio cugino Vincenzo, film che le fece vincere a sorpresa un Oscar nei primi anni Novanta, quando era considerata da tutti solo un'attricetta da soap opera; un po' come accadde ad Ambra che fece incetta di premi al debutto cinematografico con Saturno contro.
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